Puoi darci un’idea della presenza numerica dei cristiani, dei Nuba, dei musulmani?
Nessuno sa quanti cristiani, animisti o altro ci siano nel Sudan, la guerra è fatta anche con le statistiche. Ad esempio uno dei leader dei Nuba sostiene che in Sudan la maggioranza sono neri africani e non arabi. Comunque, in Sudan, ci saranno circa 28 milioni di persone, 2/3 sono nel nord e vengono normalmente chiamati arabi. In realtà gli arabi sono arrivati alla fine dell’800 ed erano solo uomini, che quindi poi hanno sposato donne del Sudan, per cui l’attuale popolazione è costituita da persone arabizzate o di cultura araba, non certo sono più "puri" arabi dal punto di vista genetico. La quasi totalità sono musulmani, però non necessariamente fanatici integralisti come quelli al potere. Secondo i nostri padri che vivono a Khartoum, solo il 10% della gente del nord condivide la politica del governo; di fatto quelli che sono al governo sono in minoranza. L’altro terzo degli abitanti del Sudan, circa 8-10 milioni, che vivono nel sud, sono per circa il 30% cristiani -di cui il 15-20% cattolici e per il resto cristiani di altre religioni. Gli altri sono in grande maggioranza legati alle religioni tradizionali, un tempo si diceva animisti, ma ora il termine "animisti" non si usa più, perché non è antropologicamente corretto. La maggior parte dei musulmani Nuba, quelli che io conosco, ripeto, è estremamente tollerante. Non ci sono problemi di convivenza sulle montagne Nuba fra cristiani, animisti e musulmani; il problema è importato, forzato sulla gente da questo governo. A Khartoum si sono succeduti, dall’indipendenza, cinque o sei governi, raramente attraverso elezioni, più spesso con colpi di stato militari, e tutti, anche se di natura diversa, hanno mantenuto la costante politica di arabizzazione e islamizzazione forzata e violenta del paese. Oltre al leader dei Nuba, anche il mio collaboratore più stretto, quello che per conto di Amani organizza i viaggi e i voli e che ha un piccolo ufficio al confine col Sudan, è un musulmano.
Qual è la situazione dal punto di vista militare?
Il Sudan ha un confine interno tra il nord e il sud, stabilito dagli inglesi. Se teniamo come base questo confine, nel sud oggi la presenza del governo è limitata a cinque importanti guarnigioni. Alcune sono grosse città come Malakal, Waw, Juba, che ha circa 200.000 abitanti, ed è la capitale del Sud; le altre due sono poco più di villaggi fortificati. Tutt’intorno a queste cinque città, già a 10-12 km, c’è il movimento di liberazione Spla: queste cinque realtà sono praticamente assediate. Le truppe del governo si muovono un po’ lungo il Nilo grazie a barconi attrezzati. Nel nord il governo controlla tutto il territorio, a parte due regioni ( teniamo presente che il Sudan è grande quasi nove volte l’Italia, oltre due milioni e mezzo di km quadrati), dove due popolazioni si sono ribellate contro il governo e si sono unite a quelle del sud, ossia i Nuba e i Beja, che abitano le Inghessena Hills, al confine con l’Etiopia.
Sono due popoli di origine nera, origine abbastanza misteriosa nel caso dei Nuba. Entrambi nel corso degli anni sono stati arabizzati, o meglio islamizzati, e quindi sono in maggioranza musulmani, anche se, come tutto il musulmanesimo africano nero, sono molto tolleranti e si sono adattati alla cultura e alla tradizione locale, un po’ come i senegalesi. In Senegal, infatti, dove i musulmani sono il 95%, non esistono problemi di convivenza e, come sapete, c’è stato per vent’anni un presidente cattolico.
Tornando alla situazione militare, nel sud ci sono dunque queste cinque posizioni assediate; sulle Inghessena Hills c’è una situazione simile al sud, nel senso che c’è un vasto territorio, circa 2/3 dell’Italia, in mano all’esercito di liberazione, che si fronteggia con l’esercito governativo in una guerra quasi tradizionale con mezzi mobili, cannoni, carri armati.
Sui monti Nuba, invece, c’è una tipica situazione di guerriglia. L’area dei monti Nuba è di circa 50 mila km quadrati, più o meno come l’Austria, e in quest’area ci sono guarnigioni di circa 200 uomini, al massimo 1000, bene armati, collegate fra di loro con strade, dove però i militari si muovono solo con grossi convogli armati, e tutto il resto è in mano al movimento di liberazione.
Non c’è quindi una linea del fronte precisa fra le zone in cui c’ ...[continua]
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