L’Indonesia è un paese caratterizzato da grandi estremi: 17.000 isole in cui si parlano all’incirca 1600 lingue diverse, cinque religioni monoteiste ufficialmente riconosciute, il più grande paese musulmano del mondo e qualche centinaio di religioni animiste. Una terra profondamente religiosa ma uno Stato laico, probabilmente più laico dell’Italia, in cui si va dalla modernità più occidentalizzata al neolitico, da angoli di paradiso a violente guerre civili.
Il contesto generale di Bali è per certi aspetti quello di una terra felice, per altri quello di una terra gravata da grossi problemi. C’è una mortalità infantile molto elevata, e una mortalità materna nettamente più elevata che nel resto dell’Indonesia, comunque la più alta in tutto il Sud-Est asiatico. E’ difficile capire perché. Una delle tesi di Ibu Robin è che tutto risalga al 1965, l’anno decisivo per l’introduzione della parola sviluppo. E’ allora che iniziò la Rivoluzione Verde, un movimento di riforma dell’agricoltura voluto dall’Occidente, di aiuto a quello che allora si chiamava Terzo Mondo, tuttavia condotto con idee, e con profitti, occidentali. Iniziò un uso massiccio, da un giorno all’altro, di concimanti e diserbanti, che impoverirono la qualità dei prodotti della terra e introdussero sostanze tossiche. Dobbiamo tenere conto anche che questa era una popolazione non abituata ad usarli, quindi senza il senso della misura. La nuova tecnologia agricola ha aumentato la quantità di riso prodotta, impoverendone però la qualità.
Gli indonesiani in generale, e dunque anche i balinesi, mangiano piccole quantità di cibo, magari cinque o sei volte al giorno, ma comunque poco, e prevalentemente riso. Naturalmente il riso nutriente è una cosa, quello impoverito è un’altra, e comunque non si può cambiare il costume di una popolazione rapidamente. Le persone tendono a mantenere le proprie abitudini alimentari, e quella balinese è una società in cui l’attaccamento alla propria cultura e alle proprie tradizioni è particolarmente forte. Così chi ha sempre mangiato riso ha continuato a farlo con un apporto nutrizionale che però diminuiva drasticamente. Questo scontro tra modernizzazione, valutazioni economiche e tecnologiche importate dall’Occidente da una parte, e il costume, la società tradizionale che persiste e resiste dall’altra, tra un modello di cultura e l’altro, è il grande tema che emerge in tutto il mondo cosiddetto in via di sviluppo. A Bali questo scontro è ancora più evidente perché sono compresenti e vivi ambedue gli aspetti, molto di più che in altre società asiatiche.
Il problema della sottonutrizione si ripercuote particolarmente sulle madri, perché per loro significa gravidanze e parti difficili, oppure aborti, nascite di bambini sottopeso, morte della madre per emorragia post partum, difficoltà nell’allattamento.
La struttura della società balinese è sostanzialmente comunitaria, basata sulle comunità dei villaggi, o meglio su un quadruplice livello di comunità: abbiamo il villaggio, un’organizzazione che si chiama Banjar, un’organizzazione relativa ai campi di riso e un’altra relativa al Tempio. La società balinese è caratterizzata da una forte religiosità che permea tutte le cose.
L’isola è dominata da una grande montagna centrale che scende verso la pianura e infine al mare. Dappertutto ci sono coltivazioni a terrazza di risaie; l’acqua viene dalla montagna e solo da lì, e deve nutrire, di campo in campo, tutta l’isola. Per di più il riso non deve stare sott’acqua da quando germoglia fino al raccolto; in certe fasi il terreno deve essere asciutto. Per questo è necessario avere un’organizzazione ben concertata, in cui l’acqua viene distribuita con una modalità e tempistica precise. Questa concertazione viene ottenuta lavorando a tutti livelli, il Banjar, il Desa, cioè il villaggio, chi si occupa specificamente dei campi di riso; insomma un’organizzazione comunitaria in cui tutti devono andare d’accordo. Puoi litigare, discutere, fare quello che ti pare, però l’acqua al momento giusto non deve mancare a nessuno.
Il Tempio si innesta in questo concerto per via delle varie feste religiose legate al tempo del raccolto o della semina o comunque alle fasi della coltivazione, e queste festività determinano l’apertura o la chiusura dell’acqua; più il Tempio è in alto, più è importante, perché si trova ...[continua]
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