Riccardo Piccaluga, 70 anni, già imprenditore, è fondatore dell’orfanotrofio Maison des Enfants (www.maisondesenfants.com) di Sobanet, in Guinea.

Può raccontarci la sua storia?
Mi chiamo Riccardo, ho settant’anni. Quando ero piccolo, negli anni Cinquanta, sono cresciuto in un orfanotrofio a Brescia per oltre dieci anni. È da allora che penso: "Quando divento grande, se c’ho i soldi, farò un orfanotrofio”. Era il mio sogno nel cassetto. Uscito dall’orfanotrofio sono andato a lavorare in giro per il mondo, ho fatto prima due anni di volontario negli Alpini, poi sono andato in Belgio. Ho incominciato dalla miniera, miniera altiforni, altiforni acciaieria, acciaieria prodotto finito, sono diventato prima un capetto, poi un grosso capo-cantiere.
Nel ’75 sono rientrato in Italia e ho lavorato un po’ come capo, poi ho messo su un’azienda mia di montaggi industriali, prima piccola poi sempre più grossa, perché avevo tanto lavoro. Alla fine ho comperato uno stabilimento nel quale avevo lavorato già nel ’63. Nel ’98 mia moglie e io abbiamo smesso: i figli non continuavano e io avevo sempre quel sogno nel cassetto da realizzare. Così abbiamo venduto la fabbrica, lo stabilimento, abbiamo trovato il posto a tutti i nostri operai, abbiamo sistemato i cinque figli, gli abbiamo dato l’eredità -così nessuno ti augura di morire- e siamo partiti per la Guinea.
Perché proprio in Guinea?
È successo per caso. Il primo campo di volontariato, con mia moglie, l’abbiamo fatto nell’87 in Congo, siamo andati giù con degli amici missionari; abbiamo fatto anche un ospedale, ma poi c’è stata la guerra e han distrutto tutto e allora avevamo deciso che non facevamo più l’Africa. Dopo, nel ’99, per caso l’amico di un amico missionario che avevamo aiutato in Congo è andato in Guinea; l’ho raggiunto e lì ho visto che c’erano le condizioni per fare un orfanotrofio. Sono rientrato e ho detto a mia moglie: "O lo facciamo adesso o non lo facciamo più”.
Così siamo partiti per fare il nostro orfanotrofio. Abbiamo scelto la zona più povera. Se fossimo andati dove c’era la guerra, qualcuno poteva pensare che eravamo giù perché c’erano i diamanti e l’oro, invece siamo andati proprio dove non ci sono né diamanti né oro, né niente. È una delle cose che avevamo imparato con l’esperienza nei vari campi di missione: non devi dare adito al pensiero che sei lì per fregarli o per rubare. È fondamentale.
Avete incontrato un po’ di problemi...
I problemi in un continente come l’Africa sono enormi. Intanto c’è il retaggio dei bianchi che han portato via, e siccome tu sei bianco anche tu hai portato via. Loro non fanno distinzione di nazionalità, per loro un bianco è un bianco, e un bianco è uno che ha preso. Pertanto uno che va lì deve ripagare per quello che hanno preso i bianchi. Questo vuol dire che sicuramente ti accolgono a braccia aperte, ma con una burocrazia che non finisce più.
Per esempio, per fare la fondazione, il notaio ti dà un appuntamento, poi non viene, passa una settimana, e così via… la burocrazia è enorme, code lunghissime, però se il tuo spirito è giusto e hai solo quella cosa da fare, piano piano fai e ti adegui. All’inizio abbiamo avuto almeno 60-80 volontari italiani, bresciani, che ci hanno aiutato. Piastrellisti, per esempio, e idraulici, perché lì c’era la foresta e non c’era nessuno in grado di fare i lavori. Adesso hanno imparato anche loro e ci aiutano.
Avete avuto finanziamenti?
Assolutamente non abbiamo mai avuto un finanziamento. La fondazione dell’orfanotrofio l’abbiamo fatta con i nostri soldi, con i soldi degli amici, con quelli del cinque per mille, comunque dei privati, solo privati! Gli altri piuttosto prendono i soldi, per esempio se un ministro viene a trovarti, devi pagare la benzina, tanto per dire, gli devi dare da mangiare a lui e alla scorta... No, assolutamente, per carità! Tutti questi ci hanno detto che abbiamo fatto una bella cosa, che solo Dio ci potrà ripagare di quello che facciamo, ma di fatto non ci hanno mai facilitato nelle nostre cose. Credo che i politici di tutto il mondo siano uguali: promettono tanto e fanno poco. Penso sia così anche in Italia.
Allora, come dicevo, i finanziamenti sono solo dei privati, degli amici, dei volontari, della gente che ti conosce, magari attraverso questa intervista ci facciamo conoscere da qualcun altro che ci può aiutare. All’inizio abbiamo avuto le donazioni che ci occorrevano. Abbiamo fatto il giro per i letti e poi la Provincia di Brescia ...[continua]

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