In quanto uomo, non credo di sapere molto delle donne. Amarle significa cercare di conoscerle, ma non sempre i tentativi hanno buon esito. Il cosiddetto “mistero femminile” è del resto un vecchio e tipico tema della mentalità maschile. Leggere perciò, ora, un libro sulla mente femminile scritto da dieci donne su altrettante scrittrici permette di evitare ideologismi di segno opposto. Permette anche di capire che un luogo comune sulle donne, rifiutato in decenni di femminismo militante, può invece contenere una verità confermata da quanto hanno scritto alcune famose e meno famose intellettuali del secolo scorso. La natura nel pensiero femminile del Novecento, a cura di Isabella Adinolfi e Lucetta Scaraffia, riprende in modo nuovo e spesso sorprendente un tema usurato. Si parla di donne nel loro stretto rapporto con la natura, in opposizione alla cultura maschile. Non si tratta né di una moda né di un misticismo ingiustificato. Comunque, la cosa certa è che ora l’intellettualità femminile, o femminismo teorico, si sta impegnando nell’elaborazione di una diversa idea della donna molto concretamente documentata. L’attualità di una tale revisione critica è anche dovuta al fatto che ormai ignorare la natura e sottovalutare la sensibilità empatica con i suoi fenomeni è diventato un grave peccato della cultura umana, soprattutto maschile e occidentale. Dobbiamo tutti imparare a cambiare la nostra vita, la nostra politica e le nostre filosofie del progresso tecnico-economico, ascoltando le ammonizioni che ci vengono dai fenomeni naturali, ambientali e climatici.
Il libro di Adinolfi e Scaraffia raccoglie e introduce dieci studi di diverse autrici su intellettuali del Novecento, per le quali il rapporto personale diretto con il mondo naturale è stato al centro delle loro esperienze emotive, attive e creative. La presenza dei fenomeni naturali, atmosferici, vegetali e animali ha ispirato e nutrito in vario modo il loro senso della vita. Mentre per la cultura maschile storicamente dominante il rapporto con la natura era caratterizzato dall’impulso all’appropriazione, al dominio, al controllo strumentale e distruttivo, nell’esperienza femminile, storicamente rimossa e svalutata, la natura è stata invece vissuta come inesauribile creazione, difesa e cura di tutto ciò che vive.
Un posto centrale nel libro è quello occupato, mi sembra, dall’ampio saggio di Adinolfi nel quale è valutato e approfondito il genio filosofico, morale, politico e mistico di Simone Weil, che in passato non era stato abbastanza riconosciuto e presente nella cultura del femminismo. Può sorprendere, poi, l’amore per la natura di Rosa Luxemburg, protagonista del marxismo rivoluzionario (ma non leninista) di primo Novecento e non meno illuminante è il capitolo dedicato agli animali nella narrativa di Elsa Morante: “esseri animali” mai secondari rispetto agli esseri umani, del cui destino sembrano testimoni e custodi.
Altri saggi riguardano la poesia di Zinaida Gippius e di Sylvia Plath, l’opera letteraria di Colette, di Mary Webb, di Anna Maria Ortese, e i diari o le lettere di Etty Hillesum e di Cristina Campo, in rapporto epistolare con Maria Zambrano. Nella loro prefazione le due curatrici del volume ricordano che “molte femministe, soprattutto in passato, hanno criticato l’idea che esista una realtà femminile più naturale, considerandola un pregiudizio che imprigiona le donne nel loro destino materno. L’unico modo per uscire da questa gabbia era per loro negarla, per far accedere le donne alla sfera culturale, farle parlare, renderle capaci di utilizzare un linguaggio che permetta loro di interpretare la società, di discutere sul mondo”.
Ora i saggi di questo libro mostrano che ci sono state grandi intellettuali che hanno fondato una nuova e diversa cultura proprio dando voce al loro personale rapporto con la natura, ricavando da questo legame fisico, emotivo e mentale una critica radicale della società e di una cultura maschile ciecamente antropocentrica, che ha creduto di poter mettere la natura al servizio dei desideri, degli istinti e dei progetti umani. L’esperienza femminile della natura ha dato, proprio culturalmente, chiari segni che si può, si deve capire quali effetti disastrosi la cultura antinaturale maschile ha avuto nel destino dell’umanità, ormai alle soglie di una possibile catastrofe storica.
Oggi la barbarica invasione delle tecnologie nella vita mentale e nei comportamenti sociali, in aggiunta all’ossessione di una ...[continua]

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