La dipendenza energetica del nostro paese ci ha posto davanti alla necessità di pensare a soluzioni energetiche alternative. Nel frattempo esistono misure concrete per ridurre il volume del consumo energetico?
Rispetto a questo argomento bisogna uscire da alcuni pregiudizi e rigidità. La discussione, infatti , si è polarizzata immediatamente tra chi vuole rilanciare il nucleare e chi, opponendosi, fa leva sulle energie rinnovabili o sull’idrogeno. Ma alcune cose sono possibili fin da ora e hanno a che fare con il risparmio e l’efficienza energetica. Il risparmio purtroppo viene recepito in modo negativo perché viene definito come astinenza energetica piuttosto che nei termini, secondo me più corretti, di spreco energetico. Il fatto di considerare il volume dell’energia consumata come uno degli indici di valore della nostra società è una carenza vergognosa della nostra cultura. Non possiamo permetterci questo lusso. Siamo al punto che non possiamo far altro che cambiare modo di comportarci. A differenza della crisi energetica negli anni ’70, che era dovuta all’Opec decisa a chiudere il rubinetto, ora ci troviamo davanti ad un cambiamento strutturale: mancano gli impianti. Inoltre, sono emersi dei soggetti nuovi come Cina e India, che sono comparsi dopo un lungo periodo in cui l’energia costava pochissimo. Per questo non si sono fatti investimenti per nuovi impianti, sia di estrazione che di raffinazione.
Allora, quello che possiamo fare in tempi brevi, prima che il sistema si organizzi diversamente, è cercare di migliorare l’utilizzo dell’energia. E si può fare moltissimo in questo campo; il semplice uso razionale dell’energia ha enormi potenzialità.
Ad esempio, nel settore edilizio noi mettiamo il 40% dell’energia nazionale, e i tedeschi ci insegnano che, nonostante il loro clima sia meno favorevole del nostro, riescono a consumare 10 volte meno delle nostre case, adottando pratiche appunto di uso razionale dell’energia come il recupero di energia dai ricambi d’aria.
Non servono provvedimenti complessi, basterebbe seguire degli standard edilizi per coibentare meglio le nostre case. Si tratta di applicare valvole termostatiche -che regolano la temperatura- al posto dei normali radiatori evitando perciò gli sprechi, e di inserire caldaie a condensazione (questo in Germania viene fatto per il 50% delle abitazioni, in Olanda si arriva fino al 60%).
Una legislazione potrebbe aiutare a rispettare questi criteri di razionalità?
L’Europa prevede delle norme che vanno in questo senso attraverso un sistema di certificazioni per le case. Il nostro paese, dal 4 gennaio, è in mora perché avremmo dovuto predisporre le condizioni per certificare le abitazioni secondo precisi standard. Mi spiego: una persona che acquista una casa, non compra solo i metri quadri abitabili, ma anche la sua qualità energetica. Questo fatto è di enorme importanza perché è il primo passo per far nascere un mercato delle case di qualità. Ma fino a che io non sono in condizioni di commutare la mia qualità da cattiva a buona rimane un investimento che non mi è riconosciuto dal mercato, a questo punto europeo. E’ un passaggio decisivo, perché avrà un effetto di trascinamento su tutte le tecnologie che servono a migliorare la qualità energetica di un’abitazione. In questo senso bisognerebbe investire in questo settore in maniera più incisiva. Tutti sono molto restii a entrare nel campo dell’edilizia per il semplice motivo che questo settore risulta essere molto vario, disperso, molto artigianale, molto difficile da indirizzare. Come al solito in Italia non è stato stabilito chi deve rilasciare questi certificati, come si devono fare, e quali figure professionali se ne possono occupare. Quindi se non ci sarà un impegno serio assisteremo al naufragio di questa legge -nonostante l’Europa lo preveda per tutti i paesi.
Questo disinteresse, questo far finta di niente porterà inevitabilmente a percepire queste norme come imposizioni dall’alto, con il risultato che le persone si arrangeranno. E in questo modo buttiamo uno strumento formidabile.
Può spiegare in che modo avvien ...[continua]
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