Una Città282 / 2022
marzo


“Spesso distogliamo gli occhi dalla realtà ingrata per non turbare la nostra tranquillità d’animo,
ci sforziamo persino di non riflettere. Inventiamo molte scuse per convincerci che ciò che già sappiamo
non corrisponde al vero: ripetiamo a noi stessi che la gente è incline alle esagerazioni
e si lascia facilmente influenzare”
 Viktor Kravchenko
(tratto da Ho scelto la libertà, 1948)
marzo 2022

Avete già pronto il vostro righello?
È ora di sbarazzarsi delle idee della Guerra fredda
di Sheri Berman

Noi vi opporremo resistenza
Una lettera da Kyiv alla sinistra occidentale
di Taras Bilous

Fra Putin e la democrazia liberale
Sulla guerra in Ucraina e la sinistra
intervista a Jeffrey C. Isaac

La Rus’ di Kiev
Sulla complicata storia dell’Ucraina e della Russia
intervista a Francesco Cataluccio

Una Polonia così bella...
Sull’incredibile moto di solidarietà polacco
intervista a Konstanty Gebert

Mariupol, città martire
servizio fotografico

L’Ucraina e la Bosnia
Un appello all’Europa
Daniel Cohn-Bendit, Timothy Garton Ash, Pawel
Karolewski, Claus Leggewie


La nostra Ucraina
di Michael Walzer

Su guerra e pace
di Adriano Sofri e Lea Melandri

Holodomor
Sullo sterminio per fame di milioni di ucraini
da La grande carestia, di Anne Applebaum

Saba, storia e politica
Alfonso Berardinelli

La gentilezza è invincibile
Belona Greenwood

Sono un serbo in Bosnia
Zoran Herceg

Dalla scalinata di Potemkin
Wlodek Goldkorn

Diario di un mese
Gianni Saporetti

Marca, terra di confine
lettera di Andrea Caffi

La visita è alla tomba di Anna Politkovskaja
Dedichiamo l’intero numero al popolo ucraino che sta resistendo eroicamente alla superpotenza fascista che ha invaso il suo paese. Lo dedichiamo alle vittime civili di una barbarie che non rispetta alcuna regola internazionale, alcun codice d’onore. Ci sentiamo impotenti e ci si chiede se e per quanto le nazioni democratiche potranno continuare ad assistere allo scempio senza intervenire. Per il resto nulla sarà più come prima e sarà inevitabile prendere atto che il fascismo impera in mezzo mondo e che l’idea che il libero commercio possa diffondere la libertà è solo un’illusione interessata e miope. Le sanzioni diventeranno la regola e la solidarietà dovrà accompagnarsi ai sacrifici. E se la democrazia non si può certo esportare, la si potrà “predicare” dando l’esempio, facendo vedere quanto può essere desiderabile la libertà e la possibilità, in essa, della giustizia. Al fondo il grande punto debole dei sistemi totalitari sono i loro popoli. Infine si sta chiudendo definitivamente, dopo centocinquanta anni, la disastrosa parabola del marxismo e si dovrà ripartire dal grande ideale ottocentesco della democrazia universale e, certo, della pace fra i popoli e di questi con gli altri animali e con il resto del creato.

Sheri Berman denuncia il cosiddetto “campismo”, retaggio della Guerra fredda, fatto proprio da una sinistra che, rifacendosi ai realisti alla Kissinger, accampa il diritto delle potenze ad avere una “sfera d’influenza” e arriva a giustificare i peggiori crimini degli avversari degli Stati Uniti, accantonando così la lotta per la democrazia e i diritti umani. Taras Bilous si chiede perché così tante persone a sinistra abbiano fatto finta di niente davanti all’invasione russa. Ma detestare l’internazionalismo liberista non può portare all’assurdo di una sinistra che fa leva solo sulle contraddizioni interimperialistiche. Jeffrey C. Isaac ci parla del necessario sostegno, anche militare, della Nato a un’Ucraina che deve difendersi dall’invasione ingiusta e brutale e, insieme, della necessaria prudenza nell’evitare una precipitazione possibile in una guerra generale, potenzialmente anche nucleare e si chiede anche perché la sinistra ce l’abbia tanto con la Nato. Francesco Cataluccio ci racconta la storia dell’Ucraina, una storia complicata che inizia ben prima della Russia e che è all’origine della sua nascita, una Russia mai odiata ma che d’ora in poi lo sarà per i prossimi centocinquant’anni, per via dell’idea nefasta, cara a Putin, che dove si parla la stessa lingua è un unico paese. Konstanty Gebert ci descrive una Polonia accogliente, generosa, dove non c’è ormai famiglia che non ospiti qualche profugo ucraino in un clima che ricorda i primi mesi di Solidarnosc e però del rischio che, in assenza di politiche adeguate e di uno Stato efficiente, il clima possa cambiare. Michael Walzer ci parla di persone pacifiche, gente comune, che ha deciso di rischiare la propria vita combattendo per un’Ucraina democratica accogliente e rispettosa dei diritti di tutti i suoi cittadini.
Nelle centrali le foto di Mariupol, la città martire.
Sui temi della guerra e della pace pubblichiamo il carteggio fra Adriano Sofri e Lea Melandri apparso su “Il Foglio” e su “Il Riformista”.
Per “ricordarsi” pubblichiamo stralci dal libro di Anne Applebaum, per Mondadori, che racconta cosa fu lo sterminio per fame dei contadini ucraini perpetrato da Stalin in nome della collettivizzazione forzata della terra. E poi, nelle lettere e interventi, Berardinelli su cosa pensava Umberto Saba dei dittatori e in particolare di Hitler, Zoran Herceg serbo di Bosnia sul paragone fra ciò che sta succedendo in Ucraina e quel che successe a Sarajevo; Belona Greenwood ci parla della gentilezza, che non è affatto debolezza; Wlodek Gorlkorn ci invita a guardare quel che succede dalla scalinata di Odessa, a metterci cioè nei panni dei popoli dell’Est. Infine pubblichiamo un’altra lettera di Andra Caffi a Prezzolini, sempre sull’Ucraina, scritta “dai corridoi” del distretto militare, presumibilmente sempre nel 1915. Infine “la visita” è alla tomba di Anna Politkovskaja.
Redazione Una città via Duca Valentino 11, 47121 Forlì tel. 0543/21422 unacitta@unacitta.org