E-mail inviati da Sevdije Ahmeti, responsabile del Centro per le donne e i bambini di Prishtina, a Spazio Pubblico di donne dal 7 marzo al 29 giugno. Le traduzioni sono a cura di: Margherita Basevi, Letizia Bianchi, Federica Fanelli, Mark Jones, Silvia Lena.

8 MARZO 1998
Dichiarazione della protesta silenziosa
Oggi noi donne del Kosovo facciamo una protesta silenziosa perché riteniamo di aver già sufficientemente pianto come gente Albanese del Kosovo negli ultimi dieci anni. Da quando nel Novembre 1988 noi come donne pacifiste con bambini e uomini scalzi o come si trovavano ad essere in quel momento, abbiamo marciato dalle nostre case o dalle scuole di tutto il territorio del Kosovo verso Prishtina, per mostrare al mondo che non vogliamo essere imprigionate, non vogliamo odio, terrore, che ne abbiamo abbastanza di etnocidio e che non chiediamo niente di più che la libertà. Che è un nostro diritto irrifiutabile.

Rivolte al mondo, noi diciamo che abbiamo detto molto e molto ci è stato risposto, molte dichiarazioni sono state fatte, voi ci siete venute a visitare, ma ancora da parte serba si registra un’assenza di volontà per porre fine a questo conflitto. Non possiamo rimanere indifferenti di fronte a questi nuovi morti che non possiamo neppure sotterrare, a questi feriti che non ci permettono di curare. Tra le vittime ci sono donne e bambini handicappati. Da oggi tutte le donne del mondo si pongono in solidarietà con noi e condividono il nostro dolore; noi chiediamo alle Nazioni Unite e al Consiglio di Sicurezza di proteggerci come nazione in pericolo. Facciamo appello agli Usa come a degli amici perché intervengano immediatamente. Facciamo appello all’Unione Europea perché riconsideri la sua posizione sul Kosovo.

Richiediamo con urgenza che sia stabilito un corridoio umanitario per aiutare con medicine, cibo ed abiti la popolazione di Drenica.

Noi siamo per la pace e con i nostri fogli bianchi mostriamo al mondo che non abbiamo diritti e che ce li vogliamo scrivere noi stesse con la pace e non con la guerra. Ce ne stiamo salde alle porte delle nostre case per proteggere questi diritti.
Centro per la protezione donne e bambini
Forum delle donne di LKD
Donne intellettuali di Drenica
Donne in nero
Lega delle donne albanesi
Donne artiste e veterane dell’educazione
Progetto Media
Lejenda
Aureola
"Motrat Qiriazi"

I rappresentanti di 49 ambasciate accreditate a Belgrado e un gruppo di giornalisti stranieri (a proposito, proprio mentre sto scrivendo si sentono dal luogo in cui sto scrivendo in Prishtina raffiche di armi automatiche) visitavano Prekaz a Drenica, dove c’era stata la guerra. I segni del massacro erano visibili, ma la polizia serba aveva raccolto un gran numero di corpi e li aveva portati all’obitorio di Prishtina. Agli ambasciatori era stato impedito di entrare nelle case distrutte ed incendiate.
Agli Ambasciatori è stato anche impedito di vedere la guerra in atto nei villaggi di Jashanica, Broja, Vojnik, Acareva, Kopiliq, dove polizia ed esercito combattevano gli abitanti albanesi.
Sono stati identificati i corpi di 12 donne e di 4 bambine e 8 bambini, tutti di età compresa tra i 10 e i 14 anni. I corpi di due bambine di 10 e 14 anni hanno le braccia rotte. Tutti i corpi sono stati "immagazzinati" in un magazzino. Alcuni corpi sono mancanti di parti, il corpo di una donna ha solo mezzo cranio. Altri corpi sono ancora non identificati.
Besarta Hamez Jashari, dieci anni, ha dichiarato che la polizia l’ha minacciata con un coltello minacciando di ucciderla se non avesse testimoniato che suo zio Adem Jashari aveva ucciso tutti quelli che volevano arrendersi.
Remzije Jashari, incinta, si era precipitata nella stanza da cui veniva rumore di spari. Suo suocero era ferito dalla polizia. Lo aveva rincorso per dargli aiuto, qualcuno le ha sparato in testa e l’ha fatta saltare in aria.
A Peja: attorno alle 12.25, dopo la Messa alla cattedrale cattolica, la polizia ha brutalmente attaccato e malmenato i fedeli, senza risparmiare donne, bambini e persone anziane. Hanno maltrattato fisicamente Age Jak Domniku (1927), Marie Kristie Lucaj (1949), Tone Tome Mataj (1943), Bore Gjon Mataj (1973), Marie Dunanaj (1925).

10 Marzo 1998
Protesta delle donne in Kosovo
L’8 marzo 1998, come già vi abbiamo informato, le donne del Kosovo organizzate dal Network delle Donne, hanno protestato contro la violenza, l’etnocidio, il genocidio e contro il silenzio della comunità internazio ...[continua]

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