Che genere di testi erano quelli che nel 1975 furono antologizzati nel Pubblico della poesia? Di postmoderno e postmodernità, termini e concetti nati e usati soprattutto in area anglosassone, non si discuteva ancora. Ma quando più tardi le discussioni in proposito divennero poco meno che maniacali, ci si rese conto che in Italia la cosa aveva coinciso con il "dopo ’68” in politica e in letteratura con la vasta, ultima produzione di Montale dopo il 1971 (da Satura in poi), con il successo di massa di un romanzo come La Storia di Elsa Morante (1974) e con l’ondata improvvisa di nuova poesia e di nuovi poeti a partire dalla metà del decennio. In estrema sintesi, si può dire che il tratto caratteristico di quelle e altre, sempre più numerose novità era il declino o la sparizione di una coscienza estetica storicistica di tipo classicamente moderno, secondo la quale l’innovazione formale doveva essere progressiva e ininterrotta. Per tutti gli anni Sessanta i generi letterari erano stati visti come "superati” e non più praticabili: non si prevedeva più né che i narratori narrassero, né che i poeti si esprimessero. Si trattava invece di compiere "operazioni sul linguaggio” in vista di una demolizione critica di forme, tradizioni e valori letterari. La cosiddetta "letterarietà”, o essenza e funzione linguistica che teoricamente individuava lo "specifico letterario”, veniva definita come autoriflessione del linguaggio, autoreferenzialità linguistica. L’uso del linguaggio era cioè un uso letterario se la lingua aveva per oggetto sé stessa, preferibilmente facendo evaporare qualunque stabilità e consistenza semantica, qualunque riferimento a realtà comunemente percepite. Lo scrittore doveva essere l’agente impersonale di strategie e tattiche di delusione delle aspettative naturali, tradizionali, convenzionali del lettore. Romanzi senza personaggi né trame, dunque. Poesie senza versi né contenuti emotivi e soggettivi di coscienza e di esperienza.
Questi dogmi modernistici, sistematizzati e insegnati nelle università, nel corso degli anni Settanta cominciarono a usurarsi. A questa teoria critica della letteratura e della letterarietà cominciava a sostituirsi, spesso accolta male, una letteratura, una poesia senza teoria, senza critica, senza autocoscienza storica. Per i giovani autori che allora sentirono il bisogno di un tale passaggio, perché evidentemente non avrebbero potuto farne a meno, c’erano degli svantaggi di cui non si rendevano conto, ma soprattutto dei vantaggi per loro necessari e vitali. Interessante è accostare testi di un tipo a testi di un altro. Solo così diventa più concretamente chiaro che cosa comportò il salto dagli anni Sessanta della neoavanguardia agli anni Settanta della riscoperta della poesia, se si confrontano cose scritte nell’uno e nell’altro decennio.
Ecco un’antipoesia di Nanni Balestrini presente nell’antologia I Novissimi (1961):

Invece di un vero cieco
la pioggia è ancora caduta
su tutta la strada e l’animale

osservato seppe cosa fare
noi tutti intenti con tutti
questi fili sul prato o sulla riva
della buca azzurra dell’anima,
che cosa vi mancava, qualora
ciò che importa non è l’incidente,

purché non si rimetta a piovere
ora che è scoperto il gioco
occorre continuare? a

legare? legalmente portiamo
l’opinione in su e in giù per le scale,
pianerottolo, ringhiera e libero

accesso, a meno che nella torre,
ma veramente si tratta, mai paura,
d’impacchettare, annodare e non guardare.

Come si vede, il taglio di versi e strofe è puramente grafico, mima la grafica della poesia in assenza di ritmo, metrica e legami di significato. Ecco ora una poesia di Dario Bellezza, da Invettive e licenze (1971), poi antologizzata nel Pubblico della poesia:

Il mare di soggettività sto perlustrando
immemore di ogni altra dimensione.

Quello che il critico vuole non so dare. Solo
oralità invettiva infedeltà

codarda petulanza. Eppure oltre il mio io
sbudellato alquanto c’è già la resa incostante
alla quotidianità. Soffrire umanamente

la retorica di tutti i normali giorni delle
normali persone. Partire per un viaggio

consacrato a tutte le civili suggestioni:
pensione per il poeta maledetto dalle sue
oscure maledizioni.

In questo caso dominano invece, benché come provocazioni, luoghi comuni che alludono sia alla critica ("mare di soggettività”) che a mitologie letterarie ("poeta maledetto”). Il senso è sia restaurato che esibito ("codarda petulanza ...[continua]

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