A voi giovani che mi siete ignoti, benché io vi sappia numerosi in Italia... io non intendo dirvi se non poche cose che dovrebbero, parmi, costituire il carattere del vostro moto, qualunque ne sia la sorgente.
Non abbiate Capo, alla cui volontà commettiate la direzione esclusiva delle opere vostre e i fati del paese: Capo, come vado ripetendovi a ogni tanto, è il programma. Intorno a esso comincia la disciplina e dovete averla severa, concorde, perenne; ma non immobilizzate l’iniziativa in un individuo qualunque ei sia. Quando i tempi volevano che il lavoro umano si concentrasse intorno al problema dell’io, dell’individuo, l’iniziativa poteva, doveva forse, appartenere a un individuo, ma il carattere dell’iniziativa deve essere in armonia colla natura del fine: oggi il problema da risolversi è problema d’associazione e l’iniziativa deve essere collettiva. Amate, onorate gli uomini che hanno operato a pro del paese; non siate mai immemori o ingrati al loro passalo, dov’anche li trovaste mutati; ma non fidate mai ciecamente in alcuno: non immedesimate in alcuno il Programma; non sostituite l’uomo al principio.
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E quando entrerete nella sfera dell’azione, fate d’essa una continuazione del vostro apostolato. Non esagerate la deliberazione a ferocia, né la necessità di vincer gli ostacoli a una celata paura dei nemici che vi sproni a sistemi persecutori o di terrorismo ordinato: in verità, non ne avete bisogno: avete bisogno di conquistar la coscienza, che oggi ancora vi manca, della forza ch’è in voi, bisogno d’unirvi quanti siete a conquistare il fine che tutti, qualunque sia la sorgente dei nostri pensieri, adoriamo. E quando vi leverete sereni e forti di volontà e rifulgerà nei vostri primi atti la certezza della vittoria, voi vedrete metà degli uomini del campo avverso salutare in voi la forza davanti alla quale essi piegano da lungo il ginocchio e l’altra metà combattere fiaccamente come chi non crede. Io non v’ho mai creduli incapaci di vincere bench’io talora, vedendo i vostri dissidi, lo vostre incertezze, le vostre imitazioni straniere e la vostra prontezza a sognar salute d’altrove più che da voi medesimi, v’abbia con profonda amarezza temuti incapaci di sorgere...
Giuseppe Mazzini,
Ai giovani, in “La Roma del Popolo”, novembre 1871