Alla fine del 1939, in Alto Adige, i tedeschi sudtirolesi vennero sottoposti alla cosiddetta Opzione, in base alla quale dovevano decidere se rimanere cittadini italiani o passare sotto il regime nazista. Puoi raccontarci?
Il problema dell’Alto Adige divenne di attualità e non più rimandabile dopo l’annessione dell’Austria, che fino allora aveva rappresentato una sorta di cuscinetto tra la Germania nazista e l’Italia fascista.
Sparita l’Austria, conoscendo l’irredentismo dei tirolesi e dovendo però l’Asse funzionare per la guerra, Italia e Germania dovettero trovare una soluzione definitiva per questa situazione.
Così, nell’autunno del 1939 si venne ad un accordo tra le due potenze che sanciva il diritto per i tedeschi e i ladini sudtirolesi di "optare" per la cittadinanza tedesca. E già questo poneva problemi perché non era così facile stabilire chi era di lingua tedesca e ladina, infatti hanno optato anche alcuni di madrelingua italiana. Così ci furono fin dall’inizio delle lunghissime polemiche tra tedeschi e italiani, tra le autorità politiche tedesche e italiane, perché gli italiani contestarono le opzioni di alcune persone. I tedeschi invece accettavano più o meno tutti perché volevano incamerare il maggior numero possibile di optanti.
Le opzioni si svolsero tra l’ottobre e il dicembre del ’39. Entro tre mesi la popolazione interessata avrebbe dovuto dichiararsi. Le opzioni, in concreto, prevedevano la scelta della cittadinanza germanica con l’obbligo in un secondo momento di espatriare. C’era anche un termine ultimo per il trapianto degli optati, cioè il dicembre del ’42, che poi è stato prorogato. Comunque entro 3 anni il trapianto doveva essere completato. L’altra possibilità era di optare confermando la cittadinanza italiana, ovviamente con un futuro del tutto incerto, anche con la minaccia di poter essere deportati in altre zone. In questi termini si è posta la scelta, l’opzione. Tuttora il termine "opzione" è un termine tecnico, che viene usato nel diritto internazionale e nella storiografia come scelta di cittadinanza.
Oggi, queste vicende sono state quasi completamente dimenticate...
Le opzioni del ’39 sono un evento traumatico della nostra storia recente, perché provocarono una profonda spaccatura della società sudtirolese a tutti i livelli, anche sociale, personale, addirittura familiare. Si trattò di una divisione non soltanto traumatica a livello ideologico-politico, ma che entrò nelle famiglie, nelle amicizie; ci sono state delle separazioni tra mariti e mogli, addirittura tra figli e genitori. E poi una spaccatura, detto un po’ schematicamente, tra anti-nazisti e filo-nazisti. Non che tutti gli optanti fossero nazisti, ma filo-nazisti in un certo senso sì.
Io credo poi che quanto è accaduto nelle opzioni del ’39 resti di grande attualità anche per leggere le vicende degli ultimi anni della ex Jugoslavia, in cui la politica portata avanti dai serbi o dai croati ha sempre conservato un fortissimo richiamo al passato, alla storia. Una data storica per i sudtirolesi è stata sempre l’annessione del ’18, i serbi vanno ancora più indietro al 1389, a Kosovo Polije, però, in entrambi i casi si scelgono degli episodi del passato per orientare la politica presente. Le opzioni del ’39 infine sono interessanti per capire la politica di pulizia etnica allora attuata in non pochi paesi, soprattutto quelli ex comunisti dei Balcani e dell’Europa orientale, perché il connesso trapianto di popolazione, o meglio il previsto e progettato trapianto, allora non riguardarono soltanto i sudtirolesi, ma tutte le minoranze tedescofone.
Il tutto infatti va visto nell’ambito più vasto dei piani di deportazione di popolazioni nei territori conquistati dal Terzo Reich. Era un programma che andava ben oltre la piccola minoranza di 200.000 persone. Non a caso l’operazione fu affidata da Hitler alle SS, a Himmler. E le SS, in parte già prima del ’39, ma soprattutto dopo l’inizio della guerra con la Polonia elaborarono dei p ...[continua]
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