Gli africani nel 2050
Della popolazione dell’Africa si sapeva assai poco fino alla metà del secolo scorso, quando iniziarono le prime sistematiche raccolte censuarie. Non mancano però indizi che fanno ritenere che la popolazione africana sia rimasta approssimativamente stazionaria tra l’inizio del Settecento e la metà dell’Ottocento, anche in conseguenza della tratta degli schiavi verso l’America e verso destinazioni orientali. Poiché la popolazione mondiale cresceva, il peso demografico scese dal 15% nel 1700 all’8% nel 1900; questa tendenza si è invertita nel secolo scorso e la proporzione è cresciuta all’attuale 16% e toccherà un probabile 25% nel 2050. Le previsioni a lungo termine delle Nazioni Unite parlano di 4,4 miliardi di africani nel 2100, in un mondo con poco più di 11 miliardi di abitanti.Una parte -ma solo una parte- della velocità di crescita del continente africano deve ricercarsi nella sua arretratezza, maggiore e più diffusa che in altri continenti. Secondo le valutazioni della Banca Mondiale, oltre un terzo della popolazione dell’Africa Sub-Sahariana vive sotto la soglia di povertà estrema (cioè dispone di meno di 1,90 dollari al giorno, secondo la nuova definizione della soglia di povertà), e in questa regione si concentrano 347 dei 702 milioni di poveri del pianeta, secondo le stime riferite al 2015. Tuttavia altri fattori di natura storica (un’eredità coloniale disastrosa), politica (instabilità e corruzione) e ambientale (densità di agenti patogeni, comunicazioni difficoltose) vanno tenuti in considerazione nell’interpretazione delle complesse vicende demografiche del continente.
La rivoluzione demografica in Africa
L’accelerazione della popolazione del continente -che ha sfiorato il 3% all’anno negli anni 80 (e che implica un raddoppio della popolazione in 23 anni)- si deve al ritardo del processo di transizione demografica dall’alta alla bassa mortalità e dall’alta alla bassa natalità. Il processo è in genere avviato dal declino della mortalità (migliore nutrizione e igiene, controllo delle patologie, cure mediche), cui segue una diminuzione delle nascite per decisione delle coppie spinte a limitare il numero dei figli sopravviventi e non più falcidiati dall’elevata mortalità infantile. Questa "transizione” avvenuta nei paesi sviluppati nel XIX e nella prima parte del XX secolo e iniziata nella seconda parte del secolo scorso nei paesi in via di sviluppo, tarda a maturare in Africa. Durante il processo di transizione occorre del tempo -qualche decennio- prima che la natalità si adegui al declino della mortalità, e in questa fase il tasso d’incremento accelera. Più questa fase è lunga, tanto maggiore è l’accelerazione demografica e la sua durata. È quanto sta avvenendo in Africa.
Arretratezza e mortalità
La speranza di vita alla nascita sintetizza bene le condizioni di salute e di sopravvivenza di una popolazione. Il ritardo del continente africano è evidente: nel 2010-’15 era pari a 58 anni, 20 anni meno del livello dei paesi sviluppati, e 10 anni di meno dell’insieme dei paesi in via di sviluppo. Si deve notare poi il divario esistente tra i paesi del Nord Africa, che hanno una speranza di vita di 69 anni (la stessa dell’Italia nel 1960), e l’insieme della regione sub-Sahariana, la cui speranza di vita è di appena 56 anni (toccata in Italia nel 1933). In alcuni paesi, come quelli colpiti da Ebola nell’Africa orientale, la speranza di vita è ancora inferiore, compresa tra i 40 e i 45 anni. Va anche aggiunto che in molti paesi dell’Africa sub-Sahariana, l’epidemia di Aids ha fatto arretrare la sopravvivenza negli a ...[continua]
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