Nell’estate del ’44 in Italia settentrionale e lungo l’Appennino in alcune zone liberate si sperimentarono forme originali di autogoverno democratico. Puoi raccontare?
Nel libro cito in tutto ventotto zone libere, più una ventinovesima, quella di Maschito, che è particolare. Le ventotto zone sono quanto di più eterogeneo, e talvolta folclorico, si possa immaginare, ma erano vere amministrazioni; non parliamo quindi di partigianato combattente. Certo c’era il commissario politico partigiano che faceva da trait d’union, ma poi le amministrazioni erano davvero civili e dentro c’erano anche i contadini, spesso semianalfabeti, o, come nel caso di Maschito, analfabeti del tutto, che per la prima volta si rendevano protagonisti della storia di questo Paese.
Direi che le Repubbliche partigiane principali sono state tre. L’Ossola è sicuramente la più importante, anche per la sua posizione al confine con la Svizzera, dove si erano rifugiati molti intellettuali italiani che, appena seppero della liberazione di quel territorio, scesero per partecipare. C’erano Umberto Terracini, che qualche anno dopo firmò la Costituzione italiana, e curava il bollettino della Repubblica dell’Ossola; Franco Fortini, allora giovane sottufficiale, che di quell’esperienza ci ha lasciato lo splendido libro "Sere in val d’Ossola”; c’era Concetto Marchesi, che da Rettore dell’Università di Padova si era rifugiato in montagna con i suoi allievi; e ancora Gianfranco Contini, Massimo Bonfantini e tanti altri. Durante il periodo della repubblica dell’Ossola Gisella Floreanini fu la prima donna a conquistare di fatto la carica di Ministra in Italia (con delega all’Assistenza e ai Rapporti con le organizzazioni popolari). Teniamo presente che all’epoca alle donne non era neppure riconosciuto il diritto di voto.
Sempre per via del confine, all’Ossola arrivarono i giornalisti stranieri, e così tutto il mondo seppe che gli italiani erano in grado di governarsi da soli, che c’era una classe dirigente democratica pronta a prendere in mano il paese.
Le altre due repubbliche importanti sono quella della Carnia, in Friuli, che durò tre mesi, e quella di Montefiorino, a ridosso della linea gotica.
La Carnia riuscì a emettere una legislazione delle più avanzate; tanto per cominciare, diedero il voto alle donne, ma in quanto capifamiglia. Inoltre introdusse una prima forma di democrazia diretta, che si rifaceva al comune rustico, che è appunto l’assemblea dei capifamiglia. I capofamiglia erano anziani o donne -gli uomini erano dispersi sui fronti di tutta Europa, o sulle montagne.
La Repubblica della Carnia introdusse perfino un proprio sistema di fiscalità, stabilita con criteri che poi verranno accolti nell’art. 53 della Costituzione. I redditi venivano divisi in otto scaglioni, tassati con criterio progressivo. Da Montefiorino invece passò in Costituzione l’art. 54, tale e quale come l’aveva scritto il sindaco della Repubblica partigiana: "I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge”.
Le repubbliche di cui parliamo nascono tutte nell’estate del ’44, per ovvie ragioni. I tedeschi, in grossa difficoltà, si limitano ormai a tenere le aree più importanti, le grandi vie di comunicazione, le grandi città e i luoghi dove c’erano aziende che ancora potessero servire. Devono invece abbandonare le montagne. Ci sarebbe la repubblica di Salò, però in montagna il fascismo aveva attecchito poco. Teniamo conto che il fascismo "passava” soprattutto attraverso la scuola, ma da quelle parti a otto anni i ragazzini erano già a lavorare! Inoltre, nelle Alpi c’era una tradizione secolare di emigrazioni stagionali. Queste persone andavano e venivano dalla Svizzera, dalla Germania, dalla Francia, dove avevano contatti con i movimenti socialisti e cooperativi; lavoratori magari semianalfabeti, che però qualcosa avevano orecchiato. Per esempio, in Carnia e a Varzi il bestiame viene dato ai contadini che si associano in cooperativa non in proprietà privata.
Queste repubbliche si trovano a fronteggiare il problema della povertà, ma anche ...[continua]
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