Da questo mese è sfogliabile sul sito bibliotecaginobianco.it “Iniziativa democratica”, settimanale di orientamento politico, come recita il sottotitolo: formato giornale, quattro pagine, per un totale di sette numeri, usciti tra il novembre 1951 e il febbraio 1952. Una presenza minima, si potrebbe pensare, e invece no: un punto decisivo di passaggio nella storia della sinistra giovanile democratica cristiana e poi dell’intera Dc se è vero che il nome -Iniziativa democratica- passerà poi alla corrente che a Napoli, giugno 1954, conquisterà la maggioranza dei voti e dei delegati al V congresso nazionale, avviando, nel bene e nel male, una nuova fase -postdegasperiana- del partito di governo.
La collezione del giornale mi fu donata tanti anni fa, insieme ad altre carte e documenti, da Franco Egisto Pecci, diretto protagonista di quell’avventura che consentì a un gruppo di giovani di superare un momento davvero critico: l’abbandono della politica -estate 1951- da parte di Giuseppe Dossetti, fino ad allora leader e riferimento sicuro per la sinistra Dc. Quelle carte mi consentirono di narrare in un libro: La terza generazione.
Da Dossetti a De Gasperi tra Stato e rivoluzione, una storia complessa, variegata e a tratti affascinante. Vorrei oggi quindi ricordare la figura di Pecci, meno nota di altri suoi compagni d’avventura, come esempio di un intellettuale vero e importante, laico nell’analisi e conscio del proprio difficile tempo storico. Con altri due giovani amici bolognesi, Giovanni Galloni e Achille Ardigò, Pecci fu la mente organizzatrice, per cinque anni consecutivi, tra 1947 e 1951, dei “Convegni di Faenza”, momento d’incontro nella “isola bianca” romagnola dei giovani Dc del centro-nord, inizialmente in minoranza in delegazione nazionale rispetto ai moderati del centro-sud guidati da Giulio Andreotti. La partecipazione alla Resistenza e l’esperienza sofferta e crudele dell’occupazione nazifascista al nord faceva, a ben vedere, la sostanziale differenza tra quei giovani del nord rispetto a quelli del centro-sud.
La foto del primo incontro di Faenza ci mostra i tre bolognesi: Pecci, 20 anni, Ardigò, 26 anni, Galloni, 20 anni, e con loro il genovese Gianni Baget Bozzo, 22 anni, giovanissimi, ma che hanno tutti, solo tre anni prima, vissuto attivamente la Resistenza nel bolognese o a Genova. Nel corso di quei cinque anni, tra ’47 e ’51, quei giovani si affermeranno: Galloni e Baget avranno incarichi centrali nei “Gruppi giovanili” Dc, animandone la formazione e la stampa, con una rivista, “Per l’Azione” di grande spessore culturale e influente nel dibattito giovanile, mentre Ardigò sarà eletto consigliere nazionale Dc al congresso di Venezia, giugno 1949. Baget Bozzo sarà una delle firme di punta di “Cronache Sociali”, la rivista del gruppo attorno a Giuseppe Dossetti, ma compilerà anche le cronache internazionali su “Civitas”, rivista diretta da Paolo Emilio Taviani, su posizioni più nettamente degasperiane e “atlantiche”. Con l’avvento della segreteria Gonella-Dossetti, aprile 1950, Baget Bozzo diverrà un collaboratore diretto all’ufficio formazione della Dc. Diverso, ma complementare, il percorso di Franco Pecci, giornalista portato alla riflessione storica, rimasto a Bologna ma sempre in contatto con i primi. Si può dire che è grazie anche, e forse soprattutto, a questi giovani se l’abbandono della politica decisa da Dossetti, a seguito della crisi del luglio ’51, non causerà uno sfondamento da destra per un partito che fino allora aveva saputo contenere e neutralizzare tali spinte al proprio interno. Nel distogliersi personalmente dalla politica Dossetti, deluso e “tradito” da Fanfani che aveva accettato un ministero nel governo ove permaneva l’antagonista e liberista Pella, aveva raccomandato agli amici che intendevano rimanervi un’azione coordinata di aiuto a De Gasperi con esponenti moderati ma affidabili come Rumor e Taviani. Tra una prima riunione convocata da Dossetti al castello matildico di Rossena, 4-5 agosto ’51, ancora interlocutoria, e la seconda, e decisiva, sempre a Rossena, ai primi di settembre, sarà Pecci che capirà per primo, in un incontro a due con Dossetti il 20 agosto, che il leader era davvero deciso a lasciare: scatterà allora l’operazione che porterà a una vasta serie di incontri, a partire da settembre ’51 e fino a gennaio ’52, annotati da Pecci e Ardigò, alcuni dei quali in casa di Aldo Moro, atti a gestire “da sinistra” la nuova geografia postdossettiana del partito, appoggiando De Gasperi contro le lusinghe e le spinte conservatrici e agrarie dall’interno e monarchiche dall’esterno. Una fase in cui “Iniziativa democratica”, ampiamente distribuita sulla base dell’indirizzario di “Cronache Sociali”, svolgerà il ruolo di raccordo specie negli ambienti giovanili e sociali, sindacali e aclisti. Il 1952 sarà un anno difficile, tra guerra in Corea, timori per l’avvenuta avanzata comunista alle amministrative ’51 e ora per quella