Taras Bilous è uno storico ucraino e un attivista della Social Movement Organization. Redattore di “Commons: Journal of Social Critique”, si occupa dei temi delle guerre e del nazionalismo.

Due mesi fa, quando ho scritto “Una lettera da Kiev alla sinistra occiden­tale”[NdR: articolo pubblicato su “Dissent” e uscito anche nel n. 282 di “Una città” con il titolo “Noi vi opporremo resistenza”] speravo che lo shock provocato dall’invasione russa e le voci della sinistra ucraina avrebbero spinto la sinistra occidentale a ripensare al proprio approccio. Sfortunatamente, sono troppi quelli che non ci sono riusciti. Nelle loro analisi sul conflitto, gli ucraini rimangono semplici vittime che richiedono aiuto umanitario, e non soggetti i cui desideri andrebbero rispettati.
Naturalmente ciò non vale per tutti, a sinistra -proprio no. I partiti scandinavi di sinistra, così come quelli dell’est Europa, hanno ascoltato i bisogni degli ucraini e fornito armi al nostro paese, e ci sono progressi anche tra i socialisti statunitensi. Ma, sfortunatamente, neppure una dichiarazione unitaria rilasciata dai socialisti ucraini e quelli russi è riuscita a convincere un numero sufficiente di persone a sostenere la causa degli aiuti militari. Per cui, lasciate che mi rivolga, ancora una volta, alla sinistra.

Una guerra giusta?
Cominciamo occupandoci della domanda più comune: “Perché dedicare tanta attenzione all’Ucraina, fornire loro tanti aiuti, quando non ci occupiamo con altrettanta attenzione di altri conflitti armati che avvengono in giro per il mondo?”. Prima di tutto, non credete che le conseguenze di questa guerra possano rappresentare una ragione sufficiente per prestarvi attenzione? Quand’è stata l’ultima volta che il mondo si è trovato tanto vicino a un conflitto nucleare? In secondo luogo, sono d’accordo sul fatto che ad altri conflitti non venga dedicata un’attenzione sufficiente. Come ho già avuto modo di scrivere, il fatto che l’Europa abbia trattato i rifugiati ucraini meglio di quanto non abbia fatto con le loro controparti siriane e afghane si deve sicuramente al razzismo. È il momento giusto per criticare le politiche migratorie e far notare come l’aiuto offerto ai rifugiati ucraini dovrebbe essere fornito anche a tutti gli altri rifugiati.
Ricordo un altro conflitto armato in cui alcune parti della sinistra avevano individuato i propri “bravi ragazzi” (e ragazze), e dedicavano loro un’attenzione sproporzionata rispetto ad altri conflitti armati: quello del Rojava. L’Ucraina non è il Rojava, e sicuramente possiamo elencare molti dei problemi delle politiche interne ed estere di Zelensky. L’Ucraina non è neppure un modello di democrazia liberale classico: qui, ogni nuovo presidente cerca di accumulare quanto più potere possibile con meccanismi informali, il parlamento passa di continuo leggi incostituzionali, e spesso i diritti e le libertà dei cittadini vengono violati. Persino durante la guerra, il governo ucraino è riuscito ad approvare una legge che mette a rischio i diritti dei lavoratori. Da questo punto di vista, il paese non differisce poi tanto dal resto dell’Europa dell’est.
Questo significa forse che l’Ucraina dovrebbe rinunciare alla propria battaglia? Per me, la risposta è ovvia: ho personalmente deciso di unirmi alle forze di difesa territoriale già all’inizio del conflitto. Ma non sono certo l’unico. Anarchici dall’Ucraina, dalla Bielorussia e persino alcuni provenienti dalla Russia sono attualmente inquadrati nelle forze di difesa territoriale, o prestano il loro aiuto in qualche modo. A loro non piace Zelensky, non amano lo stato così com’è costituito, sono stati più volte detenuti dalla polizia per aver preso parte a manifestazioni (come peraltro è accaduto anche a me), e alcuni degli anarchici provenienti dall’estero con cui combatto hanno subìto tentativi di rimpatrio da parte dei servizi speciali. Ciononostante, abbiamo cominciato a combattere. Potrete pensare che non si tratti di anarchici “veri” -o potreste dover ammettere a voi stessi che qui noi sappiamo qualcosa sull’Europa dell’est che voi non riuscite a capire.
