Potete raccontarci cos’è una ciclofficina e com’è nata quella di San Donato milanese?
Davide. L’idea è scaturita durante l’esperienza di un’officina nata in un centro sociale. Alcune persone si erano messe a svolgere un’attività di riparazione di biciclette con l’idea di uno spazio pubblico, gestito da volontari, dove ognuno poteva andare a mettere a posto la propria bicicletta o recuperare una bicicletta dai rottami e rimetterla in funzione… Funzionava uno-due giorni durante la settimana, oltre alla domenica, quando diventava anche uno spazio in cui si facevano gli aperitivi; d’inverno c’era la stufa, si faceva il tè, era un posto accogliente. Per molti è stato un momento magico… Poi sono sorte delle difficoltà, era un centro sociale abbandonato, poco gestito, lo spazio era una mezza discarica, in crollo, insomma era difficile farlo andare avanti… Altri poi avevano iniziato a pensare a un’attività strutturata, in spazi più idonei e un po’ anche stimolati dai veterani di Ciclobby, che volevano dotarsi di un braccio operativo… Insomma siamo stati convocati, ci siamo autoconvocati presso di loro un inverno di qualche anno fa, vedendo un po’ cosa si poteva fare. Loro erano più orientati al cicloturismo, noi a un’attività di meccanica, di manutenzione. Alcuni, tra cui io, avrebbero voluto fare questa attività come mestiere... In realtà ci siamo presto sganciati, volevamo essere autonomi, e abbiamo fondato un’associazione proprio con l’idea di fare delle cose. Il tutto nasceva anche da varie considerazioni: l’attività di manutenzione ordinaria delle biciclette è ormai scomparsa, sono rimaste poche persone anziane che non trovano ricambio.
Io, prima di aprire questo posto, ho passato un’estate ad andare a bottega da un vecchietto in provincia di Piacenza, la città della mia famiglia; lui d’estate lavorava dalle sette della mattina alle undici-mezzanotte; dopo cena andavo nella sua bottega, mi ha insegnato tutti i trucchi con cui più o meno posso andare avanti. In origine quelle botteghe erano un luogo di aggregazione, socialità, soprattutto tra gli anziani.
L’altra idea che ci muoveva era quella di coinvolgere la gente nella meccanica della bicicletta. E poi c’era l’ambizione di fare associazionismo in modo innovativo rispetto a quello un po’ paludato delle associazioni storiche, più sindacali come approccio, improntate alla protesta e alla rivendicazione…
Abbiamo iniziato con le ciclofficine di piazza: andavamo ai vari raduni, feste paesane, con il nostro gazebo, un cavalletto e coinvolgevamo le persone nell’autoriparazione della bicicletta.
Un limite all’uso della bicicletta infatti spesso è proprio la mancanza delle conoscenze di base, per cui se ti si fora la gomma, devi portarla dal meccanico, che tra l’altro sono sempre di meno e quindi è difficile trovarli e casomai sono superimpegnati; insomma una gomma a terra diventa un motivo per lasciare la bicicletta in cantina e non utilizzarla più.
In passato c’era un minimo di competenza che era abbastanza diffusa, che però col tempo si è persa. Ecco, questo è un peccato. Anche perché uno dei pregi della bicicletta è proprio quello di essere un mezzo su cui quasi chiunque può fare manutenzione, non ci vuole particolare abilità meccanica. Insomma, in una realtà in cui ormai si dipende da professionisti su qualsiasi cosa, questa è una qualità preziosa.
L’autoriparazione è anche intesa a combattere la tendenza all’usa e getta, quindi a un concetto di sostenibilità che dia valore alle cose: saper riparare ha a che fare con la cura, se non l’affetto, per i propri mezzi. La bicicletta è un po’ l’archetipo di questo: un oggetto che si può riparare mille volte, che non necessita di grandi attrezzi, che praticamente non si butta mai via, molto semplice e però che ti permette di fare tante cose, viaggiare, portare i bambini, ma anche trasportare cose…
Quando ci siamo trovati per fondare l’associazione, siamo venuti a sapere che il Comune di San Donato aveva costruito questo spazio, non sapendo molto bene cosa farci e a chi darlo in mano. A quel punto abbiamo accelerato le pratiche per poter diventare un potenziale partner, cioè avere u ...[continua]
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