Amanda Gorman
All’insediamento di Biden, Amanda Gorman, una giovane poetessa di 22 anni, afro-americana, ha letto una sua poesia. La scena è stata bella, la lettura commovente, la poesia bella. La giovane Gorman (cosa che mi era sfuggita per mia ignoranza) era tutta di Prada vestita dal cappotto giallo alla fascia rossa. Subito dopo l’insediamento ha firmato un contratto con la Igm, l’agenzia di modelle che rappresenta anche Prada, con Kate Moss, Gisele Bündchen, le due Hadid e Cara Delevigne tra le altre, seguita a stretto giro dalla figliastra di Kamala Harris (bianca): anche lei dopo l’insediamento di Biden e della Harris, ha firmato con la stessa agenzia. Amanda Gorman è già stata scelta per una poesia al prossimo Superball mentre la squadra di calcio di Washington (ex Redskins) ha annunciato che ci saranno, oltre alle ragazze pompon, anche ragazzi. La campionessa di tennis Naomi Osaka (afro-giapponese), dopo le bellissime dichiarazioni contro il razzismo, ha firmato con Louis Vuitton. Non è una cosa che avremmo fatto nella mia generazione, ma su questo non discuto: forse meglio loro che altre, forse meglio nessuna. Non più il cambiamento del mondo ma la sostituzione di chi ha potere.
Non seguendo la moda non ho veramente delle idee a proposito, se non che, dopo aver comprato i corpi delle donne in passato, adesso le industrie preferiscono acquistare l’anima per vendere; meglio se l’anima di una giovane donna che è anche bella oltre che battagliera e di minoranza. Con buona pace del libro No Logo, di Naomi Klein, perché qua è tutto un logo: Prada ha registrato un aumento del 1.328% delle vendite del cappotto giallo, e solo del 560% della fascia rossa dopo l’insediamento di Biden. Non ho trovato i dati sulle Adidas che la Gorman portava ma non si vedevano bene. I gioielli che indossava, prestati da Oprah Winfrey, sono di Nicos Koulis, un greco le cui creazioni vanno a cinque o sei cifre. Dopo aver scelto come traduttrice dall’olandese Marieke Licas Rijneveld, la più giovane vincitrice del Man Booker International Prize (2020) di tutti i tempi, Marieke si è dovuta ritirare a seguito di proteste sui social perché è bianca, anzi tremendamente bianca come dicono. Nessun riferimento alle sue indubbie capacità di poeta, di scrittrice, di traduttrice: solo il riferimento al colore della pelle. Credevo che cercando uno/a traduttrice se ne cercasse uno/a bravo/a con la combinazione linguistica giusta. Le poesie sono generalmente tradotte da altri/e poeti o scrittori/trici. Lo stesso è successo con il traduttore catalano, Victor Obiols che dopo aver tradotto il suo libro è stato licenziato perché non aveva il “profilo giusto”. Quando nel vagliare il prodotto ci si sofferma su chi lo produce, è grave. Se fosse successo il contrario, ovvero se per esempio qualcuno avesse detto che la Gorman (qualora sapesse l’olandese o il catalano) non poteva tradurre la Rijneveld e Obiols perché afroamericana credo che ci sarebbe stata (giustamente) una levata di scudi e accuse di razzismo. La Gorman non ha difeso i suoi traduttori. Peccato per l’una e per l’altra/o. Perché i traduttori non possono essere bianchi e/o maschi mentre Miuccia Prada o Louis Vuitton o Nicos Koulis vanno bene anche se lo sono? Con fare borgesiano potremmo dire che ognuno può solo tradurre se stesso/a. Insieme al cappotto giallo della Gorman si comprano i sogni?
