Carlo Tagliacozzo, torinese, è animatore del network zeitun.ning.com.

Com’è nata l’idea di andare a Gaza?
Quest’idea è nata dal fatto che, purtroppo, da un paio d’anni, da quando ci sono state le elezioni democratiche a Gaza con la vittoria di Hamas, la reazione di Israele, degli Stati Uniti, dell’Europa, è stata di non riconoscere la validità del voto, di non considerare Hamas come un interlocutore, rifiutando ogni  contatto con Hamas e quindi con Gaza.
Questo ha avuto come conseguenza una politica di embargo, di sanzioni e di chiusura da tutti i punti di vista, nel senso che nonostante che nel 2005 Israele abbia "abbandonato” le colonie di Gaza e che quindi formalmente non esista più un cittadino israeliano sul suolo di Gaza, Israele ne controlla tutti i confini, via terra, via mare e via aerea.
Così la striscia di Gaza, che contiene un milione e mezzo di persone, si trova a essere una prigione a cielo aperto. Israele fa passare con il contagocce alcuni aiuti umanitari, portati dalla comunità internazionale, soprattutto dall’Onu, e in questo è coadiuvata dall’Egitto, che apre a singhiozzo il valico di Rafah, l’unico presente sul confine egiziano -tutti gli altri sono in comunicazione col territorio israeliano.
E’ seguito un movimento di protesta internazionale, da parte delle associazioni per i diritti umani, da parte del movimento che sostiene la causa del popolo palestinese e che si batte contro l’occupazione, per la cessazione dell’assedio e dell’embargo su Gaza, perché ha chiaramente preso le sembianze di una punizione collettiva nei confronti della popolazione, rea di aver dato il consenso e il potere ad Hamas.
Questa situazione insostenibile ha fatto nascere, nel movimento di solidarietà internazionale, la volontà di rompere l’assedio.
C’erano già stati dei tentativi, mi riferisco ai viaggi di Free Gaza, imbarcazioni che partivano da Cipro e arrivavano a Gaza navigando esclusivamente in acque internazionali. Jeff Halper e Amira Haas erano entrati a Gaza per questa via.
Le spedizioni successive tuttavia erano fallite. L’ultima è stata quella dell’estate scorsa, quando un’imbarcazione Free Gaza è stata abbordata e dirottata su un porto israeliano e i componenti sono stati arrestati per ingresso illegale in Israele: una storia incredibile!
Ecco, con la Gaza Freedom March si pensava invece di entrare a Gaza tramite il valico di Rafah, e questo comportava il prendere accordi con il governo egiziano.
Chi ha organizzato la Gaza Freedom March?
Soprattutto è stata un’organizzazione statunitense, Codepink, un’associazione di donne pacifiste, che si vestono di rosa, e che hanno fatto varie azioni in America contro la guerra, anche strane come quando Codepink ha pagato un sacco di soldi per partecipare a un party dove c’era Bush per poi andargli vicino a urlargli che era un criminale di guerra.
Dopo il massacro di Gaza dell’anno scorso, in gennaio, alcune associazioni hanno portato degli aiuti, e fra queste Codepink, che, nel maggio dell’anno scorso, è anche riuscita a far entrare una delegazione di una settantina di statunitensi, portando materiale didattico o di gioco per i bambini e un parco giochi.
Pare abbiano creato una certa pressione -soprattuto sembra che abbiano avuto rapporti con la moglie di Mubarak. Certo si sono fatte un’esperienza di che cosa significava andare a Gaza attraverso il valico di Rafah.
A partire dalla fine dell’estate si sono messe a lavorare concretamente alla realizzazione di questa Gaza Freedom March, dandole un significato diverso da quello che avevano fatto in maggio. Cioè la società civile internazionale, autonomamente, dal basso, in prima persona, doveva mobilitarsi e entrare a Gaza per rompere l’assedio, affermando il diritto di Gaza a essere libera e rivendicando il rispetto dei diritti umani, con un implicito riferimento sia a Israele che ad Hamas.
Su questa base è partita l’organizzazione che ha visto la partecipazione di attivisti internazionali di ben 43 paesi, da Europa, Australia, America e Africa, perché c’erano anche i sudafricani...
L’adesione era libera?
L’adesione è stata totalmente libera; le associazioni hanno deciso autonomamente di aderire e di partecipare. Poi dopo, una volta aderito, si discutevano le modalità di partecipazione, le prenotazioni per l’albergo, i viaggi, i pullman, i documenti, tutte queste cose...
Dobbiamo sapere che a Gaza non c’è solo Hamas, ci sono una serie di associazioni laiche, civili, Ong che l ...[continua]

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