Sono arrivata all’Alma Terra nel lontano ‘93, con un bambino. Avevo deciso di portare avanti la gravidanza da sola. Una scelta un po’ avventata: ero in un paese straniero, senza la rete familiare, completamente sola con un bambino in braccio… in più ero clandestina. In quel periodo lavoravo in una famiglia, fortunatamente la persona che mi aveva preso con sé era una donna in gamba che, nonostante la clandestinità, mi aveva pagato tre mesi di maternità. Solo che, giunto il momento in cui sarei dovuta rientrare al lavoro, beh, lui era così piccolino, insomma era troppo presto.
Mi recai allora all’ufficio Mondialità, dove però alzarono le braccia: “Guardi, non possiamo fare niente per lei; solo dirle che ieri hanno aperto un centro che si chiama Alma Terra. Dovrebbe esserci uno spazio per i bambini, ma sa, avendo aperto ieri... comunque ci provi”. E così il giorno successivo mi presentai qui, all’Alma Terra: c’erano le prime mediatrici culturali, e questa casa vuota, completamente vuota. Lo Spazio Bimbi vuoto. Tutto vuoto. Quel giorno sono stata accolta da Giovanna Zaldini. Sono stati presi tutti un po’ alla sprovvista, ovviamente, ma nessuno s’è perso d’animo: “In questa casa non c’è ancora niente, però dato che non stiamo facendo granché, faremo i turni”. E così il mio è stato il primo bambino a entrare in questa associazione. E si sono effettivamente fatti i turni. Io andavo a lavorare e le donne lo tenevano. Non c’erano altri bimbi, veramente non c’era niente. C’erano solo donne che avevano voglia di fare delle cose per altre donne.
Ancora oggi ci tengo a dire che aver avuto il sostegno nel momento giusto è stato fondamentale. Davvero, la mia vita sarebbe potuta andare molto diversamente, sarebbe potuto diventare un dramma. Invece così ho avuto la possibilità di lasciare il mio bambino in ottime mani e continuare nel mio lavoro. Tra l’altro, a quel punto, la mia allora datrice di lavoro -ora è una cara amica- mi disse: “Adesso c’è un bambino, non puoi più stare qui come clandestina. Vediamo cosa occorre fare per metterti in regola e provvediamo”. Allora la regolarizzazione poteva essere fatta “a chiamata”. Adesso non si può più.
Comunque, per avviare le pratiche, io sono tornata in Perù. Senza mio figlio però, e lì di nuovo è stata fondamentale la rete al femminile: Alma Terra e compagnia, che si sono tenute André per un mese. Tanto che quando sono arrivata non mi riconosceva, con tutte quelle donne intorno, aveva guadagnato in un sol colpo un sacco di mamme, fidanzate... Io intanto ero tornata dal Perù come una “donna regolare”, finalmente.
In seguito ho anche potuto reiscrivermi all’Università perché è stato riconosciuto il mio diploma. Ma il tutto solo dopo lunghe litigate con la Questura e l’università. Perché il permesso di soggiorno ce lo davano per un anno e l’Università ci chiedeva almeno due anni per potersi iscrivere. Fortunatamente ci sono stati infine concessi dei permessi di soggiorno un po’ più lunghi, che poi sono stati di nuovo riaccorciati. Comunque mi sono iscritta alla Facoltà di Scienze Politiche e ho cominciato a fare dei corsi di computer, e infine un corso di mediazione interculturale che mi ha dato la possibilità di fare laboratori di intercultura con i bambini, formazione per gli insegnanti e di lavorare per i Comuni.
Intanto trascorrevo sempre più tempo in associazione, al Centro Documentazione. Studiavo, lavoravo e il resto del tempo rimanevo qui con le donne. Questa era diventata la mia casa, un posto mio, una via di fuga anche, perché l’associazione mi permetteva di poter scappare a studiare per tornare poi a fare la mamma. Solo così ho potuto conciliare tutto, anche economicamente, perché essere capofamiglia vuol dire dover provvedere a tutte le spese, e per una mamma sola è un’impresa quasi impossibile senza una rete che la sostenga fortemente. Io la mia rete parentale l’avevo lasciata in Perù ma qui ne ho trovata una nuova, con le donne straniere e con le donne italiane. E’ stata questa la mia grande fortuna.
Da due anni sono la Presidente dell’Alma Terra. Continuo a lavorare con le mamme, con i bambini, e molto con le scuole del territorio. Uno dei problemi principali, non solo a Torino, e non solo per le donne immigrate, è quello dei nidi. Io so cosa è significato per me quello Spazio bimbi: senza non so come avrei fatto ad andare avant ...[continua]
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