Teofil Pancic è redattore di Vreme, settimanale indipendente serbo.

Che interpretazione si può dare di quanto accaduto in Serbia ai primi di ottobre? Ti aspettavi una svolta così radicale e improvvisa?
Devo dire che io non sono stato sorpreso da quanto è accaduto il 5 ottobre, come non sono stato sorpreso dai risultati delle elezioni, perché fin dal bombardamento sentivo che l’atteggiamento della gente si era definitivamente rivoltato contro il regime. I serbi alla fine semplicemente hanno visto come le cose stavano veramente; hanno sentito la guerra, la paura, il buio, l’impotenza; tutto ciò che Milosevic aveva prodotto in tutti questi anni. A quel punto la gente era veramente disperata e stanca, molto stanca, perché dopo dieci o dodici anni di una vita sotto Milosevic, la popolazione si sentiva completamente svuotata, povera e senza prospettive; e poi la Serbia era diventata una specie di paese paria.
Viaggiando molto, io conosco bene quella sensazione spiacevole quando qualcuno ti chiede: “Di dove sei?” e tu quasi ti vergogni a dirlo.
Naturalmente milioni di serbi non si sono mai trovati in questa situazione, molto banalmente perché non sono mai potuti andare da nessuna parte; loro però sapevano qualcos’altro: sapevano come vivevano, ossia senza prospettive.
Il fatto è che Milosevic era un mostro di promesse e la gente veramente voleva credergli, purtroppo. Tuttavia, negli ultimi anni, in particolare dopo il bombardamento, lui si è trovato a corto di promesse, ormai non aveva più niente da dire, di convincente intendo.
Era ormai chiaro a tutti che stava per diventare un ex-idolo, un ex leader. Non restava che aspettare la realizzazione di questa percezione. Io sapevo che avrebbe dovuto andarsene. L’unica questione era come: sarebbe stato doloroso, la gente avrebbe dovuto morire per questo?
Bene, è accaduto che l’intero sistema era così marcio dentro, che semplicemente è crollato, quasi senza resistenze. Ecco, il 5 ottobre è stata solo l’esecuzione, l’ultimo atto di questo dramma.
Secondo te, quando è cominciata la parte discendente di questa parabola?
Credo si sia trattato di un lungo processo. All’inizio di tutta questa tragica e stupida storia, Milosevic aveva veramente l’appoggio del 90% della popolazione. Parliamo della fine degli anni ‘80 e da allora la sua popolarità è andata lentamente e inesorabilmente calando, ma molto lentamente. Già a metà degli anni ‘90 era rimasto senza alcun sostegno da parte della popolazione più colta, istruita, progressista delle grandi città, delle aree urbanizzate. E’ per questo che nel 1996 il suo partito ha perso le elezioni amministrative in tutte le maggiori città. Ma lui aveva ancora i villaggi, gli operai, i contadini; aveva ancora il supporto di larga parte della cosiddetta “gente comune”.
Cos’è cambiato nel frattempo? Che lui ha perso anche quell’appoggio, perché, certo, questa gente può essere manipolata più facilmente, ma ogni manipolazione in questo mondo ha dei limiti: non puoi farlo per tutto il tempo, in tutti i modi, a tutta la gente. E lui a un certo punto si è trovato privo di strumenti per continuare le sue manipolazioni, perché non aveva più niente da dire, da offrire o da promettere a queste persone, niente. Perché tutto ciò che è rimasto in questo paese è povertà, rovine, niente lavoro, niente soldi, niente elettricità, niente cibo, niente futuro per i bambini… Troppo, troppo di niente. E così anche questa gente, centinaia di migliaia di persone, che avevano sempre creduto che Milosevic fosse, se non così bravo, comunque meglio di chiunque altro, alla fine ha realizzato che qualcosa doveva cambiare.
E io sono sicuro che loro non sapevano come o perché, e non pensavano ai crimini di guerra, alla Bosnia, al Kosovo o alla responsabilità morale o cose del genere; non pensavano a questo. L’unica cosa che sapevano era che vivevano male; l’unica cosa che desideravano era vivere meglio; infine hanno visto la possibilità di un’opposizione finalmente unita. E’ stata questa la chance. E loro hanno saputo riconoscere questa opportunità di cambiamento e l’hanno afferrata.
Durante i bombardamenti molti hanno denunciato un ulteriore compattamento della popolazione attorno a Milosevic…
Capisco. Certo, poteva sembrare, ma non era così.
Non c’è mai una situazione normale, nella vita di nessuno, quando qualcuno ti sta bombardando. Niente che funzioni come in tempi normali: non c’è una vita politica, né media, niente di niente. Per cui capi ...[continua]

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