L’invecchiamento della popolazione e le crescenti difficoltà delle famiglie ad erogare prestazioni informali di cura rendono il tema dell’assistenza di lungo termine alle persone non autosufficienti di grande rilevanza nel dibattito di politica sociale. Ciò è confermato, per esempio, dal fatto che nel periodo 1998-2007 il numero di beneficiari dell’indennità di accompagnamento per invalidi civili totali (il più importante strumento a sostegno delle persone non autosufficienti in Italia) è cresciuto del 74%. Tale indennità consiste in un’erogazione monetaria pari a circa €470 mensili con oltre 1,5 milioni di beneficiari, per una spesa complessiva per lo Stato di oltre €10 miliardi (circa 0,7% del Pil); oltre l’85% dei nuovi beneficiari hanno più di 65 anni; il diritto alla prestazione non dipende dalle condizioni economiche. L’indennità di accompagnamento ha due difetti piuttosto seri che inducono ad auspicare una riforma che ne aumenti l’equità complessiva.

In primo luogo, l’importo della prestazione non varia in ragione della gravità della non autosufficienza. Ciò costituisce un’evidente iniquità e rappresenta un’anomalia rispetto all’esperienza di tutti i principali paesi industrializzati: per esempio, in Germania si hanno 4 livelli di prestazioni mensili comprese tra circa €200 e circa €1.900; gli importi variano in ragione della gravità della non autosufficienza, della tipologia di prestazione scelta dal beneficiario (in denaro o in natura), del luogo in cui si trova il beneficiario (proprio domicilio o residenza) e del fatto che la persona che eroga la cura sia un familiare o meno. In particolare, nel caso di prestazioni monetarie erogate ad una persona presso il proprio domicilio (che possono essere più direttamente confrontate con l’indennità di accompagnamento) gli importi variano tra €215 ed € 675.
In secondo luogo, la probabilità di avere accesso all’indennità varia in modo inaccettabile tra le regioni: per esempio, a fronte di una incidenza media nazionale di percettori sul totale della popolazione maschile con più di 65 anni pari al 9,1%, si passa da un minimo del 6% circa in Lombardia ad un massimo del 14,7% circa in Calabria.

E’ opinione abbastanza condivisa che una riforma dell’indennità di accompagnamento dovrebbe non solo destinare maggiori risorse alla non autosufficienza ma anche: 1) aumentare le risorse a disposizione dei casi più gravi; 2) distribuire le risorse su base regionale in modo più equo e 3) garantire in modo più efficace la finalizzazione delle risorse rispetto alle esigenze di cura delle persone, superando la natura esclusivamente monetaria delle prestazioni.
1) Si può immaginare di aumentare, per esempio, di €200 mensili l’indennità per i casi più gravi fissando criteri di accesso alla prestazione maggiorata tali che essi siano soddisfatti dal 10% circa degli attuali beneficiari; si avrebbe una maggiore spesa pari a circa €400 milioni annui (+4,2%). Si immagina che chi ritiene di soddisfare i requisiti per la prestazione maggiorata debba sottoporsi a nuovi accertamenti medici.
2) Una maggiore equità territoriale nell’accesso alle prestazioni potrebbe essere perseguita assegnando le maggiori risorse alle regioni non in base al numero storico di beneficiari dell’indennità ma in base ad indicatori di bisogno (costi standard) appositamente costruiti. Nel nostro esempio, le regioni con un’incidenza di indennità di accompagnamento sulla popolazione superiore alla media nazionale avrebbero quindi la scelta tra assegnare la maggiorazione ad una percentuale di beneficiari inferiore al 10% oppure rispettare la quota del 10% integrando le risorse statali con risorse proprie. Le regioni sotto la media nazionale avrebbero invece la scelta tra erogare la maggiorazione ad una percentuale di percettori superiore al 10% oppure utilizzare le risorse ricevute in eccesso per potenziare la rete comunale di assistenza alle persone non autosufficienti. Questo meccanismo determina un incentivo all’applicazione di criteri più omogenei su base nazionale.
3) Nel caso di erogazioni monetarie non è possibile alcun controllo sul fatto che le risorse siano utilizzate a beneficio effettivo della persona non autosufficiente né sulla natura dei beni servizi acquistati; in particolare, l’indennità di accompagnamento è spesso utilizzata per acquistare lavoro irregolare di cura e prestazioni non qualificate. Al contrario, i buoni servizio permettono un controllo sull’uso che viene f ...[continua]

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