Daniela Favale è professoressa di matematica, Marialuisa Mairano di italiano ed è vicepreside. Entrambe insegnano alla Scuola media statale "Ugo Foscolo” di Torino.

Voi avete insegnato per molti anni. Come avete visto cambiare il vostro mestiere?
Daniela. Ormai insegno da 35 anni e riconosco che l’esperienza dello stare a scuola è cambiata tantissimo, come d’altra parte è cambiata la società, le persone, probabilmente anche noi. Mi rendo conto che certe idee che avevo sulla scuola, certe prassi educative, certe scelte didattiche che facevo anche solo vent’anni fa non le rifarei più. Sulla valutazione, ad esempio, da giovane ero molto più rigida. Oggi non penso certo che la valutazione non sia importante, né sono di quelle che non boccia; se opportuno lo propongo, però mi rendo conto di essere più disposta a considerare il contesto.
Marialuisa. Io invece insegno da circa 15 anni e, mentre Daniela ha un’esperienza su più ordini di scuola, io ho insegnato un anno al classico e poi sempre alle medie, quindi ho una visione differente. Ho visto cambiare l’approccio della società nei confronti della scuola, manca la fiducia. Basta sostare davanti a una scuola. Sono mamma di due ragazzi avuti in affidamento, ora grandi, e in passato ho trascorso tante ore davanti alle scuole ad aspettarli. Una volta non c’erano così tanti commenti negativi sugli insegnanti. Oggi si sente dire: "Adesso entro e lo metto in riga”. Mi fa un po’ tristezza. Io penso a una relazione educativa che non è un contratto, ma una collaborazione.
Si dice che è diventato molto difficile motivare i ragazzi.
Marialuisa. È così. In passato non dovevo faticare così tanto per suscitare il loro interesse, adesso li vedo annoiati, si fa tanta fatica ad appassionarli alla materia. In prima sono proprio da conquistare, se si riesce poi è fatta, per tre anni vanno sulle loro gambe; però partono dal presupposto che sei tu che li devi stimolare. Io andavo dai gesuiti, l’approccio era diverso: questo è da leggere, se ti piace, bene, altrimenti te lo fai piacere! Oggi non mi posso porre così, o li perderei tutti.
Daniela. Come li conquistiamo? Ti inventi un modo di volta in volta. Per interessarli alla matematica, che passa per materia ostica, propongo dei giochi, con l’idea che se una cosa sembra difficile dobbiamo cercare insieme le strade per renderla più semplice. A volte funziona e a volte no, comunque, dopo una lezione che può anche essere bella, affascinante, serve sempre il momento dello studio personale, quello della fatica.
Marialuisa. Ecco, l’impressione è che a casa non siano abituati a sopportare le fatiche. I genitori, pensando di fare il loro bene cercano di eliminare dalla loro strada le fatiche, si tende a proteggerli all’infinito. Mi è capitato un genitore che si lamentava dei compiti di grammatica: "Ma insomma, tutte queste particolarità...”.
Daniela. E poi: "I verbi è una fatica ricordarli”, quindi non li ricordiamo; le formule di geometria? Per carità, apriti cielo! Il fatto è che l’area di un quadrato possiamo costruirla con tutti i pezzettini di carta e fare tutti i collage che vogliamo, però alla fine dovremo pure ricordarci la regola!
Su questo fanno fatica anche perché gli manca il tempo di studiare. Ne parlavo con loro in classe, mi dicevano: "Ah, ma abbiamo tante cose da fare...”. In effetti hanno lo sport, lo studio di una lingua straniera...
Marialuisa. Restano a scuola fino alle quattro perché frequentano i corsi extracurriculari. Il corso di teatro, di inglese, la certificazione di francese, l’informatica... Tutti approfondimenti più che sani, ma se a 11 anni inizi a studiare alle quattro del pomeriggio, dopo sei ore passate a scuola, non ce la fai proprio fisicamente.
Daniela. Avrebbero bisogno di stare all’aperto, andare al parco, farsi una passeggiata, prendere un gelato con gli amici. Io l’ho detto ai miei: "Dovete avere anche del tempo libero”. Hanno risposto: "Eh, magari!”. A loro sembra una cosa veramente strana. La certificazione linguistica gli serve, il corso di teatro è interessante, lo sport è importante...
C’è anche il problema che non sanno studiare. La scuola può anche guidare, però serve l’esperienza, l’esercizio.
Marialuisa. All’inizio andrebbero guidati, invece tanti genitori arrivano a casa molto tardi, non ce la fanno. A volte iniziano a fare i compiti con la mamma dopo cena, alle nove e mezza, come raccontano i miei allievi...
È apprezzabile lo sforzo di una ma ...[continua]

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