Sono un socialista, e non credo che si debba difendere il proprio paese in qualunque caso. Una decisione simile dovrebbe essere presa sulla base delle analisi di chi è chiamato a parteciparvi, sulla natura sociale del conflitto, sul sentimento del popolo, tenendo in considerazione il contesto più ampio, e le conseguenze potenziali di tutti i possibili esiti della situazione. Se l’Ucraina fosse davvero governata da una giunta fascista, se la situazione fosse quella descritta dalla propaganda russa, io sarei ancora contrario all’invasione, ma certo non mi unirei all’esercito. In quel caso, sarebbe più appropriato portare avanti una lotta partigiana indipendente. Ci sono state altre invasioni, come quella statunitense dell’Afghanistan, o dell’Iraq, che andavano denunciate, ma anche lì, avrei avuto il diritto di combattere per difendere il regime dei talebani, o quello di Saddam Hussein? Ne dubito. Ma la democrazia ucraina, pur lontana dall’essere perfetta, merita comunque di essere difesa dal regime para-fascista di Putin? Sì.
So che a molti non piace che si ponga la questione in questi termini. Dopo il 2014, quando divenne popolare in Ucraina etichettare Putin come un fascista, ho criticato questo aggettivo. Ma in anni più recenti, il regime di Putin è divenuto sempre più autoritario, conservatore, nazionalista, e dopo la sconfitta del movimento pacifista, ha raggiunto un nuovo livello. Ora sono degli intellettuali di sinistra russi come Greg Yudin e Ilya Budraitskis a dire che il paese sta scivolando verso il fascismo.
In molti conflitti armati è giusto invocare la diplomazia e il compromesso. Spesso, nei casi di conflitti etnici, gli internazionalisti non dovrebbero parteggiare per una delle parti. Ma questa guerra non rientra in quei casi. A differenza della guerra del 2014 nel Donbass, che era molto complessa, la natura del conflitto attuale è in realtà molto semplice: la Russia si è avventurata in una guerra imperialista di aggressione; l’Ucraina, da parte sua, è impegnata in una guerra popolare di liberazione. Non sappiamo come evolverà la situazione dell’Ucraina dopo la guerra -questo dipende da una varietà di fattori diversi. Ciò che possiamo dire con certezza è che solo se l’Ucraina dovesse uscirne vincitrice ci sarà la possibilità di una svolta progressista. Se vincerà la Russia, le conseguenze saranno terribili. È questa la ragione principale per cui è giusto sostenere la resistenza ucraina, e ciò includendo gli aiuti militari.

L’estrema destra ucraina
A questo punto, alcuni lettori potrebbero sollevare un’altra questione: “E che cosa ne dici dell’estrema destra ucraina?”. Nei dibattiti più ragionevoli su questo argomento, di solito una parte tende a sottolineare il basso sostegno elettorale delle forze di estrema destra, la sua mancanza di una rappresentanza parlamentare, mentre altri evidenzierebbero che, a causa dell’infiltrazione negli enti per l’ordine pubblico e la partecipazione attiva alle manifestazioni pubbliche, l’estrema destra gode di un’influenza sproporzionata sulla politica ucraina. Entrambe le affermazioni sono vere, ma c’è un fatto importante che solitamente entrambe le parti ignorano, e cioè che questa “influenza sproporzionata” dell’estrema destra era da addebitare più alla debolezza della società civile e dello stato che alla loro effettiva potenza.
Si può avvertire una presenza dell’estrema destra in tutta l’Europa dell’est, ma con dinamiche differenti in ogni paese. Nei tardi anni Duemila, l’estrema destra russa diede vita a una campagna di terrore strada per strada, con tanto di ricorso a esplosivi, pogrom, e altri attacchi mortali. Dopo la rivolta di Piazza Manezhnaya nel 2010, lo stato russo cominciò ad attuare una repressione, e alcuni esponenti dell’estrema destra russa vennero imprigionati o fuggirono all’estero. Alcuni di questi ultimi si rifugiarono in Ucraina, un luogo sicuro per loro anche perché l’apparato repressivo ucraino era decisamente più debole rispetto a quello russo (una relativa debolezza dello stato è anche la ragione principale dietro al successo delle proteste di massa in Ucraina, se paragonato al fallimento di quelle in Bielorussia dove i manifestanti venivano costretti alla detenzione arbitraria e alla tortura, o al Kazakistan, dove le forze di sicurezza, supportate dai russi, sono state capaci di operare una sanguinosa repressione).
In anni recenti, l’estrema destra ucraina ha dovuto affrontare nuove sfide. Sin dalla rivoluzione di Piazza Majdan, lo sviluppo della società civile progressista ha cambiato gli equilibri di forze nella “politica di strada”. Fino a poco tempo fa non c’era sempre una linea di demarcazione netta tra l’estrema destra e le altre forze politiche; questo è andato via via cambiando con l’evolversi dei movimenti femministi e Lgbt, che andavano a sfidare il radicalismo di destra. Infine, grazie alla campagna contro la deportazione dell’anarchico bielorusso Aleksey Bolenkov e la protezione del distretto di Podil, a Kiev, dall’estrema destra, lo scorso anno, è rinato il movimento antifascista “di strada”.
