Una Città288 / 2022
novembre


...se vi è un’epoca in cui dovrebbe non esistere la infame divisione tra ricchi e poveri, dovrebbe essere proprio il giorno di Natale. [...] mai come nei giorni di Natale si sentono gli stridenti contrasti cui è travagliata la società attuale. Quante lezioni di rassegnazione,
di rinunzia nei giorni in cui il bambino proletario viene iniziato con un’eloquenza straziante e dolorosa alle ingiustizie cui è vittima! [...] manifestando il desiderio di aver un giocattolo, un regalino, un albero di natale, si sente dire: «tu sei povero, i giocattoli, i dolci, i re­gali sono fatti per i figli dei ricchi». Il bambino piangendo, soffocando il desiderio, si rassegna, comincia per lui il tirocinio dell’esistenza proletaria.[...]. Compagne lavoratrici... ricordatevi che il miglior regalo che possiate fare [ai vostri figli] è quello
di educarli alla fierezza, alla sensibilità verso tutte le ingiustizie, alla lotta per un assetto sociale in cui non si avrà bisogno di ricorrere a leggende di redentori e di befane, poiché la società stessa, il lavoro equamente retribuito, i diritti dell’infanzia rispettati, daranno
a tutti modo di vivere appagando i propri bisogni, amando e vivendo una vita senza umiltà e senza rinunzie.
Una socialista  
Tratto da “La difesa delle lavoratrici”, 22 dicembre 1912


novembre 2022

Una sinistra senza operai?
Su populismo di destra e socialdemocrazia
Michael Walzer

Il mondo si è rotto
Su Russia e Ucraina, tra storia e ideologia
intervista a Andrea Graziosi

La solitudine dell’insegnante
Sul senso della scuola
Intervista a Pierpaolo Perretti

Chiaromonte scrittore
Alfonso Berardinelli

Angelo Tasca, Ignazio Silone, Nicola Chiaromonte
Sergio Soave

Chiaromonte e la Guerra fredda culturale
Massimo Teodori

Convivenza
Sul modello sudtirolese e i movimenti degli anni 70
Intervista a Grazia Barbiero

Addio Clotilde
Un testo del 1995 di Clotilde Pontecorvo

Il lascito di Clotilde
Un ricordo di Vittoria Gallina
Un ricordo di Lucia Giovannini

Eliot e l’idea di una società cristiana
Alfonso Berardinelli

La siccità e le foreste di argania
Emanuele Maspoli

In ricordo di Napoleone Colajanni
Matteo Lo Presti

I russi che amo
Michele Battini

Un tetto, una porta e due finestre
Belona Greenwood

Deserto
Wlodek Goldkorn

La visita è alla tomba di Argentina Altobelli
La copertina è dedicata per l’ennesima volta agli ucraini che vanno incontro a un inverno durissimo. Il terrorismo di Putin ha fatto ammutolire tutti. La resistenza degli ucraini resterà nella storia. Ci sentiamo impotenti ma in una guerra in cui le opinioni pubbliche europee giocano un ruolo importante, qualcosa possiamo fare: non lamentarci dei sacrifici che questa guerra ci costringe a fare, ma andarne orgogliosi e denunciare gli sciacalli che, addossandone la colpa agli ucraini che lottano e muoiono per la loro libertà e per il loro desiderio di essere Europa, cercano qualche voto in più. L’ideologia degli interessi è una delle peggiori, salvo che fra questi non si consideri, come uno dei più vitali, anche quello di dare un senso ai nostri atti e, in fondo, alla nostra vita. Della guerra in Ucraina ci parla Andrea Graziosi.

Perché tanti lavoratori, sia negli Stati uniti che in Europa, hanno abbandonato i partiti socialdemocratici e la sinistra? Per Michael Walzer la risposta è semplice: perché si sono sentiti abbandonati da un ceto sociale “progressista” che ama definirsi dei “meritocratici”, un ceto di privilegiati, agiati, assicurati e sicuri del proprio futuro e di quello dei figli, brave persone che sostengono i diritti di minoranze, immigrati, Lgbt, ma che hanno abbandonato ogni discorso di classe, di redistribuzione del potere oltre che di reddito, che non credono più nell’emancipazione e nell’autogoverno delle persone e che in più si sentono moralmente a posto, se non addirittura superiori. Proprio quello che dei socialdemocratici non devono fare, pena, fra l’altro, l’avanzata di un populismo anti-élite, risentito, che per reazione finisce per sostenere l’uomo forte di turno, solitamente di destra, a cui concedere tutti i poteri.

Al centro della rivista molte pagine sono ancora dedicate all’“altra tradizione” della sinistra, quella non-marxista, democratica e socialista, liberale e libertaria, antitotalitaria. L’abbiamo già scritto tante volte, la tradizione e i conti col passato sono cose necessarie per definire un’identità e gli ideali per costruire un futuro, ma anche utilissime per esercitarsi e far esercitare i giovani a ragionare “sul libro”, nel confronto col presente. L’intellettuale militante a cui dedichiamo le pagine è di nuovo Nicola Chiaromonte; pubblichiamo, di un convegno tenutosi a Roma nel cinquantenario della morte, le relazioni di Alfonso Berardinelli, Sergio Soave e Massimo Teodori. Parlando di Chiaromonte, uno degli intellettuali fra i più dimenticati e rimossi della storia politica e culturale italiana almeno fino a qualche tempo fa, è impossibile non menzionarne tanti altri come, per citarne solo alcuni, George Orwell, Simone Weil, Albert Camus, Gaetano Salvemini, Angelo Tasca, Ignazio Silone. A proposito di questi ultimi, amici e compagni di Chiaromonte, il primo nell’esilio in Francia, il secondo nell’impegno di “Tempo presente” e del Congresso per la libertà della cultura, citiamo il finale dell’intervento di Soave: “Nell’incapacità di contrastare la forza del loro pensiero, furono tutti e tre, in momenti diversi, colpiti da immorali maestri della squalifica morale che li additarono al pubblico ludibrio, definendoli servi del nemico, traditori dell’idea, moralmente abietti e marci. E tuttavia, mentre quei maestri della malafede sono scomparsi dalla scena, è a loro che dobbiamo ancora quelle parole di verità che servirebbero, oggi, per cambiare il verso di un mondo in cui una sinistra che si dice erede delle tradizioni liberal-socialiste e social-cristiane sembra priva di pensiero e di stelle polari che la orientino nel cammino”.

Sul “problema scuola” Pierpaolo Perretti ci parla della “solitudine dell’insegnante”; Grazia Barbiero dell’esperienza di convivenza etnica e linguistica del Sud Ttirolo, per la quale tanto si è battuto l’amico Alexander Langer; in realtà il plurilinguismo di un territorio può essere una ricchezza. Khalida a proposito del francese in Algeria ci disse: “No, no, ce lo siamo tenuti, bottino della guerra di liberazione”. I nazionalisti arabi la pensavano diversamente così come oggi Putin; speriamo che gli ucraini, un domani, malgrado le sofferenze patite, non mettano al bando la lingua russa. Poi Alfonso Berardinelli ci parla di Eliot, Matteo lo Presti di un comunista anomalo, Napoleone Colajanni, Michele Battini dei “russi che ama”, Wlodek Goldkorn della traversata nel deserto che aspetta la sinistra dopo l’Ucraina; infine le lettere dal Marocco e dall’Inghilterra. La “visita” è alla tomba di Argentina Altobelli. Infine ricordiamo la cara amica e maestra, Clotilde Pontecorvo, che non c’è più.