Carlo Rovelli, scienziato, fisico, scrittore, è reduce dal recente mese di novembre 2024 passato a Princeton (Usa) per tenere una serie di seminari in Filosofia della Scienza, in particolare su Fisica e Filosofia. Di passaggio a Verona, sua città di residenza, per il periodo natalizio, abbiamo chiacchierato intorno ad alcuni di questi seminari, che hanno interessato una platea formata perlopiù da filosofi americani (M.T.)

Com’è nato questo rapporto con Princeton? Com’è poi nata l’idea di fare questi seminari?
Ah, stai registrando! Allora devo parlare lentamente: sono lento a pensare. Credo sia andata così. Con Princeton ho un rapporto particolare: negli anni Novanta ho pubblicato dei lavori sull’interpretazione filosofica della meccanica quantistica, che inizialmente nessuno ha letto e a cui nessuno ha prestato attenzione. Poi un filosofo di Princeton molto importante, Bas van Fraassen, tenne a Princeton una lezione sulle mie idee. Da allora credo sia rimasto lì un ricordo particolarmente favorevole. L’anno scorso mi ha scritto un giovane professore di filosofia invitandomi a passare un mese nel loro dipartimento per tenere questi seminari; trent’anni prima lui era stato un mio studente in un corso di relatività generale, quando insegnavo a Pittsburgh. Ciascuno dei seminari è durato tre ore, con discussioni lunghe, vivaci, e molto divertenti, da cui ho imparato moltissimo.
Negli appunti di uno dei primi seminari che mi hai gentilmente girato sostieni questa tesi “…spazio e tempo sono nozioni approssimative in una dinamica quantistica che in generale non conosce né spazio né tempo”; puoi aiutarci a comprendere soprattutto articolando tale concetto in una platea filosofica?
Abbiamo tutti un’idea intuitiva di cosa sia lo spazio e un’idea intuitiva di cosa sia il tempo. Ci sono dei filosofi che sostengono che non possiamo comprendere il mondo se non usando queste idee intuitive di spazio e tempo. Ritengo che si sbaglino. Queste idee di spazio e tempo si sono formate nella nostra esperienza quotidiana, ma la nostra esperienza quotidiana è limitata: noi siamo capaci di cambiare i concetti che usiamo per descrivere il mondo quando impariamo cose nuove e abbiamo esperienze nuove. Quello di cui ho parlato nelle lezioni a Princeton riguarda proprio il fatto che possiamo cambiare il modo in cui pensiamo la spazialità e la temporalità, per adattarlo a quanto abbiamo imparato con la fisica contemporanea, in particolare con la rivoluzione di Einstein.
Tu ti sei occupato spesso nei tuoi studi del tempo, per esempio, nel libro L’ordine del Tempo. Il seminario dedicato specificatamente a tale concetto risulta organizzato in tre parti. La prima in cui sostieni che “la temporalità è una fenomenologia complessa composta da distinti strati… ed è assente nella gravità quantistica”, la seconda in cui discuti l’intuizione che il tempo “scorre” in una direzione e la terza in cui discuti cosa intendiamo quando diciamo che il futuro è aperto. Con le dovute inevitabili differenze mi è venuto in mente quanto sostiene sant’Agostino nel IX libro delle Confessioni, laddove ci racconta che il tempo ha caratteristiche molto ambigue, perché non appena lo guardiamo da vicino ci sfugge...
Penso che Agostino sia stato il primo ad avere questa intuizione, che è corretta. Per comprendere la nostra esperienza del tempo e della temporalità non dobbiamo guardare solo gli orologi o come le cose si muovono, ma dobbiamo piuttosto chiederci cosa fa il nostro cervello, cioè il nostro pensiero, rispetto al tempo. Agostino è stato un geniale iniziatore di questo punto di vista.
La sua intuizione è stata ripresa poi da molti filosofi, in particolare da Husserl. Agostino e il suo ragionare sul tempo hanno giocato un ruolo chiave anche per me, per capire cosa intendiamo quando parliamo di tempo.
Spesso facciamo l’errore di dimenticarci che la temporalità dipende molto da noi e dal modo in cui percepiamo il mondo. Facciamo l’errore di proiettare sulla natura qualcosa che invece dipende solo da noi. Siamo anche noi parti della natura ma ne siamo un pezzo molto particolare, che funziona in maniera particolare. Come funzioniamo rispetto al tempo? In due modi importanti, che Agostino ha messo in luce: uno è la memoria, vale a dire che noi adesso, in questo momento, abbiamo nel nostro cervello memoria di eventi passati. L’altro è che pensiamo sempre al futuro; il nostro cervello non fa altro che decidere cosa fare fra un secondo, fra un minuto, ...[continua]

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