Sin dal 2014, l’estrema destra aveva compensato i fallimenti elettorali rafforzando la propria presenza sulle strade e rinsaldando l’alleanza con le forze liberali, allean­za formatasi durante gli anni della lotta contro il regime di Yanukovych. Ma questa unione è andata gradualmente indebolendosi dopo la salita al potere di Zelensky nel 2019. L’estrema destra, e in particolare il movimento Azov, era in crisi. Dopo le dimissioni del ministro degli interni Arsen Avakov, considerato un protettore di Azov, lo stato aveva cominciato a trattare quel movimento con più freddezza.
Naturalmente, la guerra ha cambiato tutto, e ciò che accadrà ora dipende da tanti fattori. La partecipazione dell’estrema destra ucraina alla guerra in corso è meno evidente rispetto al 2014, con un’eccezione degna di nota -il reggimento Azov. Ma non è vero che tutti i combattenti attualmente inquadrati in quel reggimento sono di estrema destra e, facendo parte della Guardia Nazionale e delle Forze Armate, di fatto seguono gli ordini dell’alto comando. Per di più, Azov non è che una piccola parte della resistenza ucraina. Pertanto, non c’è motivo di ritenere che l’attuale conflitto armato farà crescere l’estrema destra come già avvenuto nel Donbass.
Oggi, la principale minaccia all’Ucraina non è rappresentata dall’estrema destra interna, ma dagli occupanti russi. Questo vale anche per i gruppi che spesso sono stati attaccati dall’estrema destra negli anni recenti, come le comunità Rom o i gruppi Lgbt, entrambi parti attive nella resistenza ucraina. Questo vale anche per i residenti del Donbass. La propaganda russa ha ipocritamente fatto leva sui residenti del Donbass per giustificare l’invasione, e accusare l’Ucraina di “genocidio”, mentre è l’esercito russo a radere al suolo le città della regione. Mentre le persone fanno lunghe file per arruolarsi nelle forze di difesa territoriale ucraina, nelle parti del Donbass sotto il controllo russo gli uomini sono prelevati per strada, arruolati con la forza e gettati in battaglia senza addestramento, come carne da cannone.

Un conflitto inter-imperialista
Un altro argomento comunemente diffuso contro la resistenza ucraina è che quella in corso sarebbe solo una guerra per procura combattuta in realtà da Occidente e Russia.
Ogni conflitto militare presenta vari livelli di lettura, e una delle componenti dello scontro attualmente in corso è quello del conflitto inter-imperialista. Ma se questo è sufficiente a definire la guerra un conflitto per procura, allora lo sono anche quasi tutte le guerre del mondo. Invece che discutere di questo termine, è più importante analizzare il grado della dipendenza ucraina dall’Occidente, e comprendere gli obiettivi di entrambi gli imperialismi.
L’Ucraina è un agente per procura degli Stati Uniti molto meno di quanto non lo fossero i curdi siriani durante la loro eroica lotta contro l’Isis. Ma gli agenti per procura non sono semplici marionette; sono attori locali che ricevono un sostegno militare da altri stati. Sia loro che gli stati che li aiutano hanno i propri interessi, interessi che magari coincidono solo parzialmente. E così come a sinistra si sostenevano i combattenti del Rojava nonostante quei curdi siriani ricevessero aiuti militari dagli Stati Uniti, così a sinistra bisognerebbe sostenere il popolo ucraino. La visione politica di un socialista sui conflitti armati dovrebbe fondarsi su un’analisi della situazione sul campo e non su quale potenza imperialista sostenga chi.
Negli ultimi mesi, alcuni a sinistra hanno fatto ricorso alla storia della Prima guerra mondiale per sostenere che i socialisti non dovrebbero mai prendere le parti in un conflitto inter-imperialista. Ma anche la Seconda guerra mondiale è stata un conflitto inter-imperialista. Questo forse significa che non si dovesse sostenere alcuna delle parti in guerra? No, perché quella del conflitto inter-imperialista era solo una delle dimensioni di quella guerra.
