Una Città263 / 2020
febbraio


“La fusione della produzione di carbone e di acciaio assicurerà subito la costituzione di basi comuni per lo sviluppo economico, prima tappa della Federazione europea, e cambierà il destino di queste regioni che per lungo tempo si sono dedicate alla fabbricazione di strumenti bellici di cui più costantemente sono state le vittime... La creazione di questa potente unità di produzione, aperta a tutti i paesi che vorranno aderirvi e intesa a fornire a tutti i paesi in essa riuniti gli elementi di base della produzione industriale a condizioni uguali, getterà le fondamenta reali della loro unificazione economica. Questa produzione sarà offerta al mondo intero senza distinzione né esclusione per contribuire al rialzo del livello di vita e al progresso delle opere di pace. Se potrà contare su un rafforzamento dei mezzi, l’Europa sarà in grado di proseguire nella realizzazione di uno dei suoi compiti essenziali: lo sviluppo del continente africano...
Questa proposta, mettendo in comune le produzioni di base e istituendo una nuova Alta Autorità, le cui decisioni saranno vincolanti per la Francia, la Germania e i paesi che vi aderiranno, costituirà il primo nucleo concreto di una Federazione europea indispensabile al mantenimento della pace”.
(Dichiarazione Schuman, 9 maggio 1950)
Febbraio 2020
Questo numero è stato aperto eccezionalmente in occasione delle serrate per il Coronavirus.
E' possibile sfogliarlo a questo indirizzo:
http://unacitta.it/materiali/2020-263

La mia Gran Bretagna...
Belona Greenwood

Quanta flessibilità, quanta sicurezza
Su riforme e andamento del mercato del lavoro
Intervista a Bruno Anastasia

Meritocrazia
Sull’ideologia del merito
Intervista a Mauro Boarelli

Per la liberazione di Khalida
Un appello per Khalida Toumi

Il General Post Office
Un museo sulla storia dell’Irlanda
Intervista a Mark Leslie

“Sei triste papà?” “Sono solo”
Ricordiamo Albert Camus
Intervista a Catherine Camus

Nicola Chiaromonte e Albert Camus, due amici
Intervento di Cesare Panizza

Diario americano
In visita alle Nazioni Unite
Intervento di Paolo Bergamaschi

Mettere dei segni sulle case dei tutsi...
Bettina Foa

Quel comizio al Vigorelli
Ricordiamo Pierre Carniti
Intervista a Bruno Manghi

Il personaggio in poesia
Alfonso Berardinelli

Cancellata!
Ilaria Maria Sala

Non ammazzare
Francesco Ciafaloni


L’occupazione militare israeliana
Giorgio Forti

La musica gnawa
Emanuele Maspoli


Sproporzioni e mea culpa
appunti del mese di Gianni Saporetti

Agli alunni
reprint di Giuseppe Mazzini

Note a “rivoluzioni che maturano’
reprint di Alessandro Schiavi del 1918
La copertina è a colori in via eccezionale, la terza volta in 29 anni e sempre per un lutto: l’anniversario della morte di Borsellino, il funerale di Marek Edelman, il vicecapo della rivolta del ghetto di Varsavia. Questa volta è per l’abbandono dell’Europa da parte della Gran Bretagna, il paese che ottant’anni fa salvò l’onore degli europei tenendo testa, all’inizio da solo, all’orrore nazista e fascista. La tristezza di tantissimi inglesi è dipinta sul volto del giovane in copertina ed è raccontata qui a fianco dalla nostra Belona: “Il 31 gennaio è stato una giorno difficile, grigio e senza conforto per quelli di noi che considerano una sciagura questa tortuosa uscita dall’Unione europea. Noi Remainer stiamo attraversando varie fasi di dolore per la vostra perdita”. Ora non resta che sperare che l’Europa riesca a fare qualche passo avanti decisivo sulla strada verso l’unità politica, militare e anche sociale. Senza, sempre più abitanti dell’Europa si convinceranno che non val la pena esserne cittadini.

L’occupazione è tornata quella del 2008, come numero di lavoratori, ma non per numero di ore, a causa dell’aumento del part-time; in più c’è il problema del pil che non cresce e della popolazione lavorativa che cala; il dibattito sulla flexicurity, rispetto alla quale però non esistono grandi alternative, si tratta di trovare i giusti compromessi tra flessibilità e sicurezza; ha senso parlare di tutele per il lavoro autonomo? Le difficoltà anche a fallire. L’intervista è a Bruno Anastasia.

Nelle centrali ricordiamo Camus insieme a sua figlia Catherine: “Il suo è un pensiero forte e tonificante. Papà diceva sempre: ‘è un tubetto di vitamine’. Papà parte dal piccolo per andare verso il grande, mentre gli occidentali partono da un’ideologia o da una grande cosa e cercano di farci entrare dentro tutto quanto, a costo di tagliare tutti e due i piedi a un bambino o a un uomo fatto, pur di farli entrare nel grande. Papà parte dal piccolo e, hop, lo allarga. E quello che dice è più vero. Per questo i filosofi non lo considerano un filosofo. Perché non ha creato un sistema. Il sistema è anti-Camus. Da qualche parte -mi pare ne L’Estate- ha scritto: ‘Nulla di ciò che costringe a escludere è vero’. Cosa volevate che facesse di tutte le filosofie?”. Poi Cesare Panizza ci ricorda l’amicizia che legò Camus a Nicola Chiaromonte dei quali, in Francia, è uscita la corrispondenza.

Durante la grande industrializzazione, negli anni Sessanta, quando si forma una generazione di giovani e combattivi sindacalisti, che pensano che il sindacato debba stare in fabbrica, che la contrattazione aziendale sia decisiva, che i sindacalisti non debbano fare i deputati, che l’unità sindacale sia necessaria, Pierre Carniti è uno dei loro leader più seguiti. Offesi dall’ingiustizia, erano animati da una specie di spirito quasi missionario, che si accompagnava, però, al rispetto del sapere e della sua autonomia. A ricordare l’amico è Bruno Manghi.

“La dignità umana è il diritto alla salute, al lavoro, all’istruzione e al benessere sociale. La dignità umana è il diritto, e la possibilità pratica, di plasmare il futuro assieme agli altri”. La visita è alla tomba di Olof Palme, grande dirigente socialdemocratico ucciso nel 1986.

Redazione Una città
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