Cresce di giorno in giorno la paura di una catastrofe globale, che non porta più con sé neanche i bagliori atomici. La crisi internazionale che agita l’orbe terraqueo crea tensioni politiche tanto tragiche da sollevare ombre angoscianti sul futuro. Gli scenari di guerra che si affacciano al mondo dell’informazione sono parte esorbitante della nostra vita quotidiana.
Non è concepibile che l’umanità pensi di potere sopravvivere a lungo, quando nel mondo esistono decine di paesi in guerra, quando nello spazio di pochi minuti muoiono di fame migliaia di persone, mentre in pochi minuti solo l’Occidente spende miliardi di euro nella corsa agli armamenti.
È da leggere con molta accurata attenzione il volume di Maurizio Molinari, ex-direttore del quotidiano “Repubblica”, intitolato La nuova guerra contro le democrazie. Così le autocrazie vogliono stravolgere l’ordine internazionale, Ed. Rizzoli.
Si vivono ore di estrema urgenza e la situazione, come amano dipingerla le ciniche pagine degli economisti, non è legata a un evento congiunturale preciso (una guerra, una carestia). La situazione è invece strutturale conseguente alle complessità economiche planetarie, parte integrante di un equilibrio di mercato realisticamente accettato come dato irreversibile dai paesi più ricchi. Si cerca la strada di aiuti tramite prestiti o investimenti, ma solo quando queste tematiche diventano economicamente vantaggiose: ciò indica semplicemente la massimizzazione del rapporto benefici-costi, e cioè la ricerca del massimo profitto. È questo l’unico principio che ormai tende a regolare l’intera realtà economica mondiale. Sul mercato delle merci come dei capitali ogni investitore segue questo principio. In questo atlante della politica mondiale, in un mosaico dettagliato, si vengono a evidenziare due conseguenze tragiche.
La prima è che su un unico mercato si incontrano paesi abissalmente diversi come potere economico: su questo mercato tra diseguali vince sempre inevitabilmente il più forte. Le leggi del mercato della tradizione liberista non hanno nulla da spartire con questa realtà. L’equilibrio tra domanda e offerta non è più la ragionevole convenienza tra le due parti. La parte più debole soccombe sempre alla parte più forte. Ma i bisogni essenziali dei più poveri non hanno neppure la capacità di diventare domanda sul mercato. Gli ospedali del Madagascar non hanno soldi per comprare medicinali, nelle scuole povere del Brasile gli alunni non hanno soldi per acquistare libri. I bisogni dei poveri non entrano nel mercato.
La seconda conseguenza è tragica: l’unica logica è quella dell’efficienza rispetto al capitale investito. Oggi è normale massimizzare il profitto senza alcuna crescita produttiva o anche diminuendo la produzione. Il mondo del capitale finanziario non ha alcun interesse per cosa produrre, per chi produrre, per come e per quanto produrre. Investire o produrre o commerciare in medicine, droga armi, reti televisive, valute, truppe mercenarie è del tutto indifferente. Questa è dunque la radice della miseria nel mondo: una logica che presiede all’intero sistema economico planetario e che mantiene e crea condizioni di vita al di sotto di ogni concezione di dignità dell’essere umano. Una situazione planetaria di sfruttamento e di oppressione, quale mai si era verificata nella storia dell’umanità.
Maurizio Molinari si impegna a dimostrare con precisione che la piramide internazionale delle democrazie viene attaccata dalle più importanti autocrazie e dittature per stravolgere l’ordine mondiale, uscito dalla Guerra fredda. L’Europa orientale, l’Europa occidentale, l’Africa, il Medio Oriente e la Cina sono le zone di maggiore tensione nelle quali si cerca di rovesciare gli equilibri della sicurezza globale. Sostenuto da un metodo lontano da ideologismi, non più utili per costruire abiti adatti al mondo, Molinari si affida a severe, ma non incaute interpretazioni degli scenari che hanno condizionato nel cammino della storia gli avvenimenti di “questo decennio più pericoloso”, come lo ha definito Putin. Il quale ha sempre preferito, per indicare il nuovo sistema politico russo, usare due parole “democrazia sovrana”. I russi godono di libertà maggiori a quelle di cui disponevano i cittadini sovietici, ma godono di una “sovranità”, cioè di un potere forte, considerata indispensabile garanzia di pace e di sicurezza nazionale. Ma gli studiosi non dimenticano che in un contesto russo “sovranità” presuppone l’esistenza ...[continua]

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