Vorremmo parlare della sinistra e i giovani. Puoi raccontare la tua esperienza?
Sarah. La mia esperienza è breve: mi sono laureata nel 2010, e subito ho cominciato a lavorare per "Dissent”, dove avevo fatto uno stage già negli anni del college. "Dissent” ha rappresentato la mia educazione politica.
A pochi mesi dalla laurea è cominciato il movimento Occupy Wall Street. Ricordo di essere andata giù al parco, sin dal primo giorno, insieme ad altri della rivista. Penso che quel movimento abbia contribuito a cambiare il modo in cui le persone, soprattutto i giovani, pensavano alla politica. All’epoca il tema della disuguaglianza, nonostante il crack finanziario, non era così centrale com’è oggi. È stata un’esperienza che ha impresso un’accelerazione, che ha fatto aumentare l’impegno della gente, non solo della mia generazione: ha aperto, come diciamo noi, "una finestra di opportunità”.
Negli anni a seguire, molti millenial si sono avvicinati al socialismo; in fondo loro non si sentivano tenuti a difendere il capitalismo. Non direi che ci siamo tutti radicalizzati all’improvviso, però c’è stato come uno spartiacque. Poi, nel 2013, è iniziato il movimento Black Lives Matter; nel frattempo molti giovani bianchi che si erano impegnati in qualche modo nel movimento Occupy avevano sperimentato le attenzioni della polizia, magari erano anche stati arrestati; questo ha fatto maturare una certa sensibilità.
Così siamo arrivati alle elezioni e alla candidatura di Bernie Sanders, che è riuscito a incanalare in qualcosa di concreto le ondate di energie radicali che si erano formate. Sanders non è il pensatore più radicale sulla faccia della terra, ma ha rappresentato qualcosa che almeno "suonava” come radicale nel panorama della politica americana, e cioè il socialismo democratico. Ha offerto alle persone un posto dove investire le proprie energie. L’hanno sostenuto più i bianchi che i neri, ma la maggioranza dei millenial neri ha votato per Bernie alle primarie. Sinceramente non sono sicura sarebbe stato un buon presidente, ma ha avuto un ruolo importante. I giovani hanno cominciato a entrare in organizzazioni come i Democratic Socialist of America (Dsa), in numeri consistenti. Non so quanti di loro conoscano il significato della parola socialismo, ma va bene, è pur sempre un punto di partenza. Io stessa ho frequentato gli incontri dei Dsa tra il 2010 e il 2011, grazie a Maxine, una delle redattrici storiche di "Dissent”.
Credo che tutti i giovani dello staff della rivista siano entrati nei Dsa in quel periodo, oggi siamo quasi dei "veterani” perché nell’ultimo anno c’è stato un boom di iscrizioni. Alla convention dell’estate scorsa avevano chiesto alle persone di alzarsi e dichiarare quando erano entrati nel Dsa: pochissimi erano entrati nel 2010, mentre quasi tutti lo avevano fatto quest’anno. Comunque nel frattempo erano nate varie iniziative: gruppi di Black Lives Matters che si formano anche localmente, magari per difendere i diritti dei musulmani, persone impegnate con gli immigrati, donne… In generale, l’antipatia per Trump sta prendendo forme diverse...
Michael. I giovani che hanno votato per Bernie Sanders hanno poi votato per Hillary Clinton?
Sarah. Sì. Non si può certo dire che non ci sia differenza tra Hillary e Trump. Ho amici che hanno votato per i verdi a New York ma perché sapevano che avrebbero comunque vinto i democratici; avrei trovato più onesto votare per lei, senza cercare di fare i puri. I democratici sono tutto ciò che abbiamo. Mi dispiace che la Clinton non abbia vinto. Certo avrei preferito un socialista, ma che possiamo farci? Vedremo cosa accadrà nella prossima tornata elettorale, credo sarà molto interessante. Alle scorse elezioni i repubblicani hanno fatto queste grandi primarie per scegliere un candidato, con i miei amici commentavamo: tanto sarà il capitale a scegliere il suo candidato… e invece non funziona così! Di fatto c’è stata una battaglia tra ricchi, ed è terminata col risultato che quasi nessuno auspicava, eccetto i miliardari Me ...[continua]
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