Nell’ultimo numero di “Energie Nove”, febbraio 1920, il giovanissimo direttore Piero Gobetti raccomanda ai lettori tre riviste. Due sono note e prestigiose, da tempo ispiratrici del suo operare culturale e prepolitico: “L’Unità” di Gaetano Salvemini e “L’Educazione Nazionale” di Giuseppe Lombardo Radice, la terza è più modesta e di formato simile alla sua: si tratta di “Vita Fraterna”, presentata come: “rivista di apostolato mazziniano, specialmente indirizzata alle lettrici”. Con essa esiste da parte di Gobetti una solidarietà pedagogica, di formazione di coscienze attuata con modalità simili e interscambi d’indirizzi e abbonamenti, tra Torino e Milano, ove “Vita Fraterna” è nata nel gennaio 1917 e ha sede in via della Spiga 25. Per due volte Gobetti ha voluto scrivere, dietro invito delle redattrici, per “Vita Fraterna”, una prima volta, quasi in prossimità delle elezioni del novembre ’19, suggerendo testi in vari campi (politica estera, istituzioni, questione meridionale, sindacalismo, problemi agrari…) atti a forgiare una nuova cultura nella classe dirigente post-grande guerra, e una seconda volta, nel marzo 1920, descrivendo l’esperienza ormai quadrimestrale e il vasto programma della sua Scuola di formazione politica a Torino. Nel primo intervento Gobetti, nell’affermare che “L’Unità” salveminiana non può più bastare, pare implicitamente pensare già alla futura “Rivoluzione liberale”, mentre nel secondo intervento tiene a sottolineare il carattere antiaccademico di una scuola singolare, da lui voluta, fatta tutta di giovani, ove tutti vengono per imparare, e che è destinata a moltiplicarsi. È questa una modalità che si confà alla prassi comunitaria, anzi -appunto- “fraterna”, messa in atto da redattrici e redattori della rivista milanese, che, dopo un continuativo servizio ai soldati e ai feriti per il periodo bellico, inaugureranno analoghi incontri presso la Federazione lombarda femminile, in via Brisa 3, e presso lo studio del pittore Aldo Carpi, in via Goito 5.

L’apostolato mazziniano intravisto da Gobetti in “Vita Fraterna” ben definisce l’impegno idealistico promosso, tra intervento, guerra e dopoguerra, dalla piccola rivista milanese, in cui si esprime una tradizione lombarda ove confluiscono risorgimentalismo, conciliatorismo ed emancipazionismo femminile. Ci si ispira a quel Mazzini che voleva l’Europa delle libere nazioni, nella fedeltà alla sua ispirazione religiosa che radicali, repubblicani e socialisti, a Milano come a Roma o in Romagna, hanno dimenticato a favore di un positivismo materialista e scientista, sotto influsso massonico. Ora spira un’aria rinnovata, il clima culturale va trasformandosi e uomini nuovi come Umberto Zanotti Bianco e Tommaso Gallarati Scotti scrivono di Mazzini in una prospettiva nazional-liberale comune a tanti altri giovani e meno giovani, da Prezzolini ad Amendola, da Boine a Borgese, distanti tanto dal radicalismo e dal massimalismo socialista, quanto dal nazionalismo ufficiale e “imperialista”. C’è un influsso anglosassone che soverchia col suo pragmatismo quello ideologico d’importazione francese e ciò si vede in “Vita Fraterna” sia sul terreno femminile nella rivendicazione di nuove professioni, a partire da quelle infermieristiche a contatto coi soldati feriti e invalidi al fronte e nel fronte interno -costante è la presenza di inserti centrali in “Vita Fraterna” nel nome di Florence Nightingale- sia nella battaglia per una scuola libera, “adatta al sentire del popolo”, che trova da qualche anno in Lombardo Radice, Gentile e Codignola i suoi principali teorici. Il superamento del positivismo è del resto un principio evidente nell’indirizzo della Libreria Editrice Milanese, sorta negli anni della rinascita idealistica e del modernismo espressosi a Milano con “Il Rinnovamento” (1907-1909), e che ha pubblicato testi come l’inchiesta di Paolo Arcari, La coscienza nazionale in Italia, 1911, due libri di Bernardino Varisco, Conosci te stesso, 1912 e I massimi sistemi, 1914, l’Autobiografia del modernista inglese George Tyrrell, 1915, nonché testi di autrici partecipi del modernismo italiano come Antonietta Giacomelli, Per la riscossa cristiana, 1912 e Sofia Vaggi Rebuschini, Novelle, 1913. È nell’ambito della Libreria Editrice Milanese e per opera della Rebuschini che è nata ed è cresciuta l’esperienza di “Voci amiche”, 1911-1916, mensile femminile che al momento cruciale della decisione nazionale sceglierà la via dell’intervento, su una linea com ...[continua]

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