Da ormai dieci anni frequenti l’Ucraina. Come è nato questo rapporto?
È stato durante il primo dottorato, nel 2004, che ho iniziato a recarmi in Ucraina. Sono tornato nel 2005 e poi, a partire dal 2008, ho iniziato ad andarci tutti gli anni. Per la prima ricerca di dottorato stavo a Dnipropetrovs’k, nell’Ucraina orientale, mentre per la seconda ricerca, sui dissidenti, lavoravo a Kiev, dove adesso passo quasi la metà del mio tempo. Mi sono infatti occupato del dissenso nazionale che nasce nei circoli degli intellettuali socialisti, cioè comunisti di sinistra, negli anni Cinquanta e prosegue poi fino agli inizi dei Settanta, quando interviene la chiusura brezneviana che cambia le dinamiche del dissenso. Sono questi dissidenti che negli anni Sessanta e Settanta, quando ancora non si possono chiamare tali -nella storiografia infatti si chiamano intellettuali non conformisti perché non sono ancora stati dichiarati nemici del potere sovietico- rielaborano l’identità nazionale ucraina. Lo fanno in forme diverse da quelle che vi erano state durante la Seconda guerra mondiale, ancorate all’ideologia del nazionalismo. Qui l’identità nazionale viene infatti rielaborata partendo dal socialismo, dall’uguaglianza delle persone e al tempo stesso dalla riscoperta dei valori legati all’individualità rispetto a quelli della collettività di cui era permeata la cultura staliniana. È da quelle rivendicazioni che viene fuori anche l’elemento nazionale, che deriva per esempio dal diritto a parlare la propria lingua, assunto come diritto individuale. Se parlo l’ucraino in famiglia perché debbo parlare solo russo all’università? Nasce così un pensiero nazionale che potremmo dire di sinistra, che in quegli anni è maggioritario e che rimane poi parallelo all’altro. Il nazionalismo ucraino si divide sempre su questi due binari: da una parte una componente più di sinistra, socialista, in continuità con il nazionalismo originario ottocentesco, come nel resto d’Europa, dove i primi nazionalisti erano socialisti, antimonarchici e repubblicani. Dall’altra parte una componente di destra, anche radicale, che negli anni Venti e Trenta si schiera con il fascismo italiano e con il nazismo. I due binari proseguono fino a oggi, in realtà.
E oggi qual è quello prevalente?
Oggi è difficile dire chi sia più legittimato. Nel panorama politico ci sono partiti ultranazionalisti che hanno sì un grande seguito, ma raccolgono soprattutto un voto di protesta, un voto che esprime una pulsione antipolitica più che un’adesione effettiva ai loro programmi. Il nazionalismo che abbiamo definito di sinistra è stato prevalente all’inizio degli anni Novanta, perché quegli intellettuali di cui parlavo hanno, seppur per breve tempo, preso il potere nel 1991 e creato uno Stato che non è etnico -com’è invece il caso dei tre Stati baltici, dove la cittadinanza è stata riconosciuta solo a quanti sono considerati appartenenti all’etnia maggioritaria. In Ucraina si è cercato di portare avanti un’idea di cittadinanza inclusiva -anche perché si era ben consapevoli che il paese comprende persone che parlano più lingue, non solo l’ucraino e il russo, ma anche il bulgaro, il rumeno, l’ungherese, il greco e anche l’italiano, quest’ultimo per via di una piccola minoranza formatasi soprattutto nel XIX sec. e concentrata in Crimea e nella regione di Odessa. Il problema è che successivamente la politica ucraina è caduta in preda agli oligarchi.
A differenza di quanto accade in Russia, in Ucraina è infatti il potere economico a tenere in ostaggio quello politico. Ogni oligarca ha il suo partito. Sono loro a sedere in Parlamento e di fatto sono stati loro a fronteggiarsi nelle varie rivoluzioni più o meno pacifiche che si sono susseguite in questi anni, a partire da quella arancione del 2004. Anche la rivoluzione attuale, in realtà, nasce dai conflitti fra interessi politici ed economici diversi e opposti. Tanto che è difficile dire adesso dove stia il nazionalismo. Si è per esempio scoperto che Pravyj Sektor, la formazione di destra più radicale, la parte più estremista della piazza, ha fatto un accordo con il canale televisivo della famiglia di Janukovic. Del leader di Pravyj Sector, Dmytro Yarosh, di cui in realtà non si sa molto e che per questo è stato molto criticato dai giornalisti ucraini dal momento che pretenderebbe di presentarsi come president ...[continua]
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