La copertina è dedicata a Napoli e al Sud, nella speranza che ci sia speranza.

Da questo numero Alfonso Berardinelli inizia a collaborare con la rivista. Scriverà di poesia e in particolare di quella italiana del Novecento. Si comincia con Ungaretti e la sua "M’illumino d’immenso”.

«La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale»: così recita l’art. 2 della Costituzione italiana, tanto radicale quanto misconosciuto; il richiamo alla corresponsabilità, al "ci riguarda”, all’impegno solidale del cittadino; Ivone Cacciavillani ci parla dell’importanza dell’azione popolare, anche erariale, e della rivoluzione del signor Bozzi col suo ricorso alla Corte costituzionale sulla legge elettorale; e infine dell’esempio illuminante della "cassa peota” veneta che, raccogliendo i risparmi dei galeotti e dandolo in prestito agli artigiani in difficoltà, inventò il credito cooperativo.

Torniamo a parlare di scuola da un punto di vista particolare, quello dell’associazione Maestri di Strada di Napoli, che in questi anni è entrata nelle scuole per aiutare insegnanti a dirigenti a superare una situazione di burnout che ormai si può dire abbia investito l’intero sistema, e la cui principale manifestazione è la sciatteria, la disattenzione per i dettagli, un’incuria che fa sì che nel momento in cui si fanno delle iniziative di fatto le si boicotta anche; Cesare Moreno e Santa Parrello ci parlano di insegnanti che avrebbero voglia di fare e inventare e che invece restano stritolati da un contesto che li isola, svilisce il loro ruolo e al contempo li carica di compiti quasi insormontabili, diffondendo un disagio che purtroppo è tanto distruttivo quanto contagioso. E poi del fatto che, mentre oggi più che mai, come ci insegna soprattutto la scienza, conta il lavoro d’équipe, sia l’ossessione valutativa che vuole individuare i "migliori” e i "peggiori” (senza peraltro preoccuparsi di quale messaggio riceverà il ragazzino che verrà messo nelle mani dei "peggiori”) sia la recente riforma rischiano non solo di non incentivare affatto il lavoro di gruppo, ma di premiare semplicemente i più competitivi.

Nonostante qualche timido segnale di ripresa, la crisi continua a estromettere dal mercato del lavoro persone di tutte le età: come aiutarle? Il sindacato, anche se con ritardo e in misura troppo ridotta, sta facendo qualche tentativo, in particolare con le esperienze dei gruppi di auto aiuto, ma Paola Fontana, Sergio Bevilacqua e Alida Franceschina ci parlano di una situazione in cui la maggior parte delle persone rimaste senza lavoro sono abbandonate a se stesse, tra centri per l’impiego che non hanno rapporti con le imprese, imprese che non sanno dove cercare le figure professionali di cui hanno bisogno e un contesto di politiche sociali e per il lavoro che, rimuovendo il problema, enorme, della perdita di autostima e talvolta della stessa identità, non prendono davvero in carico la persona.

Il 2008, anno delle Olimpiadi, ma anche dell’arresto dell’intellettuale dissidente Lu Xiaobo, segna l’inizio un irrigidimento del regime cinese, dopo anni in cui si erano invece visti segnali di una possibile apertura democratica. Jean Philippe Beja, sinologo, ci parla di una Cina, quella di Xi Jinping, che mentre mostra una faccia arrogante e sicura all’esterno, all’interno è alle prese con una generazione di giovani che non è più disposta a lavorare alle condizioni dei genitori, con un problema demografico, quello dell’invecchiamento, che rischia di avere effetti catastrofici e con una popolazione ormai ossessionata dal problema dell’inquinamento atmosferico e della sicurezza alimentare.

"Calò la notte. Delle diecimila persone che avevano formato la carovana non esistevo che io! Centinaia di morti, uccisi a colpi di fucile giacevano ammassati sulla riva opposta. Migliaia di donne e di fanciulli erano annegati e trasportati dalle acque dell’Eufrate. Cessata la carneficina, i curdi si allontanarono portando seco il poco bottino che avevano potuto raccogliere e portando seco le poche giovani donne e giovinette che, prima dell’orrendo delitto avevano scelto fra le più graziose”. Per il reprint, pubblichiamo un brano tratto da "l martirio di un popolo - I massacri dell’Armenia, scritto nel 1917 da Henry Barby, corrispondente di guerra del "Journal”, e pubblicato in Italia nel 1934.