Giampietro "Nico" Berti insegna Storia delle dottrine politiche all’Università di Padova. Studioso del pensiero politico libertario e del movimento operaio, autore di numerosi studi e saggi, ha recentemente pubblicato Il pensiero anarchico dal Settecento al Novecento, Piero Lacaita Editore.

Alcuni commentatori sostengono che la principale radice teorica del comunismo sia da ricercarsi nell’organicismo comunitarista pre-moderno e romantico. Sarebbe questa radice, più che l’influenza illuministica, a costituire il presupposto della natura totalitaria del comunismo...
La questione della genesi del comunismo, quindi della genesi del socialismo, è molto complessa, perché è indubbio che nel socialismo siano presenti molte influenze, a volte contraddittorie fra loro. Io, comunque, sono convinto che in tale genesi la matrice illuminista sia fondamentale e determinante. Senza dimenticare che l’Illuminismo è stato un movimento molto complesso, quel che va innanzitutto sottolineato è che solo con esso viene posta la premessa fondamentale del socialismo: il modo in cui la società si organizza dipende dagli uomini. Sono infatti gli illuministi a svolgere in modo stringente la critica delle convinzioni metafisiche di matrice medievale; una critica che nei più radicali (come, per esempio, d’Holbach) sfocia nel materialismo e nell’ateismo, quindi nella secolarizzazione, cioè nella delegittimazione dell’ordine esistente e della gerarchia sociale, che su quest’ordine è fondata. Finché re e aristocrazia, e cioè l’ordinamento politico e sociale, erano pensati come voluti da dio, tutti dovevano inchinarsi alla legittimità del loro potere, esattamente come a quello delle leggi naturali. Una volta, però, che l’esistenza di dio è posta in discussione, o negata, anche al re e all’aristocrazia viene a mancare ogni legittimazione assoluta. Una volta messo in discussione il re, infatti, si è messo in discussione tutto: si è delegittimata, appunto, la fondazione metafisica dell’esistente che, così, viene affidato agli uomini.
In secondo luogo, è una parte dell’Illuminismo a portare alle estreme conseguenze alcuni presupposti del giusnaturalismo, cioè la convinzione che ogni essere umano abbia, come tale, alcuni diritti imprescrittibili -diritto alla vita, alla libertà, alla proprietà, o anche alla felicità come recita la Costituzione americana- che gli vengono dalla natura e non da un potere positivo. A partire da questa concezione dei diritti naturali, si sviluppano tanto il liberalismo che il socialismo. Se, infatti, questi diritti afferiscono a ogni individuo come tale, fin dalla sua nascita, nessun potere politico potrà darli o toglierli, ma dovrà soltanto garantirli, e questo già prefigura un approccio liberale.
Ma se poi intendo la legittima aspirazione alla proprietà in modo radicale, cioè come l’uguale diritto di ognuno ad accedere alle fonti primarie della vita, ecco che già ho posto anche una premessa di tipo socialistico.
Sono le premesse da cui parte anche Rousseau?
Partendo da queste premesse, Rousseau, che è stato uno degli ispiratori della rivoluzione francese e che, per molti versi, è un autore "ambiguo", perché illuminista e romantico allo stesso tempo, arriva a tesi proto-comuniste, come quando afferma che nel momento in cui gli uomini hanno deciso di mettere dei paletti che marcano la loro proprietà, hanno già diviso gli uomini dagli uomini. La proprietà viene vista come causa del male della divisione tra gli uomini. Infatti, a differenza del giusnaturalismo, che considera la vicenda umana come individuale, per Rousseau, che in questo è già romantico, ma anche proto-socialista, l’uomo non può essere scisso da una vicenda collettiva. Questo è un punto fondamentale: se si pensa che la vicenda umana sia comunque collettiva, si sta dicendo sia che è una vicenda storica, sia che non è possibile pensare un rapporto antitetico, o comunque antinomico, dualistico, tra individuo e società. In questa concezione l’individuo come tale sta sempre dentro la società, individuo e società non sono pensabili separatamente. E’ da qui che trae origine l’idea roussoviana di "volontà generale" che è alla base dell’idea democratica di "sovranità popolare": l’idea, cioè, che sia possibile identificare un interesse degli uomini in quanto tali e che si possa, quindi, superare ogni conflitto. In un certo senso la stessa idea c’è in Hobbes: tutti, in cambio della sicurezza della società civile, rinunciano alla propria libertà p ...[continua]

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