Salvatore Buzzi è direttore della cooperativa sociale 29 giugno, composta da detenuti e ex-detenuti di Rebibbia.

Com’è la giornata dentro?
Di solito si ozia, nel senso che non fai niente. L’ora d’aria, per la verità, sono quattro ore, non una: due alla mattina e due al pomeriggio. In mezzo a questi orari c’è la cosiddetta socialità, puoi andare nella cella di altre persone, negli stanzoni che sarebbero le sale comuni dove ci sta un biliardino. O se no potresti andare in biblioteca, se c’è, a prendere dei libri, a fare due chiacchiere, però ci si può andare uno alla volta, quindi fai due chiacchiere col bibliotecario. La mattina aspetti che ti aprano la cella alle 8.30 per l’ora d’aria, che la passi a passeggiare su spiazzi di cemento col muro di cinta intorno. Un percorso di 50 metri, 100 al massimo, avanti e indietro, avanti e indietro. In carcere si chiamano le vasche. “Quante vasche fai oggi?”. Questa è la passeggiata. La velocità in carcere è il passo d’uomo, e te ne accorgi quando esci dopo tanti anni, a me andare ai 40 mi fece una grande impressione, mi faceva paura.
Poi rientri alle 10.30, stai in cella e dopo un’ora c’è la socialità e puoi andare nelle altre celle, passa il carrello con il vitto e puoi pranzare insieme agli altri, in cella però, perché in Italia non c’è il refettorio come nelle carceri americane. Poi non vedi l’ora che arrivi l’una per tornare un’altra volta all’aria, dopodiché arrivano le tre e sono finiti i giochi, dopo non si può fare più niente. Guardi la televisione. E aspetti le 8.30 del giorno dopo.
Non si parla altro che di donne, di pallone e dei reati che hai fatto: questi sono i tre discorsi chiave, non ce ne sono altri. Allora uno ingrandisce sempre, racconti di 500 donne e alla fine ci credi anche tu, alle stupidaggini che dici. C’è gente che dice di essere innocente e magari è colpevolissima, ma continua a dirsi innocente al 1°, al 2°, al 3° grado e dopo 10 anni ci crede pure, alla fine interiorizza che è innocente. I discorsi sono sempre quelli: sulle cose che ti mancano, donne, macchine, vacanze, o sui reati che hai fatto. E poi, certo, il calcio.
Il livello culturale è molto basso in carcere. C’è analfabetismo di ritorno, uno ha la quinta elementare e ormai non sa più né leggere né scrivere. Dentro ci stanno corsi di formazione professionale, sono avviate anche scuole secondarie sia inferiori che superiori, ma il panorama resta desolante. E la sottocultura carceraria è propria anche delle guardie, il carcere è un universo.
Tu che esperienza hai avuto?
Io ho fatto 6 anni tutti uno dietro l’altro, poi sono uscito per decorrenza termini, poi ne ho fatti altri 2 in semilibertà e un anno e mezzo in libertà condizionata: in totale nove anni e mezzo. Sempre qui a Roma, ho fatto un Regina Coeli e poi un Rebibbia A e poi un Rebibbia penale. Tutte e tre le carceri.
Ovviamente quando stai in un penale i ritmi di vita si allargano, le ore d’aria da 4 diventano 6, le celle, a differenza dei giudiziari, sono aperte tutto il giorno, tu puoi uscire dalla cella e andare in quella di un amico, però sempre della stessa sezione. Una sezione di solito è composta da 40-50 persone. A Rebibbia, che è all’avanguardia, si aprono tutt’e tre le sezioni e sei libero dalle 7 di mattina alle 10.30 di sera. Lì sei libero praticamente tutto il giorno. Hai tre conte al giorno, sei tenuto quindi in certe ore a ritornare in cella per farti contare, per un controllo-evasione. Poi Rebibbia è all’avanguardia per le sperimentazioni ed è grazie a questo che abbiamo potuto realizzare la cooperativa, sarebbe stato impensabile in altre strutture carcerarie.
In realtà è nei giudiziari che si sta molto male, il detenuto in attesa di giudizio che teoricamente dovrebbe essere innocente sta peggio del detenuto colpevole. I grossi giudiziari stanno nelle grosse città, sono affollatissimi, si sta lì in attesa di condanna, la popolazione dei detenuti è molto variabile, ci stanno 20 ingressi al giorno e ovviamente 20 uscite al giorno, c’è gente che si fa 15 giorni, si fa un mese. Mentre nei penali c’è gente che si fa 10 anni, 20 anni, ha poco tempo per pensare a far casino, che non vuol dire far rivolte, ma ubriacarsi, dar fastidio agli altri, rompere le scatole alle guardie. Dovendo fare tanti anni, la gente sta dentro con un altro spirito di vita. Rassegnazione, certo.
Nei penali dopo che stai un po’ in lista d’attesa vai in cella singola. In cella singola sei al clou dell’universo carcerar ...[continua]

Esegui il login per visualizzare il testo completo.

Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!