In un articolo precedente ho ricordato che  durante la Seconda guerra mondiale molti rappresentanti dei movimenti anticolonialisti non volevano combattere per il proprio colonizzatore, e che uno dei leader del partito Indian National Congress, Chandra Boss, era arrivato persino a collaborare con la Germania nazista. Ma a questo proposito è il caso di ricordare le parole di Jawaharlal Nehru: nella lotta tra fascismo e democrazia, dobbiamo inequivocabilmente schierarci dalla parte di quest’ultima. È anche bene ricordare che il più convinto dei leader dell’Indian National Congress nel sostegno alla guerra degli Alleati era stato M. N. Roy, il suo esponente più di sinistra. Certo questo non aveva significato per Roy un improvviso sostegno all’imperialismo britannico. Allo stesso modo, invocare la lotta contro l’imperialismo russo non implica di per sé un sostegno all’imperialismo statunitense.
Naturalmente, ora la situazione è differente. La partecipazione diretta di altri stati al conflitto può solo far peggiorare le cose. Ma i socialisti dovrebbero sostenere una pressione economica sulla Russia, domandare sanzioni più forti e chiedere un embargo al petrolio e al gas russi. Molte delle sanzioni attualmente vigenti sono progettate per indebolire l’industria bellica russa, minando così la capacità russa di proseguire i combattimenti. A sinistra bisognerebbe altresì sostenere le sanzioni all’import energetico dalla Russia, cosa che potrà accrescere ulteriormente la pressione economica su Putin affinché ponga fine alla guerra.
Forse gli Stati Uniti hanno imparato la lezione, dopo aver perso la faccia in Iraq e Afghanistan. Ora anche la Russia ha l’occasione di apprendere la sua lezione, e più la impara con durezza, meglio sarà. La sconfitta in battaglia ha già provocato delle rivoluzioni, nella storia, finanche nella stessa Russia. Dopo che la Russia perse la guerra di Crimea del 1856, nell’Impero russo venne finalmente abolita la schiavitù. La Prima rivoluzione russa del 1905 si sarebbe verificata poco dopo la sconfitta di Mosca nella guerra russo-giapponese. Perdere oggi con l’Ucraina potrebbe dare la scintilla a una nuova rivoluzione. Se Putin resterà in carica, un cambiamento progressivo in Russia, così come in molti stati post-sovietici, rimarrà impossibile.
Gli stati occidentali condividono le responsabilità per questa guerra. Il problema è che molti esponenti della sinistra radicale criticano questi stati per i motivi sbagliati. Invece di criticare le forniture di armi all’Ucraina, dovrebbero prendersela con il fatto che anche dopo l’annessione della Crimea e l’invasione del Donbass, i paesi europei hanno continuato a vendere armamenti alla Russia. Questo è solo un esempio. La responsabilità per quella decisione è tutta dei governi occidentali, e non della sinistra. Ma piuttosto che modificare questa situazione volgendola al meglio, molta sinistra non fa che cercare di rendere le cose peggiori.
Gli ucraini sanno bene che la guerra è una cosa orribile. Non è la nostra prima guerra. Abbiamo convissuto con le rovine fumanti del conflitto nel Donbass per anni. In questa guerra stiamo subendo gravi perdite, e se il conflitto si protrarrà continueremo a subirle. Sta a noi decidere quali sacrifici siamo disposti a compiere per vincere, e quali compromessi accettare per porre fine a morte e distruzione. Non capisco perché il governo statunitense concordi con questo, mentre gran parte della sinistra preferisce adottare un approccio imperialista che vorrebbe che fosse l’Occidente a decidere per noi.
Finora il Cremlino si è sottratto a qualsivoglia concessione sostanziale. Aspettano che ci arrendiamo noi; ma gli ucraini non accetteranno mai di riconoscere le loro conquiste territoriali. Alcuni sostengono che fornire armi all’Ucraina non faccia che prolungare la guerra, incrementando il numero dei morti. Ma è vero il contrario: sarà una carenza di rifornimenti a portarci a quel risultato. L’Ucraina può vincere, e la vittoria dell’Ucraina è ciò che dovrebbe volere la sinistra internazionale. Se sarà la Russia a vincere, questo costituirà un precedente perché sia possibile ridisegnare a forza i confini degli stati, spingendo il mondo verso una Terza guerra mondiale.
Sono diventato socialista in gran parte per l’influenza avuta dalla guerra nel Donbass, per aver realizzato che è solo superando il capitalismo che potremo avere la possibilità di un mondo senza guerra. Ma non otterremo mai questo futuro agognato se pretendiamo che l’intervento imperialista sia accolto da una non-resistenza. Se la sinistra non adotterà la posizione corretta su questa guerra, non farà che screditarsi e marginalizzarsi. E dovremo lavorare a lungo per superare le conseguenze di questa scelta scellerata.
(traduzione di Stefano Ignone. https://www.dissentmagazine.org/online_articles/self-determination-and-the-war-in-ukraine)