Come sindacalista, hai seguito per qualche anno i lavoratori napoletani impiegati nei cosiddetti impianti Cdr. Come si è arrivati alla drammatica situazione odierna?
Tutto parte dal fatto che nel 2001, così come imposto dalla Comunità europea, le discariche sono state dichiarate fuori legge.Ora, nel momento in cui si chiudono le discariche, in assenza totale di un ciclo integrato di smaltimento dei rifiuti, praticamente l’emergenza è scritta nei fatti. Se non posso più scaricare in discarica e non ho gli impianti di smaltimento, viene da sé: dove si mette l’immondizia?Questa è la genesi del problema. Ora però bisognerebbe indagare -lo sta facendo per molti versi la magistratura- su come si è potuti arrivare allo scempio attuale: oggi sul territorio della regione Campania sono stoccate circa dieci milioni di ecoballe, che sono quelle capsule di immondizia compressa e imballata in pellicola di cellophane.La prima cosa da dire è che questa immondizia in origine non doveva essere indifferenziata, perché quelle erano le vere capsule di Cdr, un acronimo che sta per "combustibile da rifiuto”.In Campania abbiamo sette impianti di Cdr che ci invidiano da tutte le parti d’Europa. Questi impianti, una volta separata la parte organica, avrebbero dovuto produrre capsule di carburante derivato appunto dalla selezione dei rifiuti. Un vero processo industriale. Anche per questo i lavoratori che seguivamo avevano un contratto metalmeccanico. Se fatta bene, la capsula del Cdr risulta composta di rifiuto secco, non c’è materiale organico, quindi non c’è tasso di umidità, insomma, potenzialmente il Cdr, in quel progetto di ciclo integrato dei rifiuti, è il vero cuore dello smaltimento.Ora, gli impianti di Cdr, anziché essere utilizzati per svolgere la loro funzione, cioè produrre combustibile da rifiuto da bruciare in inceneritori, ma anche alimentare cementifici, o addirittura navi, sono stati usati come discariche per ridurre quanto più possibile il volume dei rifiuti, perché non c’era spazio dove stoccarli. E non c’era più spazio dove stoccarli perché invece di puntare sulla riduzione dei volumi del rifiuto, magari con la limitazione di produzione di imballaggi, sul riutilizzo, sul riciclo, sulla differenziazione, si è preferito realizzare inceneritori dai quali produrre reddito e ricchezza sfruttando il Cip 6, il famoso contributo per le fonti rinnovabili che viene dato anche agli inceneritori. Per questo ora li chiamano termovalorizzatori, un artifizio semantico per poter attribuire a questi inceneritori il contributo per le energie rinnovabili.Questo è il tema. Poi c’è evidentemente quello degli interessi. Una volta la malavita produceva reddito con le discariche abusive o con la gestione, sotto mentite spoglie, delle discariche private convenzionate con il pubblico. La messa fuori legge delle discariche ha reso loro la vita più difficile. Ma ci sono anche altri interessi coinvolti, come quelli di chi ha preferito stoccare le balle sul territorio aspettando che si facesse l’inceneritore. Quei dieci milioni di ecoballe stoccati sul territorio sono stati quotati in borsa, cioè sono soldi. Parliamo di circa un miliardo di euro!
Tu dici che gli impianti di compostaggio sarebbero la vera chiave di volta...
Questa è una cosa attualissima. Se davvero si volesse risolvere il problema, basterebbe un’operazione semplice: promuovere una raccolta differenziata spinta su tutto il territorio e riattivare gli impianti industriali, in modo tale che facciano veramente la separazione del secco dall’organico. Oggi la regione Campania registra il 14-15% di differenziata, anche se ci sono punte di eccellenza che arrivano al 75%.Il fatto è che la legge è contraddittoria: da una parte prevede la raccolta differenziata e dà un limite minimo (il 50%) oltre il quale potrebbe scattare il commissariamento; dall’altra realizza gli inceneritori e non impone l’installazione di impianti di compostaggio, che costano pochissimo, si realizzano in poco tempo e non hanno alcun tipo di impatto ambientale.
L’impianto di compostaggio è uno scatolone ermeticamente chiuso (per non fare uscire i cattivi odori), con insufflaggio di aria dal basso e rivoltamento della materia organica; dopo trenta giorni questa materia è stabilizzata, cioè diventa inerte. È un impiantino che si potrebbe fare -anzi già si fa- dovunque ci sia un giardino: si fa la compostiera, un bidoncino dove si mette il rifiuto organico ...[continua]
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