anche delle destre a Roma e nel centro-sud. Tra l’esigenza comprensibile di uno “Stato forte”, legalmente e amministrativamente, e la possibile apertura politica a forze di destra il confine era stretto. I giovani che avevano voluto “Iniziativa democratica” si videro chiudere il loro giornale dal segretario Guido Gonella, che volle cancellare ogni voce “di corrente” a favore di un unico settimanale di partito: “Libertas”, in vista di un congresso “unitario”, a Roma, novembre ’52, che si rivelerà poi molto grigio. In questo i giovani si sentirono traditi dai loro alleati, Rumor e Taviani, non più “garanti” verso la segreteria nazionale. Si impegneranno poi a fondo in quella che sentiranno come la loro battaglia: la scelta maggioritaria del 7 giugno ’53, che avrebbe garantito governabilità a un’alleanza democratica di centro, stretta altrimenti da una tenaglia tra destra e sinistra, entrambe crescenti e, all’epoca, viste ancora come “anti-sistema”. Troveranno il loro vero punto di riferimento in De Gasperi, impedito dagli alleati centristi a tornare al governo e ne capiranno il fondo liberaldemocratico e di convinto europeista. E ricostituiranno l’alleanza con gli “adulti” moderati al fine di portarlo alla segreteria della Dc nel settembre ’53, in dispetto alle destre interne. Nel contempo -era l’epoca del governo Pella- mediteranno di continuare e radicalizzare la battaglia, trovando, nel corso del 1953, altri alleati in Vanoni e Mattei, uomini della Resistenza che valorizzeranno il nucleo milanese di quella che sarà “La Base”, sia come testata quindicinale a partire dal novembre ’53, e poi, in vista del congresso nazionale di Napoli, fine giugno ’54, divenuta vera e propria corrente pro “apertura a sinistra”. Per dirigere il nuovo giornale, per evidenziare continuità con “Cronache Sociali” e “Iniziativa democratica” verranno interpellati tre ex dossettiani: Baget Bozzo, Ardigò e Galloni. E Galloni, indicato dagli altri due, ne diverrà di fatto il direttore editoriale. Pecci da Bologna collaborerà a “La Base” e anche ai collegati “Quaderni di studi politici”, con i più recenti acquisti del partito e dei gruppi giovanili, tra i quali spiccano Luigi Granelli e il gruppo bergamasco di Giuseppe Chiarante, Lucio Magri e Carlo Leidi, ma anche Luigi Faleschini, trait d’union con Enrico Mattei. Scomparso improvvisamente De Gasperi, il nuovo segretario Amintore Fanfani, vero leader, seppur coperto in una prima fase, della supercorrente Iniziativa democratica, vincitrice a Napoli, manifesterà subito una volontà dirigistica, escludente dalla direzione gli ex popolari e repressiva verso le spinte a sinistra dei giovani, alcuni dei quali approderanno per gradi nel Pci.
Dal 1954, anno di grandi mutazioni, si apriranno, non senza difficoltà, varie strade per giovani come Franco Pecci, attenti ai rapporti tra storia, politica e cultura. Il contatto non sarà mai dismesso da Pecci con Ardigò e Baget Bozzo, con gli esperimenti e le ricerche di Felice Balbo e Giorgio Sebregondi, i primi convegni del Mulino, i contatti con le scuole di preparazione e servizio sociale (Cepas e Siss), la Svimez e la Olivetti, i corsi di formazione politica Dc alla Camilluccia, il Segretariato della Gioventù. Pecci diverrà poi un apprezzato giornalista televisivo.
Un progetto che non ebbe seguito sarà da parte di Pecci il tentativo di fondare a Bologna, primi anni Sessanta, un centro studi sulle trasformazioni del comunismo, coinvolgendo, con Ardigò e altri studiosi presenti nella città e Università felsinea, Augusto Del Noce, distaccato dal Ministero dell’Istruzione presso il Centro di documentazione fondato da Dossetti. Erano gli anni di preparazione de: Il problema dell’ateismo, l’opera maggiore di Del Noce, che non rientrava però negli interessi di Dossetti, divenuto sacerdote nel ’59 e all’epoca coinvolto nel clima del Concilio Vaticano II: un rapporto tra i due che non funzionò come alcuni anni prima quello tra Dossetti e Felice Balbo, auspicato da Baget Bozzo e dallo stesso Pecci. Del Noce aveva steso un manifesto culturale per il progetto bolognese, anticipatorio delle sue tesi su secolarismo e marxismo. Rimasto inedito e da me custodito, in omaggio a Pecci che l’aveva sollecitato, è ora pubblicato nel libro di un amico: L. Lanna, Attraversare la modernità. Il pensiero inattuale di Augusto Del Noce.     
Solo recentemente, coinvolto in un’iniziativa per il 70° della scomparsa di De Gasperi, ho avuto modo di leggere il lungo saggio dedicato da Franco Pecci allo statista trentino a pochi mesi dalla sua morte -in buona compagnia: Adenauer, Schuman, Taviani, Bachelet… : F. Pecci, De Gasperi nella lotta politica italiana, “Civitas”, dicembre 1954- e l’ho trovato esemplare per lucidità e senso storico da parte di un giovane ventisettenne che stava vivendo quel tempo fondativo della Repubblica. Andrebbe ripubblicato. E si scoprirebbe, con un solido saggista, un De Gasperi vero, per chi non lo conosce.