Molti politologi concordano nel sostenere che la modalità organizzativa più adatta ai nostri tempi è quella della rete, cioè, sostanzialmente, la modalità organizzativa caratteristica degli anarchici…
E’ vero, di fatto il movimento anarchico è una grande famiglia, una comunità: puoi partire con un paio di indirizzi e viaggiare in tutto il mondo trovando da dormire, da chiacchierare, da mangiare, presso dei compagni, il tutto solo perché vieni dal tale gruppo anarchico, perché sei amico di amici. In un lavoro recente si sostiene, a proposito degli anarchici di Pietroburgo nel 1919, che "gli anarchici hanno la loro socializzazione", forse la parola socializzazione non è del tutto giusta, tuttavia questa comunità, questo milieu che non è solo politico e non è solo amicale, fra gli anarchici lo ritrovi dappertutto. Non a caso, appena sei con dei compagni ti senti a casa, anche se sei lontanissimo da casa tua. Questo non vuol dire che anche fra gli anarchici non esistano delle preclusioni: oggi, in tutto il mondo, la maggioranza degli anarchici si riconosce, pur con infinite sfumature e accentuazioni, nella tendenza comunista-collettivista e in modalità organizzative molto fluide. Per questo non è raro che fra chi viene a consultare la biblioteca del Cira, in cui cerchiamo di raccogliere tutto quanto gli anarchici delle varie tendenze pubblicano, ci sia qualcuno che si stupisce di trovarvi anche pubblicazioni individualiste, o della tendenza definita "ultraorganizzatrice", o degli anarco-cristiani.
Ferdinand Tonnies, un sociologo tedesco della fine dell’Ottocento, teorizzava che i modi dell’aggregazione umana sono essenzialmente due: la società e la comunità. La società è una cosa larga, vasta, grande, in cui è difficile conoscersi e condividere delle cose, mentre nella comunità, che è più ristretta della società, la conoscenza diretta è più diffusa -e comunque, anche se io non ti conosco direttamente, conosco però lui che conosce te-, ci sono degli elementi condivisi, un patrimonio comune. Così, per esempio, possiamo parlare della Spagna, di Bakunin o dell’idea del mutuo appoggio, e non dobbiamo sempre chiarirci vicendevolmente le questioni di fondo.
Un caso paradigmatico di questa modalità reticolare e cosmopolita di organizzarsi è stato Louis Mercier Vega, che nel secondo dopoguerra contribuì alla riorganizzazione del movimento anarchico in Francia e in Belgio...
Il caso di Mercier Vega è sicuramente emblematico e per me, che ho avuto la fortuna di conoscerlo, è stato importantissimo. E’ stato lui che, dopo la festa e l’esaltazione del ’68, mi ha spinta alla razionalità, allo studio, a una militanza più classica, senza che questo dovesse significare perdere le dimensioni un po’ folli, un po’ situazioniste, che erano emerse in quell’anno. Oltretutto questa scoperta della dimensione "seria" è andata di pari passo con la scoperta di Mercier come persona, che viveva sotto pseudonimo e non raccontava molto volentieri la sua vita avventurosissima. Il suo vero nome era Charles Cortvrint, era di origine belga, ma già da giovanissimo cominciò a fare militanza in Francia, dove per vivere fece il manovale, lo sguattero, il facchino, il correttore di bozze. Allo scoppio della guerra di Spagna, il 19 luglio ’36, come molti altri decise di partire, ed il 29 luglio era già al lavoro per organizzare il gruppo internazionale della famosa Colonna Durruti, dove c’erano russi, baltici, tedeschi, francesi, belgi. Dei senza patria che avevano nell’anarchismo, nella rivoluzione, nella lotta, la loro patria vera, quella che si erano scelta. Mercier rimase in Spagna fino ad ottobre, quando avvenne la militarizzazione delle milizie -cioè l’inquadramento delle formazioni volontarie, che dipendevano dai partiti e dai sindacati, nell’esercito regolare repubblicano-, dopo la quale tornò clandestinamente in Francia. Lì, col nome di Charles Ridel, riprese la militanza anarchica facendo, fra l’altro, vari giri di conferenze a sostegno della Spagna rivoluzionaria. Sia in Spagna che in Francia -dove, per sfuggire alle dittature fasciste o a quella comunista, erano riparati molti libertari italiani, tedeschi, russi- ebbe modo di conoscere anarchici di tutto il mondo, fra cui l’operaio cesenate ...[continua]
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