Da oppressione a vittimismo
C’è stato un cambiamento negli ultimi anni: si è passati da oppressi/e, subordinati/e e sfruttati/e a vittime. Nel mondo ci sono delle vere vittime, ma l’essere vittima non dà diritti in quanto tale, anzi è il risultato di averli persi. Mi diceva un mio conoscente che lavora per un’associazione di rifugiati (essendolo stato anche lui) che quando è arrivato lui molti anni fa i richiedenti parlavano delle loro lotte, adesso cercano solo di dire quanto sono vittime. L’occidente compra vittime altrui ed anime di ribelli? L’idea dell’oppressione era legata al cambiamento della relazione e del problema, l’oggetto dell’oppressione. L’idea delle vittime si riferisce ad una situazione non mutabile e per questo si chiede una qualche forma di indennizzo. L’idea di comprare l’anima si lega a quella della sostituzione degli/lle uni/e con le/gli altri, a volte vendendo la propria identità. Per esempio se si dice che le donne sono oppresse questo vuol dire che la relazione di genere va ridefinita, non che le donne debbano sostituire gli uomini nel ruolo di oppressori/e. Sono stata presidente di Pari Opportunità di una grossa università, consigliera di fiducia in una provincia, femminista da sempre: se una donna viene molestata è giusto, è necessario che debba reagire, far smettere, denunciare piuttosto che non monetizzare il dolore. Il denaro non cambia nulla. Altra cosa è lo stupro, la violenza e quella situazione di certo crea vittime ed è un reato penale. Chiunque, maschi e femmine, ha diritto al processo, ogni accusato/a ha diritto alla difesa, ma proprio tutti e tutte: esiste la molestia di destra e quella di sinistra e il pubblico linciaggio -che sia nella piazza di un paese o in internet- ma servono prove per non finire come con i processi alle streghe. Un altro aspetto è che se l’accusatore/trice è classificato o si classifica come vittima non è più disgiunto dall’eventuale prodotto della sua creatività, che sia un libro, un film o altro. Tutto si fonde. Una persona può andare in galera senza che per questo le sue opere siano da mettere al rogo. Se per esempio i Medici non avessero insabbiato il processo contro Leonardo da Vinci nel 1476 quando fu accusato di sodomia nei confronti di Jacopo Santarelli, un minore all’epoca dei fatti, non avremmo le sue opere. Anche Sandro Botticelli subì le stesse accuse e Benvenuto Cellini dovette pagare fior di multe per la stessa cosa come tanti e tante altri. La separazione tra persona ed opera è essenziale perché chi la vede (l’opera) possa gioirne o meno senza considerare chi l’ha fatta. Oppure l’opera va valutata solo per ciò che implica o significa, legata al proprio tempo e luogo. Quando ero giovane e governava la Thatcher in Gran Bretagna, molti per provocarmi dicevano “E sarebbe una donna?”, come se all’identità di genere dovesse essere legata una particolare posizione politica, e lo stesso per Israele, o per l’Africa. Solo agli Usa è permesso essere cattivi? Solo ai maschi? In qualche modo l’andar contro le aspettative è il completamento dell’emancipazione.
Il vittimismo non mette in discussione il modo in cui il sistema è organizzato ma solo il chi e il che cosa. In questo senso trova le sue motivazioni nel passato (che deve essere riscritto) piuttosto che nel futuro come è per coloro che si definiscono oppressi/e.
Il piccolo principe
Sono repubblicana, ma la storia dei principi mi interessa per i simboli: Harry Windsor si racconta. Ora, se la Duchessa di Sussex ha ricevuto commenti razzisti la persona che li ha fatti deve smettere di ricevere denaro pubblico e deve essere denunciata essendo un reato. Sarebbe meglio sia per l’accusa che per la difesa sapere il nome e le circostanze.
Nel rovesciare la storia dei principi che non liberano più le principesse nelle torre, ma ce le mettono, Harry è molto come sua madre: scarso livello accademico, commenti di scarso livello. Il 14 gennaio 2005 scoppiò uno scandalo perché a una festa di compleanno scelse di vestirsi da nazista con tanto di uniforme e fascia, anzi specificamente scelse l’uniforme di Rommel. Il governo chiese formalmente le scuse del principe dato che l’episodio ricordava quello del prozio Edoardo VIII che visitò Hitler nel 1938 dopo l’abdicazione per il matrimonio con Wally Simpson. Successivamente, dopo le scuse e dopo un anno di pausa Harry, entrò in fanteria, non avendo le qualifiche per la marina o l’aeronautica.
E fin lì, pace. Non tanta, ma un po’ di pace. Ora annuncia che ha dovuto firmare con Netflix e Spotify perché la famiglia non lo manteneva più e doveva dipendere da quel che gli aveva lasciato la madre (13 milioni di dollari) per provvedere alla famiglia. Quella di firmare con i produttori è strada che consiglierei ai molti disoccupati del mondo e che per altro hanno seguito anche alcuni ex presidenti americani. Non male per uno che come titoli non nobiliari ha arte e geografia (con il minimo) alla fine della scuola dell’obbligo.  
Insomma il nuovo mito non è il povero che diventa principe ma è puro d’animo e libera la principessa, ma il principe che diventa povero... o quasi, non è tanto puro ma si pente di aver portato la principessa al castello.
Interessante.