Carlo Bellieni è neonatologo presso l’Università di Siena, fa parte del Comitato di Bioetica della Società Italiana di Pediatria e della European Society for Pediatric Research. Ha compiuto diversi studi sul tema dell’inquinamento ambientale negli ospedali e sulla sensorialità fetale. È autore di Una gravidanza Ecologica (Società editrice fiorentina, 2008), scritto con Nadia Marchettini.

Prof. Bellieni, perché è importante parlare di ecologia prenatale?
Svolgo da vent’anni la mia professione in un reparto neonatale dove mi occupo di assistenza, lotta al dolore e prevenzione dello stress. In questi anni è diventata sempre più frequente la sopravvivenza di piccoli prematuri nati poco dopo la metà della normale gravidanza.
Per questo possiamo studiare questi feti nati precocemente, accudirli e valutarne la fisiologia. Solo che lo facciamo "all’aperto”, in un’incubatrice, mentre sarebbero dovuti restare ancora per 2-3 mesi al riparo dell’utero. In pratica sostituiamo l’incubatrice all’utero: l’incubatrice però è certamente meno "sicura” dell’utero materno. Ma anche l’utero non è una cassaforte di protezione ermetica come spesso si è creduto, piuttosto è come un filtro e per questo oggi è importante parlare di ecologia prenatale.
Dentro l’utero arrivano al feto -attraverso il sangue materno- le sostanze che la mamma respira o mangia e, se queste sostanze sono pericolose, possono intaccare processi metabolici importanti. Quello che accade in condizioni di inquinamento è che la mamma inconsapevolmente fa da trasportatrice al feto di sostanze pericolose che fanno male prima a lei stessa e dopo di lei al feto che è paradossalmente più a rischio della madre, perché le sostanze che arrivano in un organismo all’alba del suo sviluppo lo trovano più fragile.
Quali sono i meccanismi e i percorsi biologici -oltre alla circolazione sanguigna- attraverso cui gli agenti nocivi possono arrivare al feto se questo non è a contatto diretto con l’ambiente?
Non bisogna dimenticare che oltre all’inquinamento chimico esiste quello da agenti fisici, come l’inquinamento acustico o da campi elettromagnetici.
Nel primo caso l’utero è una modesta barriera ai rumori che, se sono eccessivi, sono pericolosi per l’udito in sviluppo; nel caso dei campi elettromagnetici, l’utero non li blocca assolutamente e arrivano al feto in ragione della distanza dalla loro sorgente: ad esempio attenzione a chi vive in zone eccessivamente vicine a sorgenti elettriche quali ripetitori o alta tensione.
Dunque si può venir danneggiati da sostanze pericolose, anche se non si è ancora nati?
Proprio così. In particolare, esistono alcune categorie di sostanze che somigliano ai nostri ormoni; se queste sostanze arrivano al feto lo "ingannano”, facendogli sentire che essendo disponibili nell’ambiente non ha bisogno di produrli lui, mentre sono dei "falsi ormoni”, in inglese sono chiamati "endocrine disruptors”. E si è visto che il feto rallenta la propria produzione ormonale; pensa a quel che può accadere se questo "input” di sostanze esogene avviene quando il feto ha proprio bisogno di una produzione ormonale accurata per il suo sviluppo fisico e neurologico. L’esempio classico è la riduzione di volume dei testicoli fetali: ingerendo alcune di queste sostanze ingannatrici la donna rischia non solo per sé ma anche… di non diventare nonna!
Quali sono le principali sostanze pericolose che possono arrivare al feto?
Diciamo che sono tre categorie: i solventi (per esempio delle vernici), gli insetticidi e certi composti delle plastiche, di cui alcuni sono molto diffusi pur avendo un nome quasi sconosciuto e difficile: gli ftalati.
Poi ci sono i metalli pesanti, per esempio il mercurio (che può arrivare mangiando certi pesci vissuti in mari inquinati), il piombo (da certe vernici o vecchie tubature o dallo smog), ma è possibile anche l’arrivo al feto del cadmio e dell’arsenico provenienti dagli scarti di certe fabbriche o dalle batterie elettriche nel caso del cadmio, o dal legno truciolato nel caso dell’arsenico, dove può essere usato per prevenire le muffe.
I pericoli di contaminazione sono quindi principalmente legati all’alimentazione e all’ambiente?
La contaminazione diretta sì. Poi si potrebbe aprire l’ampio campo di come lo stesso stress materno influisce sul feto: sappiamo che la madre stressata, per esempio da un grave trauma, attraverso la produzione ormonale modificata dallo stress, manda segnali al feto e questi addirittura poss ...[continua]

Esegui il login per visualizzare il testo completo.

Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!