Per un paio di secoli è esistita una grande famiglia di poeti intellettuali che oggi sembra estinta e che in Europa andava da Coleridge e Baudelaire a Eliot e Brecht e in Italia da Leopardi a Montale e Pasolini. A questa famiglia apparteneva in posizione eminente nei primi decenni del Novecento anche Paul Valéry (1871-1945), che fra tutti è stato il più metodicamente, ossessivamente intellettualistico. In lui l’intelligenza autoanalitica è arrivata al punto di inibire la stessa produttività poetica. Valéry ha scritto molta più prosa saggistica che poesia, una prosa nella quale la mente che riflette e che immagina sottopone sé stessa a un esame così lucidamente severo da lasciare alla creatività poetica solo uno spazio residuo e marginale. Dopo aver esordito ventenne come seguace di Stéphane Mallarmé, il più puro e astratto dei poeti simbolisti del secondo Ottocento, Valéry non scrive più poesie per circa vent’anni. Il suo magro e perfetto capolavoro esce nel 1922, una raccolta di poesie e poemetti il cui titolo, Charmes, può essere tradotto “incantesimi” o “fascinazioni” o “canti”.
Il tema della saggistica di Valéry non è però soltanto quel meccanismo mentale che produce poesia, è piuttosto l’intelligenza stessa, con tutto ciò che la nutre e la condiziona. Nel primo ventennio del secolo scorso tutta la cultura europea è occupata a fare i conti con sé stessa, con il suo presente, la sua tradizione, con la situazione e i compiti del sapere, della scienza, del pensiero filosofico, delle arti. La modernità ha avuto in quegli anni una tale accelerazione che sembrò a tutti impossibile sentirsi ancora in rapporto di continuità con l’Ottocento. Le nozioni di spazio e tempo, l’esperienza che ne hanno gli individui, le applicazioni tecnologiche della ricerca scientifica, la crescente industrializzazione capitalistica, l’organizzazione produttiva e sociale sempre più condizionante fanno nascere interrogativi radicali sulle caratteristiche dell’esistenza umana e sulla secolare cultura umanistica che ne ha elaborato l’immagine, dall’antichità greco-latina all’Ottocento romantico.
Già da almeno mezzo secolo le filosofie sistematiche e idealistiche erano entrate in crisi lasciando il posto all’individualismo esistenziale (Kierkegaard) e alla scienza politico-sociale materialistica (Marx). Valéry parte dalla poesia per arrivare all’intelletto e lungo la strada incontra tutto ciò che ostacola e minaccia le fondamentali facoltà della mente. In una serie di scritti degli anni Venti e Trenta del secolo scorso si trovano riflessioni della cui attualità è difficile dubitare (v. “Osservazioni sull’Intelligenza” e “Il bilancio dell’intelligenza”, passim, in Opere scelte, Mondadori Meridiani):

Cominciamo dall’esame di quella facoltà che è fondamentale e che viene contrapposta ingiustamente all’intelligenza, della quale è, al contrario, la vera forza motrice; mi riferisco alla sensibilità. Se la sensibilità dell’uomo moderno si trova fortemente compromessa dalle attuali condizioni della sua vita, e se l’avvenire sembra promettere a questa sensibilità un trattamento sempre più severo, abbiamo il diritto di pensare che l’intelligenza soffrirà profondamente per l’alterazione della sensibilità. Ma come si produce tale alterazione?
Il nostro mondo moderno è tutto occupato dallo sfruttamento sempre più efficace, più approfondito, delle energie naturali. Non soltanto le ricerca e le spende, per soddisfare le eterne necessità della vita, ma le sperpera e si eccita a sperperarle al punto da creare dal nulla bisogni inediti (e persino tali che non si sarebbero mai immaginati), a cominciare dai mezzi per accontentare bisogni che non esistevano. Tutto avviene nel nostro stato di civiltà industriale come se, avendo inventato una qualche sostanza, si inventasse la malattia che viene guarita dalle sue proprietà [...] Ci vengono dunque inoculati, per guadagnarci sopra, gusti e desideri che non hanno radici nella nostra vita fisiologica profonda, ma risultano da eccitazioni psichiche o sensorie appositamente inflitte. L’uomo moderno è ubriaco di dissipazione. Abuso di velocità, abuso di luce; abuso di tonici, di stupefacenti, di eccitanti. Abuso di frequenza nelle impressioni; abuso di cose diverse; abuso di rimbombo; abuso di facilità; abuso di meraviglie; abuso di quei prodigiosi scatti per effetto dei quali straordinari effetti sono messi a disposizione del dito di un bambino. Tutta la vita attuale è inseparabile da questi abusi. ...[continua]

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