Vicky Franzinetti vive e lavora a Torino.

Abitando a San Salvario da 20 anni e lavorando allora all’Ires-Cgil, proprio sui problemi legati all’immigrazione, ad un certo punto mi sono detta: “Qui ci abito, conosco tantissima gente, proviamo a fare un tavolo”, e ho cercato di mettere assieme i commercianti, gente delle associazioni, esponenti religiosi. Ma subito, in me, si è creato il conflitto fra “la residente” e quella che su quei temi ci lavorava e studiava.
Mi sono accorta che le due cose non si potevano tenere insieme o, almeno, io non ci sono riuscita. Così quella che tanti anni fa mi sarebbe parsa un’ottima idea, che, cioè, una persona coinvolta in una situazione fosse anche quella che la studiava, ho scoperto che non funzionava.
A me, che vivevo quella realtà, non importava sapere veramente chi avesse ragione, perché quei commercianti, che saranno pure stati i commercianti di sempre, erano anche la lattaia da cui andavo e che sapevo aver avuto problemi analoghi a quelli capitati a mio figlio, inseguito con un coltello da degli spacciatori. Questo mi ha creato una specie di schizofrenia.
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C’era una vecchietta simpatica, che diceva: “Io non ne posso più di quelle case fatiscenti, perché noi abbiamo un gabinetto fuori per tre appartamenti, prima eravamo tre vecchietti, adesso di là ci vivono in venti e a me spiace per loro, ma io devo pulire mezz’ora prima di andare al gabinetto”.
Allora lì il problema, lo scontro, diventa tragico sia per chi vive in venti, o in dieci, o in sette in un appartamento, sia per la vecchietta, che dopo una vita non brillante, perché se no non abiterebbe in quella casa lì, deve passare mezz’ora a pulirsi il gabinetto. Perché poi sette, dieci, venti maschi adulti, di solito di qualunque nazione sono, sono dei porci, cioè non puliscono mai i gabinetti. E’ così: i maschi giovani non puliscono i gabinetti, io non so che cosa gli piglia, ma è così...
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Gli africani sub-sahariani si fanno solitamente i fatti loro e se qualcuno ti fa una battuta perché ha bevuto un po’, lo mandi a quel paese tanto quanto faresti con un italiano. Invece ho paura a mandare a quel paese i nordafricani perché con una donna diventano aggressivi. Mi è successo più volte.
Allora dov’è il confine tra rispetto reciproco?
Altro esempio: i mediterranei occupano la strada e il marciapiede in maniera diversa dai piemontesi, dico i mediterranei, perché una volta lo facevano anche gli immigrati dal Sud, i meridionali. E non si spostano se tu sei lì col carrello. Ma io non posso ogni volta che vado al supermercato scendere dal marciapiede col carrello della spesa sorridendo perché siamo tutti diversi e ci piace tanto… A me non importa di che nazione sono, gradirei che il marciapiede fosse libero per il mio carrello. E se avessi settant’anni credo che lo gradirei ancor di più.
Con gli albanesi, invece, che stanno molto fra di loro, non ci sarebbero problemi, se non fosse per l’imprevisto. Ci si può trovare all’improvviso nei paraggi di una rissa che scoppia tra di loro. Succede frequentemente, fra quelli di primo arrivo nella zona vicino alla stazione. E quella non è prevedibile. Io mi ci sono trovata un paio di volte, con bottiglie che volavano e allora, per un po’ di tempo, mi sono portata una certa paura dentro.
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Anni fa avevo fatto una denuncia per un libro di testo di mio figlio, perché c’erano delle cose religiose che non mi andavano. Fra l’altro tentai anche di mettere insieme un po’ di gente di origini diverse per discuterne. Telefonai a uno dei due imam a Torino (adesso ce ne sono di più) e lui mi disse: “Ma io con lei non parlo, voglio parlar con suo marito”. A parte il fatto che non sono sposata, gli dissi: “Scusi, lei vuol venire al dibattito oppure no?”, e lui: “Io parlo solo con suo marito”. Fine della conversazione, non abbiamo fatto il dibattito.
Allora, lì che cos’è che lui mi chiedeva? Mi chiedeva di rapportarmi a lui con i suoi parametri. Il rischio è quello di accettare la loro ortodossia, di andare a difendere l’ortodossia di ciascun gruppo.
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Attenzione, perché la definizione di sé spesso è indotta dall’altro. Per esempio quando noi donne dicemmo, come ricorderai: “Noi siamo donne”, la cosa che irritò voi non era tanto il fatto che noi fossimo donne (che lo sapevate già), ma che voi, di conseguenza, diventavate maschi. E’ questo che ha fatto saltare i tappi.
Allora uno può pensare di non appartenere a nessuno, può definirsi al di sopra delle comunità ...[continua]

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