Emilio Molinari è presidente del Comitato italiano del Contratto mondiale dell’acqua.

Come nasce e cos’è il Contratto Mondiale dell’Acqua?
Il movimento nasce a Lisbona nel 1998, da un appello di intellettuali e di alcune personalità politiche. Elemento di cerniera di questo gruppo è Riccardo Petrella, docente dell’Università di Lovanio; ci sono fra loro Mario Soares, ex presidente del Portogallo, Danielle Mitterrand, e collaboratori di Le Monde Diplomatique.
Il Contratto Mondiale parte da due capisaldi della verifica sulla questione dell’acqua del pianeta, che poi hanno trovato conferma nei nove anni successivi.
Il primo è che l’acqua si sta pericolosamente riducendo a causa dei modelli produttivi e degli usi che ne fanno gli abitanti della Terra: ce ne sarebbe a sufficienza per tutti se fosse usata equamente e razionalmente, ma gli attuali modelli di consumo portano inevitabilmente al rischio di esaurimento. L’inquinamento inoltre contribuisce a rendere sempre più rara l’acqua di cui potremmo disporre.
Il secondo è che le grandi corporation, i grandi poteri economici del mondo (quelli energetici, dell’alimentazione, delle costruzioni) pensano che l’acqua debba essere mercificata al pari del petrolio.
Siamo di fronte a fenomeni di dimensione epocale: la fine del petrolio produrrebbe già problemi non indifferenti rispetto allo sviluppo produttivo; se poi venisse a mancare l’acqua sarebbe tracciata una linea di demarcazione tra la vita e la morte per parecchie persone. Pensando al ruolo che il petrolio ha spesso giocato nel delineare le linee e i confini dei conflitti, possiamo facilmente immaginare quali guerre scatenerebbe il venir meno dell’acqua. Inoltre il livello del prezzo dell’acqua può creare grandi discriminazioni nell’accesso al suo uso/godimento/fruizione.
Oggi questa dimensione politica del problema è più che mai evidente. Nel 1998 la percezione non era ancora questa, ma il movimento con lungimiranza nacque per elaborare iniziative legislative adeguate affinché l’acqua fosse consacrata dal punto di vista nazionale ed internazionale come “diritto umano” e “bene comune”.
Queste due definizioni non sono presenti in nessuna dichiarazione universale dei diritti umani, neppure in quella delle Nazioni Unite; e nessuno aveva mai usato il termine di “bene comune”, inteso come proprietà inalienabile della comunità umana.
Queste riflessioni sono alla base della nascita del Contratto Mondiale dell’Acqua. Tra il ’98 e il 2000 si costituiscono sezioni in diversi paesi: Canada, Stati Uniti, Francia, Belgio, Italia (la sezione italiana nasce tra la fine del ’99 e l’inizio del 2000 a Milano), Marocco e Colombia.
All’origine non si tratta di iniziative politiche, bensì culturali messe in atto da parte di persone sensibilizzate, intellettuali, personalità legate al mondo universitario, alla politica e ai sindacati. E’ un movimento di opinione con finalità educative. Lo scopo è documentare, dare valutazioni culturali e politiche, discutere sulle implicazioni strategiche che emergono dalle riflessioni; parliamo di un gruppo di esperti che interviene nell’informazione, nell’educazione, nella formazione; si organizzano convegni, seminari, dibattiti in varie sedi: scuole, università, anche iniziative promosse dalle istituzioni, come i consigli comunali.
Penso che il percorso sia stato simile in tutte le parti del mondo. In seguito alla crescente sensibilizzazione, e man mano che le dimensioni del problema si sono manifestate nella loro concretezza, si è capito bene quali fossero le conseguenze della mercificazione dell’acqua.
Puoi fare qualche esempio?
Nel 2002 scoppia la rivolta di Cochabamba: in Bolivia la popolazione di un’intera città insorge di fronte alla decisione della Bechtel (una multinazionale americana) di decuplicare i prezzi dell’acqua, non solo quella potabile, ma anche quella per irrigare i campi (i contadini attingono alla falda controllata dalla Bechtel), per lavarsi, per cucinare; vengono privatizzate persino le cisterne di acqua piovana. Lo scoppio d’ira dura circa un mese: ci sono interventi militari, il vescovo scende in campo e si forma una dirigenza politica della sommossa. Risultato: la Bechtel non solo ritira i suoi provvedimenti, ma decide di sospendere tutta l’attività.
Qui nasce un’ulteriore considerazione rispetto al concetto di “bene comune”; vi è una spinta verso l’esercizio di una vera democrazia. Ci si chiede: chi deve governare l’acqua? Dovrebbe essere com ...[continua]

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