A marzo, a Istanbul, si è tenuto il quinto Forum mondiale dell’acqua. Possiamo fare il punto sulla situazione?
Il Forum mondiale dell’acqua si tiene ogni tre anni ed è organizzato dal Consiglio mondiale dell’acqua. Ora, sono tutti convinti che questo sia un Forum istituzionale, cioè organizzato da un organismo internazionale, come le Nazioni Unite, in realtà non è affatto così. Per quanto partecipino anche alcune Ong, amministratori locali e governi, si tratta di un’agenzia privata che vede coinvolte alcune multinazionali con un ruolo centrale e che quindi si muove prevalentemente secondo logiche commerciali e liberiste. Basti ricordare che il presidente del Consiglio mondiale dell’acqua è Louis Fauchon, che è anche presidente della Société des Eaux de Marseille, una società per azioni costituita dalle due multinazionali dell’acqua francesi, Veolia Environnement e Suez Environnement. Insomma parliamo di un evento indetto sostanzialmente dalle multinazionali, con un avallo delle Nazioni Unite, al quale partecipano governi, istituzioni accademiche e finanziarie, come la Banca Mondiale, eccetera.
Oggi la grande partita riguarda l’intenzione, peraltro manifestata palesemente, delle grandi multinazionali (non solo quelle dell’acqua) di mercificare l’acqua, ovvero quotarla in borsa e darle un valore di mercato. Non mi riferisco solo a quella che sgorga dai rubinetti, l’acqua potabile o l’acqua delle sorgenti che si mette in bottiglia. No, qui si parla dell’acqua dell’intero pianeta. E’ un po’ questo il disegno delle grandi multinazionali e non è nuovo e si va rafforzando. Principalmente per due motivi, uno che l’emergenza acqua è stata di fatto soppiantata dalla preoccupazione per il riscaldamento globale; due, perché, proprio in base alle preoccupazioni per il clima, sempre più l’attenzione viene prestata su quelle fonti alternative come l’idroelettrico e il biocombustibile che però hanno bisogno di moltissima acqua! E l’acqua non è una risorsa rinnovabile.
Per tutte queste ragioni il controllo degli invasi del pianeta sta diventando uno snodo cruciale.
Negli ultimi dieci anni noi ci siamo dedicati all’aspetto più macroscopico, che era quello della privatizzazione nella forma con la quale la mercificazione entrava nella casa del cittadino. La privatizzazione del suo rubinetto, dell’acqua potabile, oppure denunciando il fatto che il diritto a bere è ormai delegato ad una bottiglia di plastica il cui valore è ormai mille volte superiore a quello dell’acqua che sgorga dal rubinetto. Avevamo contestato queste pratiche ottenendo dei risultati anche a livello mediatico e della sensibilità comune.
Ora però la situazione sta cambiando, e non in meglio.
Voi avete portato al Forum principalmente due istanze, puoi raccontare?
Per noi l’obiettivo era riuscire a portare due contenuti: il primo era il riconoscimento dell’acqua come diritto umano. Il secondo obiettivo era far sì che questo fosse l’ultimo Forum mondiale indetto dal Consiglio mondiale, cioè dalle multinazionali, e che il prossimo fosse delegato alle Nazioni Unite.
Evidentemente questi due contenuti sono legati intimamente alla questione della privatizzazione, perché diritto e privatizzazione, diritto e mercificazione fanno a pugni.
Per promuovere questa doppia battaglia c’era anche l’idea di coinvolgere i governi che si erano già pronunciati contro le privatizzazioni - all’interno del Forum- come elementi di punta di una battaglia nelle istituzioni per il diritto umano.
Tra questi governi non c’è ovviamente l’Italia. Dopo le ultimi leggi sulla privatizzazione dell’acqua nei comuni, beh, possiamo dire che il nostro è un paese perso per questa battaglia, perché di fatto si è alleato con le multinazionali; e lo si è visto anche in Europa.
Alla vigilia del Forum mondiale dell’acqua, era stato designato un rapporteur, una signora portoghese che aveva già raccolto tutte le motivazioni per arrivare a dire che l’acqua è un diritto umano. La sua relazione è stata però rinviata di tre anni lasciando così carta bianca al Forum Mondiale e dunque alle multinazionali.
Già nel 2008, a Davos, dove si riuniscono i potenti della terra, si era formata una lobby vera e propria di chi è interessato al destino dell’acqua, costituita da cinque, sei multinazionali. Oltre alle francesi che ho già citato, c’è Nestlé, che è la capofila, poi ci sono Coca Cola, Pepsi Cola, ...[continua]
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