Luca Baranelli (Siena, 1936), è vissuto per trentadue anni a Torino lavorando nell’editoria. Alla conversazione ha partecipato anche Fiamma Bianchi Bandinelli (Livorno, 1937).

Tu sei stato amico di Sebastiano Timpanaro. Un aspetto che impressiona è constatare quanto egli sia stato importante per tantissimi intellettuali e militanti della sinistra e quanto poco fosse invece conosciuto. Ce ne puoi parlare?
Provo a dire perché è stato importante per me, anche se non bisognerebbe partire da sé per parlare di una persona del suo livello intellettuale, culturale e morale. In queste settimane, dopo la sua morte, ripensavo a quando l’ho conosciuto: poteva essere il ’59 o il ’60. Sapevo chi era, perché mio padre, un pittore nato nel 1895, aveva conosciuto il padre di Timpanaro, amico di tanti artisti, e conosceva il figlio. Il padre si chiamava come lui, Sebastiano, tanto che il nostro Timpanaro, per diversi anni dopo la morte prematura del padre, che se non sbaglio avvenne nel ’49, per distinguersi si firmava "Timpanaro jr"; poi naturalmente, col passare degli anni, siccome del padre purtroppo pochi parlano e i suoi libri non sono stati ristampati, tolse questo "junior" e Sebastiano Timpanaro rimase solo lui. Il padre era uno storico della scienza di valore (fu per molti anni direttore della Domus Galileiana a Pisa); era inoltre un uomo di grande apertura culturale e intellettuale, amico di letterati, poeti, scrittori, di tutti quelli più conosciuti della prima metà del ’900 italiano (quando morì, Montale gli dedicò un articolo sul "Corriere della sera"). Era anche amico di moltissimi pittori e incisori, tanto che con gli anni aveva messo insieme una grande raccolta di opere grafiche, quasi tutte regalategli dagli artisti stessi: dopo la sua morte, Sebastiano e sua madre, la signora Maria Cardini, donarono la Collezione Timpanaro all’Università di Pisa, che a quanto mi risulta non ha ancora dato ad essa una sistemazione degna del valore delle opere e della eccezionale generosità dei donatori. La signora Maria Cardini Timpanaro era una studiosa di filosofia greca antica e di Galileo: mi pare si fosse occupata soprattutto dei presocratici e aveva curato un’edizione del Sidereus Nuncius. Era anche lei una persona straordinaria, di grande modestia e, al contempo, di grande intelligenza e cultura: un po’ come Sebastiano. Dopo la morte del marito, visse col figlio per trent’anni; e anche quando Sebastiano si sposò con Maria Augusta Morelli, la signora Maria rimase con loro fino alla morte, avvenuta nel ’78. Uno degli ultimi saggi di Sebastiano è proprio l’ampia introduzione a una raccolta di scritti di sua madre che sarà presto pubblicata dall’Ets di Pisa.
Di Sebastiano, oltre che da mio padre, avevo sentito parlare fra la fine degli anni ’50 e i primi anni ’60 da due amici senesi: Alceste Angelini, insigne grecista e raffinato poeta della generazione di Timpanaro, e Roberto Barzanti, che in seguito ha fatto politica (è stato sindaco di Siena per il Psiup, poi deputato europeo del Pci-Pds per tre legislature) e che allora era un giovane che studiava a Pisa storia contemporanea; si occupava molto anche di Leopardi e, naturalmente, come tutti gli studiosi che stavano a Pisa, anche giovani come lui, conosceva Timpanaro, anche se Timpanaro non insegnava all’università.
Timpanaro insegnava all’avviamento professionale?
È così. Timpanaro, credo anche per la difficoltà d’impartire lezioni dalla cattedra a un pubblico numeroso (forse collegata all’agorafobia e claustrofobia che l’hanno afflitto un po’ per tutta la vita), non se l’era mai sentita di fare concorsi universitari. Esattamente non saprei dire, di questo con lui non ho mai parlato; però era un fatto noto, e sorprendente, che Timpanaro, uomo di così grande valore -il più grande filologo classico italiano dopo la morte di Pasquali, e insieme con Scevola Mariotti e Antonio La Penna il più grande latinista- non insegnasse filologia classica o storia della lingua latina o letteratura latina in un’università. Mi è stato raccontato che una volta si era lasciato convincere da un professore amico a tenere un seminario alla Scuola Normale di Pisa. Sebastiano era un po’ a disagio e chiuse presto la seduta. Usciti dall’aula, uno studente del seminario lo accompagnò fuori e sulla scalinata della Normale gli chiese una spiegazione. Mentre gli rispondeva, Sebastiano quasi non si accorse che si erano radunati intorno a loro molti altri studenti, i quali poterono ...[continua]

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