Da Lampedusa al Brennero - page 13

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monizzazione degli standard procedurali e
di accoglienza nei diverso paesi europei. Si
scelse invece una risposta insieme semplice
ed estrema, lontanissima dal principio del
bilanciamento degli interessi, ovvero quella
di annullare ogni possibilità per il richie-
dente di scegliere in parte il proprio progetto
migratorio. Tale profonda compressione dei
diritti della persona non ha neppure prodot-
to i risultati tanti attesi giacché numerosi
e autorevoli sono gli studi che evidenziano
l’inefficienza del meccanismo regolatore vo-
luto dal Regolamento Dublino.
- L’impedimento ai rifugiati riconosciuti in
uno dei Paesi dell’Unione a potersi stabili-
re in un altro Stato dell’Unione. Il rifugiato
viene infatti legato, per ciò che riguarda il
suo diritto di soggiorno (non di circolazio-
ne) al paese in cui gli è stata riconosciuta la
protezione creando in tal modo delle “gabbie
geografiche” all’interno dello stesso spazio
comune europeo nella UE. Si tratta di un
approccio totalmente irragionevole, appena
mitigato in minima parte dall’adozione del-
la Direttiva 2011/51/UE relativa al rilascio
del permesso di soggiorno lungo anche ai be-
neficiari di protezione internazionale.
In sintesi possiamo dire che buona parte
della politica europea sull’asilo ha insegui-
to l’idea di limitare o impedire l’esercizio di
alcuni diritti della persona ritenendo così di
controllare meglio alcuni fenomeni sociali.
Ma l’idea che “negare equivalga a impedi-
re” si è rilevata ancora una volta sbagliata;
negare l’esercizio di ciò che i destinatari
del provvedimento percepiscono acutamen-
te come un loro diritto non equivale affat-
to a impedirne l’esercizio ma, in assenza
di alternative legali, genera solo disagio,
sofferenza, marginalità sociale e in ultima
analisi illegalità. Governare i processi so-
ciali significa indirizzarli senza negarli. Li-
mitazioni e impedimenti, pur necessari, per
essere efficaci debbono essere ragionevoli,
ovvero non devono porsi in contrasto radi-
cale con il fenomeno che si stanno appunto
tentando di regolamentare, non di impedire.
Le attuali politiche UE in materia di asilo
non sembrano in grado di gestire la com-
plessità dei nuovi scenari internazionali e
alcune riforme appaiono quanto mai urgenti
e necessarie. Anche sulla base delle rifles-
sioni che Asgi sta conducendo, propongo
delle riflessioni attorno ai seguenti due assi.
1. La protezione non può iniziare solo quan-
do il rifugiato arriva alle frontiere della UE
ma va “avvicinata” ai rifugiati in fuga. La
cd. “dimensione esterna dell’asilo” deve di-
ventare qualcosa di concreto che vada oltre
fumose dichiarazioni di principio e non va
confusa con il contrasto all’immigrazione ir-
regolare.
2. L’approccio secondo il quale, nello spazio
comune europeo, i richiedenti asilo e per-
sino i titolari di protezione debbano rima-
nere “bloccati” dentro i confini del paese di
arrivo, è anacronistico. Va quindi iniziato
il superamento del Regolamento Dublino e
vanno introdotte delle nuove norme comuni
che favoriscano la libertà di soggiorno nella
UE pur nella consapevolezza che si tratta
di cambiamenti che vanno gestiti con tappe
progressive.
Come avvicinare la protezione
Rimane ancora denso di incognite, anche sul
piano giuridico, il tema dell’esternalizzazio-
ne al di fuori della UE delle procedure per la
presentazione e l’esame delle domande d’a-
silo. Non intendo in questa sede affrontare
questo tema che oggi viene trattato talvolta
con eccessiva disinvoltura senza avvedersi
dei rischi in esso insiti. Ciò su cui invece
intendo richiamare l’attenzione sono le se-
guenti tre misure tutte realizzabili a legisla-
zione vigente.
1. L’Europa ancora non ha (e deve dotarse-
ne al più presto) un programma comune di
reinsediamento di rifugiati da paesi terzi di
transito, focalizzato a intervenire sulle più
acute crisi umanitarie del momento. Affin-
chè il programma comune sia efficace e ven-
ga attuato nel modo più adeguato possibile
è necessario:
- definire i parametri sulla cui base i singoli
paesi partecipano al programma (es: popo-
lazione, superficie, numero di rifugiati per
abitante, domande di asilo avute nell’ultimo
biennio, ecc);
- definire, di concerto con l’Unhcr, le aree
sulle quali intervenire e il numero annuo di
rifugiati da reinsediare, facendo la massi-
ma attenzione nell’evitare di concentrare i
programmi di reinsediamento solo in alcuni
Stati (ciò produrrebbe un effetto attrazione
verso di essi);
- definire tempi uniformi (almeno sui tempi
minimi) di accoglienza e avvicinare maggior-
mente gli standard di protezione e l’accesso
ai diritti sociali e civili, prevedendo even-
tuali programmi europei di rinforzo verso i
paesi con una minore tradizione di asilo e
una situazione socio-economica difficile allo
scopo di evitare il fallimento dei programmi
di accoglienza e integrazione in alcuni paesi
con conseguente fuga dei rifugiati da detti
paesi verso altri stati dell’Unione.
2. Va concordata una comune modalità di
applicazione di quanto previsto dall’art. 5
del Regolamento Schengen sulle frontiere
esterne che, come è noto, dà a ogni Stato
la facoltà di consentire che cittadini di pae-
si terzi, che non soddisfano una o più del-
le condizioni per l’ingresso e il soggiorno,
essere autorizzati a entrare nel territorio
dell’Unione. La finalità principale di detta
misura è consentire a stranieri che hanno
legami familiari (anche in senso esteso) con
rifugiati che vivono nell’Unione di poterli
raggiungere in modo regolare senza cadere
nelle mani delle organizzazioni che gestisco-
no il traffico internazionale di esseri umani.
3. Con l’operazione Mare Nostrum, operan-
do anche in acque Sar non di propria com-
petenza, l’Italia ha dato piena applicazione
agli obblighi previsti dal diritto internazio-
nale marittimo in materia di operazioni di
ricerca e soccorso; gli interventi di mare No-
strum trovano legittimazione dalla ogget-
tiva constatazione che i paesi formalmente
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