Una Città264 / 2020
marzo


“Questo del limite era un concetto molto importante nel pensiero di Nicola [Chiaromonte]. Che vuol dire? Fra tante cose, anche questa: che un’azione non si qualifica soltanto per la sua natura, ma per la sua misura. Fare dieci è una cosa, fare venti della stessa cosa, è un’altra. Per Nicola, voler ottenere un mutamento attraverso la conquista immediata e integrale del potere, era una cosa sciocca, perché nel perseguire il potere, si snatura e sorpassa il limite: si crea una contraddizione fra ciò che si vuole e ciò che si ha imponendolo. Sempre a proposito di limite gli piaceva raccontare questa storiella. In Cina un contadino aveva un piccolo podere. Non c’era acqua, e lui doveva ogni giorno, con grande fatica, andarla a prendere lontano, per la casa e per i campi. Un altro cinese, contadino come lui, gli dice: ‘Ma scusa, perché non fai come me?’. E gli fa vedere tutto un sistema di ruote, carrucole, funi, canaletti di bambù, eccetera, per estrarre l’acqua da un pozzo e farla arrivare dove serve senza rompersi la schiena. Il primo cinese guarda tutto, poi dice: ‘Non lo voglio’. ‘Perché?’. ‘Perché così l’acqua diventerebbe furba’. E’ una storiella tipica di Nicola. Il sospetto di una tecnologia che non tenga conto dei ritmi della natura. Lui diceva sempre che nel mondo moderno non c’è possibile salvezza se si accetta il progresso tecnologico per principio, senza riserve, e si applica tutto ciò che esso può suggerire”. (Mary McCarthy )

Marzo 2020

Questo numero è stato aperto eccezionalmente in occasione delle serrate per il Coronavirus.
E' possibile sfogliare il pdf a questo indirizzo:
http://unacitta.it/materiali/2020-264/


Ammaestramenti del Coronavirus
Marco Vitale

Covid-19: gravissimo, ma non è l’Angelo Sterminatore
Massimo Livi Bacci

La metà che manca
Su sinistra e populismo
Intervista ad Andrew Arato

A me è capitato questo
Intervista a Romina Scaloni

Comunità energetiche
Su ambiente, energia e cultura cooperativa
Intervista a Michele Calì (p. 14)

Sei bambini
Sui bambini di strada di Bujumbura
Intervista a Philippe de Pierpont

“Con zelo?” “Sì”
Un testo insedito sul processo Hoess,
Massimo Adolfo Vitale

Quei vagoni
Il memoriale di Binario 21 a Milano
Intervista a Marco Vigevani

Diario americano - seconda parte
Paolo Bergamaschi

Se Nenni avesse dato retta a La Malfa...
Un ricordo di Ugo La Malfa
Intervista a Luisa La Malfa

La mina tedesca: vita e morte di Giaime Pintor

Valerio Strinati

Anna Maria Carpi e Alba Donati
Alfonso Berardinelli

Problemi
Francesco Ciafaloni

Com’è passare dall’altra parte?
Emanuele Maspoli

Mutuo aiuto e compassione
Belona Greenwood

“Mio caro Marx”
Reprint di Pierre-Joseph Proudhon

Verità e solitudine
Dal carteggio tra Salvemini - Fortunato

La visita è alla tomba di Paul-Henri Spaak
In copertina la tromba delle scale di un ospedale. In uno di quei piani, tanti nostri concittadini giacciono inermi, “sedati e intubati”, come da gelida terminologia scientifica, e se non ce la faranno la cosa avverrà in totale solitudine e incoscienza. Il modo migliore per alcuni, il peggiore per altri. La maggior parte di loro, certo, sono anziani, e già malandati, e questo per un po’ ha fatto tirare un sospiro di sollievo a molti. Ce ne siamo pentiti quasi subito. No, non solo per il dilagare della malattia, ma perché qualcosa e qualcuno ha fatto risuonare dentro di noi la parola “nonni”, e le parole “padre” e “madre”. La battaglia fra egoismo e compassione, e la ricerca di un compromesso fra i due, non finirà mai, dentro di noi e fra di noi. A loro, a chi è in terapia intensiva, i nostri migliori auguri di risvegliarsi e chiedere: “Dove sono?” come capitato al paziente numero uno. Se poi a salvare di più debbano essere le forze delle proprie difese o i farmaci e quant’altro, resta una delle grandi questioni di fondo su cui non smetteremo di interrogarci. Insieme a quella del “limite”, a cui è dedicata, qui sopra, la “citazione”.
Per il resto aspettiamo. Marco Vitale, qui a fianco, ci invita a “far tesoro” comunque di un’esperienza che non sappiamo ancora se sarà catastrofica: “La nostra collettività utilizzi questa dolorosa sfida per migliorare la propria cultura e la propria organizzazione sociale. Scienza, conoscenza, buona organizzazione, rispetto reciproco e fiducia devono diventare i pilastri della nuova Italia che dobbiamo in gran parte rifondare anche seguendo la mappa del tesoro che il Coronavirus ci aiuta a tracciare”; Belona Greenwood conclude così la sua lettera dall’Inghilterra: “Nel 1918, un’epidemia di influenza spazzò via più persone di quante ne fossero morte durante la Prima guerra mondiale. Si manifestò in tre ondate; la seconda fu la più letale: era in grado di uccidere le sue vittime in soli tre giorni. Non sappiamo ancora cosa ci aspetta, ma sappiamo che l’unico modo che abbiamo per affrontarlo è stando insieme, in uno spirito al contempo di vicinanza e cooperazione. Dobbiamo tutti riscoprire la gentilezza, il mutuo aiuto e la compassione”.
Buona fortuna a tutti.

Redazione Una città
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