Per tutto il periodo della guerra civile i capi comunisti spagnoli (Díaz, Hernández, Dolores Ibarruri, Checa, Uribe) sono, com’è noto, affiancati nella loro attività da un certo numero di «consiglieri», e sono i delegati dell’Internazionale comunista che prendono in mano la direzione e l’organizzazione del partito: l’argentino Codovilla, conosciuto sotto lo pseudonimo di Medina, il bulgaro Stepanov, I’ungherese Geroe, I’italiano Togliatti. «Tutti costoro -scrivono Broué e Témime (La rivoluzione e la guerra di Spagna)- sono circondati da tecnici e da consiglieri la cui esperienza è preziosa e che sono quasi sempre agenti dei servizi segreti russi». Quasi tutta la politica militare del partito comunista spagnolo -almeno in un primo tempo- è nelle mani di Vittorio Vidali, uno dei più importanti agenti della NKVD alI’estero, conosciuto in Spagna col nome di Carlos Contreras. Tutti questi «consiglieri», poi, operano in stretto contatto con l’Ambasciata sovietica e con gli uomini della NTKVD (Orlov, Konij, Kotov, eccetera).
Come «istruttore del Comintern», Togliatti ha un compito delicato e difficile: conciliare le ragioni dell’internazionalismo operaio e della solidarietà rivoluzionaria, di cui l’intervento sovietico è apparentemente una manifestazione eloquente, con la «ragion di Stato» e il realismo cinico che inequivocabilmente impronta, per l’essenziale, l’atteggiamento di Stalin nei confronti della Spagna. Il compito di tradurre e rendere esecutiva la «linea generale» è notevolmente complicato dalla permanente cura di Stalin di lasciarsi aperte tutte le soluzioni. Occorre spiegare il ritardo (esiziale, poiché nei primi mesi di guerra un intervento a fianco deIla Repubblica sarebbe stato decisivo) dell’aiuto sovietico; la «doppia politica» dell’URSS, motivata dall’interesse di non inimicarsi la Francia, nei confronti di quella che giustamente è stata definita l’abbietta farsa del non intervento organizzata dal governo conservatore inglese. «La prima decisione -riferisce Max Beloff (La politica estera dell’Unione Sovietica)- nella quale entrò certamente il desiderio di conservare la collaborazione della Francia, fu di non intervenire». Alla Francia, del resto (secondo la testimonianza di Jules Moch, allora segretario generale della presidenza del Consiglio del ministero Blum), si era fatto sapere che «il patto franco-sovietico del 1935 ci impegna a un aiuto reciproco nel caso in cui uno dei nostri due paesi sia attaccato da un’altra potenza, ma non nel caso di una guerra derivante dall’intervento di uno dei nostri due paesi negli affari di un’altra nazione».
L’URSS deve salvaguardare la sua sicurezza -spiegherà Togliatti ai capi del comunismo spagnolo inquieti e allarmati dalle incertezze, dalle oscillazioni e dalle ambiguità della politica russa- come il bene di gran lunga più prezioso, e una qualsiasi ...[continua]
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