Luca Degani, avvocato, insegna legislazione socio-sanitaria e degli Istituti non profit all’Università Cattolica di Milano. Ha pubblicato, insieme a Raffaele Mozzanica, Integrazione socio-sanitaria. Le ragioni, le regioni, gli interventi, Maggioli Editore 2009.

Molti osservatori vedono nei recenti tagli il rischio che venga messo a repentaglio lo stesso diritto alla salute dei cittadini.
La cosa interessante, quando si parla di diritto alla salute, è tentare di capire se è un diritto esigibile o meno, cioè se in uno Stato di diritto il diritto alla salute è qualcosa che, nel momento in cui si rappresenta il bisogno, deve essere comunque garantito, oppure la sua esigibilità ha dei limiti.
La realtà è che noi siamo passati da sistemi di welfare creati negli anni Settanta, in cui il diritto alla salute era un assoluto, per cui io come Stato costruisco un sistema che produce servizi e alla manifestazione di bisogno rispondo senza limiti; all’idea, che parte dagli anni Novanta e probabilmente si sta rinforzando, in cui invece il limite c’è, è forte e non è più solo quello della finanza pubblica, ma è anche il limite del rapporto in sé tra il cittadino e lo Stato.
Le riforme degli anni Novanta, passate sotto il nome De Lorenzi-Garavaglia, poi 502, poi Bindi (con l’atto del ‘99, ancora più chiara sul discorso della limitatezza delle risorse economiche rispetto all’esigibilità del diritto alla salute) partivano comunque dal presupposto che esiste uno Stato che organizza e produce servizi sanitari e che però, rispetto a dieci, vent’anni prima, si scopre limitato da un’economia sufficiente a garantire il diritto alla salute in senso assoluto.In questo senso possiamo dire che dagli anni Novanta a inizio Duemila, il diritto alla salute resta esigibile, ma nei limiti delle risorse di sistema.
Oggi però stiamo assistendo a un’ulteriore evoluzione nel diritto alla salute: questa esigibilità probabilmente non è più nemmeno sentita come un valore di appartenenza sociale, da parte dello Stato.
Oggi, cioè, l’idea del diritto alla salute come diritto esigibile non ha soltanto il limite delle risorse di sistema, ma anche quello di uno Stato -inteso come pubblica amministrazione- che rinuncia ad avere il ruolo di programmazione, e cioè di identificare la quantità dei servizi che sarebbero necessari in una situazione statistico-ordinaria per garantire la fruibilità di questo diritto.
Diceva che, sotto certi aspetti, il diritto alla salute sta tornando ad essere quasi più un diritto privato che un diritto pubblico...
Nella percezione individuale, l’idea è che il diritto alla salute debba essere comunque garantito. Ma, come dicevo, lo Stato non sta più solo ponendo il limite delle risorse pubbliche, ma sta anche in parte denegando il suo ruolo di produttore/programmatore di servizi sanitari. Dev’esserci quindi una struttura sociale non statale che, nel percepire la necessità del diritto alla salute, trova forme alternative di risposta così che comunque sia garantita la risposta al bisogno sanitario.
Da questo punto di vista, l’evoluzione della previdenza sanitaria integrativa, la rinascita di forme mutualistiche, la ricostruzione di forme sociali -e non statali- di produzione di servizi e non solo -senza parlare di evoluzione o involuzione- sono tutte trasformazioni che stiamo vivendo adesso.
Se gli anni Settanta sono stati la creazione dell’ottica del welfare come statale e gli anni Novanta sono stati l’idea che il welfare statale non fosse assoluto, il 2010 è l’idea che la risposta al tuo bisogno di salute (ma il discorso si potrebbe estendere alla previdenza) è fuori dalla matrice statale, sta tornando a essere più figlia della lotta sociale, della capacità dei gruppi di riuscire a soddisfare le proprie esigenze di vita.
Quindi non c’è solo la carenza finanziaria, c’è anche una scelta, diciamo, ideologica...
È in atto una trasformazione del rapporto tra società e Stato. Già dalla fine degli anni Novanta, la società ha iniziato a dire: diamo almeno il limite delle risorse, smettiamola con lo Stato leviatano che drena risorse fiscali. L’ottica rimaneva redistributiva, ma senza quella forte percezione di solidarietà caratteristica delle strutture ideologiche precedenti.
Oggi invece si va identificando il bisogno di salute (o di previdenza o di lavoro) come un bisogno più individuale che sociale. La ricerca della risposta al proprio bisogno entra quindi nella matrice privatistica, magari di natura c ...[continua]

Esegui il login per visualizzare il testo completo.

Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!