Wlodek Goldkorn è giornalista de l’Espresso. Recentemente ha curato, con Rudi Assuntino, per le edizioni Sellerio, il libro Il guardiano. Marek Edelman racconta.

La guerra del Kossovo continuerà ad avere conseguenze rilevantissime per il futuro dell’Europa, per la messa all’ordine del giorno di un nuovo diritto internazionale, per la stessa riforma degli eserciti; per non parlare dei nodi culturali di fondo che, a sinistra, l’intervento ha fatto venire al pettine, io credo definitivamente. Eppure l’impressione è che, proprio e soprattutto a sinistra, tutti preferiscano rimuovere ogni discussione su quello che è successo, quasi fosse una brutta avventura da dimenticare al più presto...
Credo che un po’ da tutte le parti la guerra sia già stata rimossa. Prendiamo le tre parti in cui secondo me si è suddiviso l’atteggiamento verso la guerra.
C’è stata una parte che comprendeva quelli che erano contro la guerra, da un lato, in nome della vecchia concezione della sovranità degli stati e, dall’altro, in nome del realismo politico. Affermavano il principio che non si deve intervenire in nessun caso in un affare interno di uno stato, anche nel caso della persecuzione contro una minoranza nazionale, e nello stesso tempo si preoccupavano della tenuta della Nato, temevano che la Nato si sarebbe sfasciata, che la Russia sarebbe intervenuta, che in conseguenza di questa guerra sarebbe subentrato un terribile disordine internazionale.
Tutte queste persone oggi tacciono: la Nato ha dimostrato una straordinaria forza di tenuta, non c’è stato nessuno sfascio, la Russia di Eltsin si è dimostrata un fedelissimo amico della Nato, ha fatto di tutto per far vincere la guerra alla Nato e ha fatto di tutto per lasciare Milosevic isolato per il tempo necessario a indebolirlo al punto di portarlo a una resa pressoché incondizionata. Questa è stata l’operazione di Eltsin con l’ausilio di Cernomyrdin. D’altra parte si è dimostrato che esiste, nell’opinione pubblica internazionale, un consenso abbastanza significativo per un tipo di guerra il cui compito sia quello di difendere una minoranza minacciata e il ristabilimento di elementari diritti umani.
Ora, tutti questi commentatori non è che abbiano molto da dire. La loro è stata una critica legittima di questa guerra, solo che la loro valutazione non si è verificata come giusta. Credo stiano riflettendo.
Poi c’è stata un’altra parte che è stata contro la guerra perché, detto brutalmente, stava dalla parte dei serbi perché i serbi erano contro l’America e contro l’Occidente. Perché, in fondo, il regime di Milosevic incarnava una resistenza ai valori occidentali. Questi non è che possono oggi parlare molto, stanno rimuovendo tutto, anche perché di fronte agli orrori che si stanno scoprendo ogni giorno, è difficile che continuino a dire che Milosevic aveva ragione. Anche se c’è chi tenta di dirlo.
E poi ci siamo stati noi, diciamo i favorevoli a questa guerra, che pure la stiamo rimuovendo, perché questa guerra, per il modo in cui è stata condotta, è stata una guerra molto brutta. Con la scelta esclusiva dei bombardamenti dall’aria si è lasciato il controllo di tutto quello che succedeva sul terreno al boia. Lo si è fatto -cinicamente o meno non saprei dire- perché non si è avuto il coraggio di mandare sul fronte i nostri ragazzi, né di armare l’Uck.
Ecco, il non aver avuto il coraggio di mandare sul fronte i nostri ragazzi è un paradosso della nostra generazione. Perché questa è stata anche una guerra della nostra generazione, dei quarantenni e dei cinquantenni che sono oggi al potere; una generazione che è cresciuta nel benessere e nel pensiero che tutto è possibile, che non ci sono limiti a niente; una generazione piena di slancio morale, ma incapace di assumersi fino in fondo le responsabilità, incapace di affrontare sul serio il discorso della morte, del dare la morte. Credo che alla fine sia per questo che noi non abbiamo voluto mandare i nostri ragazzi.
Abbiamo sognato una guerra senza vittime, ma la guerra non è stata senza vittime, ci sono state vittime soprattutto tra i kosovari. E quindi anche noi ora rimuoviamo questa cosa, perché nessuno di noi ha il coraggio di dire che la prossima volta che si presenterà una situazione simile bisognerà avere il coraggio e mandare le truppe di terra. Nessuno di noi oggi ha il coraggio di farlo.
Quindi tu dici che la combinazione fra un forte idealismo e una specie di assuefazione al benessere possono provocare un surplu ...[continua]

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