Cari amici,
adoro la domenica mattina. La giornata inizia presto, ma lentamente. Ho come l’impressione di aver stretto un patto segreto con il cielo fuori dalle finestre e che la sua rivelazione del clima mattutino sia intima, mia soltanto. Fuori è così tranquillo che potrei essere l’unica persona sveglia in tutta la mia via. Di domenica sono un’isola. Durante la settimana esiste una comunità fatta di rumori e movimenti: chi fa jogging, chi porta fuori il cane, i lavoratori rassegnati, ognuno di noi è un puntino che si sposta da qui a lì su una mappa di aspettative quotidiane.
La domenica è un’opportunità per fuggire dalle prese di posizione binarie, specialmente quando si parla dell’economia post-Brexit: o è forte o sta per crollare rovinosamente. La posizione di Jeremy Corbyn: leader del popolo, o l’incompetente ma benintenzionato leader che non ha saputo tenere testa ai perfidi deputati parlamentari. Clinton o Trump? Tutto o niente? Dentro o fuori? Mezzo vuoto o mezzo pieno?
La gente ha smesso completamente di parlare di come ha votato. Piuttosto ci pensiamo su, formuliamo ipotesi su coloro che incontriamo, ci sorprendiamo continuamente. Personalmente, a meno che io non me la senta davvero, non mi faccio avanti se mi sembra di fiutare un voto di uscita, piuttosto arretro. Se chiedete a qualcuno com’è possibile che abbia votato per uscire dall’Unione europea, ecco che si riapre il vaso di Pandora. Ci sono famiglie che in superficie sembrano andare avanti, ma che sono tormentate dalla consapevolezza che le cose non saranno più come prima. Di chi fidarsi? Oltre a chiederci costantemente se questa o quella persona abbia votato in favore o contro, adesso ci poniamo un nuovo interrogativo: come abbiamo fatto a non accorgercene?
La scorsa settimana, dei miei amici sono andati a cena da una donna che conoscono da più di trent’anni. La tavola, apparecchiata con le sue migliori porcellane e tovaglioli di stoffa, era imbandita di una cena degna di una mensa scolastica: pollo lesso e prosciutto. Non scherzo, il menu era quello. A seguire, un vassoio di formaggio e del vino, un’usanza che le classi medie hanno attinto dall’Europa continentale. I miei amici hanno discusso appassionatamente con la loro anfitriona. Perché ha votato in favore dell’uscita? Cos’è questa perduta sovranità di cui tanto si parla? Dall’altra parte, stando ai miei amici, non arrivava alcun ragionamento coerente. Uno slogan ha portato all’altro, finché gli slogan sono finiti e così le vie d’uscita, fatta eccezione per le banalità dell’inglese medio. La padrona di casa e gli ospiti hanno ripiegato verso terreni più sicuri, parlando di quelle superficialità di cui si addobba la classe media: formaggio francese, mobili, gli altri e le loro vite. L’acume è sgarbato.
Questo è in parte il motivo per cui eravamo così ignari di come la pensava la gente e di come si sentiva. Dietro tutte quelle conversazioni sul tempo e su quale formaggio acquistare le cose non dette erano tante. Sarebbe scortese mettere tutto in discussione? È proprio nel racconto dei miei amici su quella serata che sta la sfida. Per trent’anni le conversazioni si sono limitate alla superficie, decorative e vuote. Ora noi inglesi dobbiamo volgere lo sguardo verso noi stessi e capire cos’è che si nasconde sotto il tavolo, le ingiustizie, il venefico atto autolesionistico che la nazione ha compiuto con il voto di uscita; dannoso non solo per il nostro Paese, ma anche per il resto d’Europa. Dobbiamo farci un bell’esame di coscienza e arrivare a vedere cosa e chi siamo davvero. Vedere le diverse Inghilterre che condividono un unico spazio. Significa essere onesti sulle classi. Sarà doloroso, imbarazzante e disonorevole, e tuttavia è assolutamente urgente fregarsene del compiacimento e l’ipocrisia, affrontando la ­realtà di ciò che siamo diventati.
Un sabato del mese passato, una giovane donna romena si è svegliata sotto shock. Il negozio di generi alimentari che lei e la madre gestivano a Norwich era stato deliberatamente dato alle fiamme con delle bombe incendiarie. Stiamo parlando di una cittadina che vanta civiltà e cortesia, un paradiso di scrittori e artisti. Una città che ha votato contro la Brexit. Una delle città dell’Unesco che sono un rifugio per scrittori. Il suo motto è sempre stato: "Fare le cose in modo diverso”, almeno finché l’università -forse per restare al passo coi tempi- l’ha cambiato in "Capire il potere”, che può sembrare un po’ sospetto e masso ...[continua]

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