Cari amici,
siamo entrati nella stagione dei manifesti. I colori rosso, verde, arancione, blu, viola e giallo si fanno la guerra per le strade del Regno Unito. C’è un esercito di zelanti volontari equipaggiati con strumenti per l’affissione (martelli, chiodi, fascette di plastica e spago) che marcia alla ricerca di cortili dotati di utili cancelli, alberi e recinzioni su cui fissare i loro stendardi di cartonato. Una volta che un partito politico affigge un cartellone nel tuo giardino, ritiene che non sia importante chi vi abita, e che i cartelloni possano fare la loro comparsa anno dopo anno. Si innervosisce se ne fai togliere uno per far spazio a un altro. Poi ci sono dei trucchi: se osservando un mucchio di cartelli lungo una strada pensate che sia abitata da molti elettori, siete scusati: è solo che i cartelli sono stati fissati alle estremità di un grosso giardino, creando l’illusione di un appoggio diffuso. Sarà pure uno stratagemma benevolo, ma rimane il fatto che stiamo per salire su un ottovolante di opacità e furberia politiche. Sappiamo da tempo dell’esistenza di informazioni che ci vengono intenzionalmente tenute nascoste, come se per noi -gli elettori- fosse meglio non sapere come Ian Duncan Smith -segretario di Stato per il lavoro e le pensioni, nonché ideatore della "Bedroom tax”- intenda effettuare i nuovi tagli al sociale per 12 miliardi di sterline. Sappiamo che sarà così se i conservatori saranno rieletti; quel che non sappiamo è dove andranno a incidere i tagli, e intanto i piani per colpire i disabili e l’assistenza sono stati fatti trapelare da un "individuo rancoroso”. Un po’ come preparare il pane tritando le ossa dei più vulnerabili. Gli aumenti delle tasse sulle ville non fanno parte del programma politico dei Tory.
Il problema è che noi elettori chiediamo trasparenza e otteniamo foschia. La scaltrezza dimostrata nell’impiego delle statistiche, la ripetizione di parole chiave e la creazione di modelli narrativi politici indicano che abbiamo un gran bisogno di passare al setaccio e vagliare qualsiasi cosa ci venga servita come verità.
Dicendo che il partito laburista porterebbe a un’impennata nelle tasse, a danno della famiglia media, David Cameron fa leva sulla solita idea  secondo cui non possiamo assolutamente affidare l’economia ai laburisti, perché tasserebbero tutti senza pietà. Giusto il tempo di rilasciare la dichiarazione e il danno è fatto, nonostante il rapido diniego dell’Istituto indipendente degli studi fiscali, secondo cui si tratta di una stima "inutile e di poco valore”. Sentiamo dire che l’economia è in fase di ripresa. È un titolo a effetto, una celebrazione di qualcosa che -francamente- è impercettibile; dove vivo io, nessuno avverte questo benessere. Inoltre è una valutazione ricavata dallo studio di statistiche che si riferiscono al secondo trimestre dello scorso anno, non al primo. Se avessero compreso il primo trimestre, la lettura sarebbe stata diversa e avrebbe annunciato una crescita ancora più modesta. Da oggi fino al giorno del voto dovremo passare il tempo a vagliare e contestualizzare tutto ciò che ci diranno. Francamente meritiamo di più.
Anni fa vivevo a Brixton, nella zona sud di Londra, in un appartamentino sopra un negozio di dischi, con un tetto piano che funzionava splendidamente da studio all’aperto e dove facevo un orto -coltivando verdure nei sacchi- che in caso di pioggia era letale. Era un periodo eccitante in cui trovarsi a Londra: era l’inizio degli anni Ottanta, e il punk e il reggae facevano notizia, come le sommosse. Ero a Brixton sia per i moti del 1981 sia per quelli del 1986. Brixton era un quartiere difficile. Spesso le strade erano violente: aggressioni, stupri e peggio ancora; eppure era al tempo stesso un posto elettrico, brillante, molto creativo. Ricordo le abitazioni di Rushcroft Road -ci vivevano dei miei amici- dove passai mesi interi. La gente si stringeva in una sorta di famiglia allargata unita da bizzarre relazioni, dando grandi pranzi aperti a tutti. Non dimenticherò mai il mio primo pollo con salsa al cioccolato in uno dei cortili sul retro, un giorno d’estate, mentre i bambini giocavano e una moltitudine di persone andavano e venivano, parlavano, bevevano, ballavano e si lasciavano trasportare dalla musica. C’era libertà, un senso comune di tolleranza e cooperazione che era andato ben oltre l’occupazione di stabili. La gente che viveva in quel luogo formava una sorta di cooperativa di abitazione e pagav ...[continua]

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