Sono arrivato in Italia nel 1990, come clandestino, e sono venuto a Rimini dove c’era mio fratello, che già lavorava in un hotel. All’epoca però i controlli erano intensi, per via della prima guerra del Golfo, così di lì a poco ho deciso di spostarmi più a sud. Allora sono andato a Caserta dove avevo un paio di amici che facevano i muratori e per un po’ ho lavorato assieme a loro. Sono stato anche fortunato, perché il loro padrone, dopo che gli ho spiegato la situazione, mi ha fatto una domanda di lavoro. Con quel pezzo di carta sono tornato in Marocco, ho presentato tutti i documenti al consolato, che mi ha fornito un visto per lavoro. Così, quando sono rientrato in Italia, ho presentato tutto alla questura che mi ha rilasciato il permesso di soggiorno.
Ogni anno muoiono molte persone cercando di attraversare il Mediterraneo per venire in Europa. Lo sappiamo, d’altra parte come si fa a vivere in un paese in cui senti di non avere sbocchi, in cui, anche se hai studiato, non puoi fare niente e quindi non hai un soldo neanche per prendere un caffè o fumare una sigaretta o comprare un giornale? Uno esce di casa e dove va? Cosa fa? Allora preferisce venire qui o in Spagna o in Francia perché qui c’è lavoro, c’è una chance e quindi accetta anche di rischiare.
A me è andata bene, ho preso la nave da Tangeri alla Spagna e sono passato tranquillo perché all’epoca non c’era il visto tra Marocco e Spagna. E’ stato introdotto dopo che sono passato io. La seconda volta ho preso il pullman, ci sono i pullman dal Marocco che vengono fino in Italia.
Come dicevo, sono venuto a Rimini perché c’era mio fratello. Lui è in Italia dall’86 ed è pure diplomato. Così come sono finito a Caserta perché c’erano degli amici. Le reti familiari e amicali sono fondamentali in questi percorsi. Se non hai un amico qui in Italia o un fratello o un parente a cui appoggiarti, dove vai? Dormi per strada? Vai da un italiano e gli dici: "Voglio dormire da te”? Non puoi. Se non hai un appoggio è meglio che stai a casa. Io stesso, senza riferimenti, non sarei partito.
Ora sono qui con mia moglie e i figli. Lei era una mia vicina, la sua famiglia abitava accanto alla mia, e il suo babbo era venuto in Italia tanti anni fa, dopodiché aveva fatto i documenti e aveva trasferito tutti qui. Mia moglie e io siamo proprio dello stesso paese.
All’inizio ho lavorato in un hotel di Rimini con mio fratello, ora facciamo entrambi i corrieri. Avevo fatto anche due anni in una ditta che faceva plastichini, poi mio fratello mi ha detto: "Dai, che facciamo il corriere insieme”. E così abbiamo fatto.
Ho lasciato l’albergo per i figli, perché lavoravo tutta la settimana, anche al sabato e alla domenica, e poi non avevo feste né ferie. O meglio, le ferie ce le hai, ma in inverno, dopo Capodanno fino ad aprile, perché la maggior parte degli alberghi chiudono o comunque cala il lavoro.
Ma se io prendo le ferie quando i figli sono a scuola... non siamo mai assieme. Allora ho deciso di cambiare: basta lavoro negli alberghi, nei ristoranti, almeno il sabato e la domenica li voglio passare con i figli.
Il corriere è considerato un lavoro duro: carichi e scarichi, e quindi ti stanchi, e poi sei fuori gran parte della giornata, sempre al volante, con lo stress del traffico perché poi ti trovi sempre quello che va piano perché parla al telefono e tu magari hai fretta perché hai il camion pieno e devi consegnare, e intanto ci sono i clienti che ti assillano: "Per favore, faccia presto”. Insomma, sei sempre nervoso.
Il primo mese è stato brutto, tante volte mangiavo davanti a una ditta, prima di entrare, ero sempre di corsa perché non conoscevo le strade e volevo scaricare la merce, perché nel pomeriggio devi fare i ritiri, quindi bisogna liberare il camion.
La giornata del corriere è lunga. Sai quando entri nel magazzino, ma non sai mai a che ora uscirai la sera. La mattina di solito arrivano tre camion. Se uno tarda un quarto d’ora, tardi anche tu, perché devi aspettare. Una volta entrati i camion, ci sono i facchini che scaricano e poggiano i pacchi su un rullo che gira. Noi autisti ci mettiamo uno vicino all’altro, ognuno al suo posto, io ho la zona C1, mi metto lì, e quando il rullo me lo porta, prendo il mio pacco e lo metto sul bancale. Quando il bancale è pieno, lo porto al camion, lo carico, dopodiché devo tornare subito al rullo e avanti così fino a ...[continua]
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