Faezeh Afshan, iraniana, vive e lavora in Italia. È impegnata nella lotta per i diritti delle donne e dei democratici iraniani. L’incontro, dal titolo “Apartheid femminile in Iran”, è stato registrato lo scorso 25 marzo presso il Circolo Arci “Gianni Dalmonte” di Castel Bolognese nell’ambito di “Sorelle Festival”. L’iniziativa è stata organizzata in collaborazione con l’associazione Women of Mediterranean East and South European Network e con il patrocinio del Comune di Castel Bolognese.

Puoi spiegarci cosa significa “apartheid femminile” nel caso dell’Iran?
Quando parliamo della condizione delle donne iraniane, non ci riferiamo solo alle questioni più note e ovvie, come l’obbligo di indossare il velo o l’impossibilità di partecipare alla vita pubblica. Parliamo di una discriminazione radicata in ogni aspetto della loro vita quotidiana, dalla nascita alla morte. Il caso più evidente di discriminazione riguarda il velo obbligatorio. Dal 1979, alle donne iraniane viene imposto di coprirsi i capelli in pubblico. Chi non rispetta queste regole può essere arrestata, multata o imprigionata. Inoltre, la polizia morale esercita un controllo costante sul modo in cui le donne si vestono e si comportano in pubblico.
La loro idea è che se possono mettere qualcosa sulla tua testa, possono anche entrare nella tua testa: se non puoi decidere come devi vestirti, cosa mettere sul tuo corpo, ti sarà inibita anche la scelta per decidere su altre cose. Voi quando uscite non dovete pensare che se non vi coprite i capelli, c’è una polizia che vi arresta e tra le conseguenze potrebbe esserci anche la morte, come è successo a Mahsa Amini, e non solo a lei purtroppo.
Ma, ripeto, l’obbligo del velo è solo una delle tante discriminazioni. Per esempio, le donne sono sistematicamente escluse da molti eventi sportivi, non possono assistere a partite di calcio. Nella mia vita io non sono mai andata allo stadio. Oppure ci sono sport vietati alle donne. Le piscine sono separate e quelle per le donne devono essere al chiuso. In estate, se andiamo al mare, ci sono questi posti dove anche la profondità dell’acqua è controllata, non tanto per il rischio di annegare, ma perché se vai più avanti, un uomo potrebbe vederti.
Ma forse la cosa più grave riguarda i matrimoni forzati e precoci: in Iran, l’età minima legale per il matrimonio è di soli 13 anni per le ragazze, e anche prima in presenza del consenso paterno e giudiziario. Molte bambine vengono quindi costrette a sposarsi quando sono ancora minorenni, spesso con uomini molto più grandi.
Questo porta a una condizione di sottomissione e privazione per molte giovani, che non hanno l’opportunità di completare la loro istruzione o scegliere il proprio destino.
Poi c’è il divorzio. Il diritto al divorzio è gravemente sbilanciato a favore degli uomini. Un uomo può divorziare da sua moglie in qualsiasi momento e con facilità. Le donne, invece, devono affrontare lunghi processi legali e sono pochissime le motivazioni accettabili per chiederlo. Inoltre, in caso di divorzio, la custodia dei figli viene automaticamente assegnata al padre o alla sua famiglia. Il marito poi può decidere se la moglie potrà studiare o lavorare, addirittura se può uscire di casa, anche solo per andare a trovare i suoi genitori, e tutto questo è legale.
C’è anche il tema della violenza...
La violenza contro le donne, in particolare quella domestica, è un problema enorme in Iran. Tuttavia, le leggi iraniane offrono pochissima protezione alle vittime. Molte donne che subiscono abusi non possono facilmente separarsi o cercare giustizia. La polizia spesso ignora le loro denunce, e la società tende a colpevolizzarle. Lo stupro all’interno del matrimonio non è considerato un crimine. Le donne non hanno il diritto di rifiutare il sesso con il marito. Anche nei casi di stupro fuori dal matrimonio, le vittime devono affrontare processi legali umilianti e hanno poche probabilità di ottenere giustizia. Spesso, devono presentare più testimoni per provare la loro innocenza. Addirittura può capitare che sia tu a finire in prigione perché vieni accusata di aver “provocato” l’uomo.
Quella iraniana è una società piena di contraddizioni. Sappiamo che le donne studiano, che almeno nelle città ci sono anche molte opportunità culturali, che le persone conducono una sorta di doppia vita, per cui nel pubblico si seguono le regole, ma nel privato le donne stanno senza velo, a tavola si beve vino...
È proprio così. Anche mio p ...[continua]

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