Da Lampedusa al Brennero - page 19

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mezzogiorno e sera e poi se ne va, e di notte
magari non rimane nessuno, beh, è chiaro
che in contesti affollati si stabiliscono delle
leggi dove il più forte prevarica il più debo-
le e dove, se uno disturba, viene picchiato
così non disturba più. È un po’ la legge della
giungla.
Quest’anno poi la situazione rischia di esse-
re più drammatica di quella del 2011, quan-
do in Italia arrivarono 67.000 migranti, di
cui 63.000 in Sicilia. L’estate non è ancora
cominciata e ad oggi (metà aprile) siamo già
intorno ai 20.000 arrivi.
Molti hanno accusato l’operazione
“Mare Nostrum”, voluta per limitare
i flussi illegali e per evitare ulteriori
tragedie in mare, di aver di fatto incre-
mentato gli arrivi.
È l’accusa della Lega. Certamente, oggi chi
parte sa che percorrendo un tratto di mare
molto ridotto, trova le navi di “Mare No-
strum”. A 30-40 miglia dalla costa libica,
intervengono i mezzi della Marina, che da
quando sono in attività hanno salvato quasi
diciottomila persone. Anche questo mi pare
vada detto: da quando è stata avviata que-
sta campagna non ci sono più state stragi
in mare.
La scorsa estate i mezzi erano molto più a ri-
dosso della Sicilia. Le procure perseguivano
soprattutto le “navi madre”, cioè andavano
alla caccia dei mezzi che portavano barche
più piccole e poi fuggivano, quindi i controlli
erano dislocati tra Malta, Siracusa e Cata-
nia, dove, tra l’altro, avveniva la maggior
parte degli sbarchi. Questo però aveva com-
portato che, in numerose occasioni, mezzi
piccoli fossero sfuggiti ai controlli e ci fos-
sero stati anche naufragi dagli esiti tragici:
a fine settembre tredici migranti sono morti
nel corso di uno sbarco a Scicli, nel Ragusa-
no; già ad agosto 2013, a Catania, alla Pla-
ya, sei giovani egiziani erano morti prima
di raggiungere la spiaggia. Una bruttissima
estate ma nulla di paragonabile con quello
che è seguito dopo.
“Mare Nostrum” è certamente un’operazio-
ne costosa, ma ha salvato vite umane e, pro-
babilmente, non c’era altro mezzo. Nessuno
stato europeo ha permesso l’apertura di ca-
nali di ingresso umanitari. Con una diversa
politica dei visti d’ingresso si sarebbero po-
tuti evitare molti sbarchi e molte partenze.
I siriani (che nei primi mesi del 2014 erano
appena 11.000!) potevano benissimo recarsi,
non dico a Tripoli, perché tutta la Libia è
insicura per loro, però, arrivando in Egitto,
potevano andare al Cairo, trovare una de-
legazione dell’Acnur, l’Alto Commissariato
delle Nazioni Unite per i Rifugiati, vedersi
riconosciuto uno status provvisorio in quan-
to siriani e da lì essere distribuiti in tutta
Europa. Con l’aereo.
I migranti in fuga che arrivano in Eu-
ropa sono una minima parte di quelli
che si rifugiano nei paesi confinanti.
Questo va detto e ripetuto. I siriani che ar-
rivano in Europa sono una minima parte ri-
spetto ai 700.000 che ha preso la Turchia, al
milione che c’è in Libano. I siriani che arri-
vano qui sono quelli che hanno maturato la
scelta, durissima, di abbandonare la propria
terra. I più accettano di vivere in un campo
profughi super affollato proprio perché han-
no la speranza di tornare. Questo fenomeno
caratterizza un po’ tutti i grandi movimenti
di profughi: generalmente, chi fugge rima-
ne vicino per garantirsi una prospettiva di
ritorno.
Per questo ad arrivare in Europa sono, tut-
to sommato, numeri molto piccoli, anche
rispetto, per esempio, ai richiedenti asilo
che ha accolto la Germania con le crisi bo-
sniache. La Germania, nel ’94, ha accolto
380.000 richiedenti asilo dalla ex Jugosla-
via.
Sembra che ce lo siamo dimenticati, ma
dopo la crisi dell’ex Jugoslavia, sono arrivati
in Europa due milioni di persone.
Questo atteggiamento di chiusura di fron-
te a poche decine di migliaia di persone è
davvero poco comprensibile: non vogliamo
cioè risolvere il problema dal punto di vista
politico laggiù, né dal punto di vista umani-
molti uomini subiscono torture, quindi
c’è una quota crescente di persone con
un disagio psichico serio
Sistema Dublino e i “Dublinati”
– richiedenti asilo e riammessi
in Italia
Il sistema Dublino è formato dal regola-
mento di Dublino III e dal regolamento
Eurodac: il primo stabilisce i criteri per la
determinazione dello Stato membro com-
petente per l’esame di una domanda di
protezione internazionale, il secondo ha
istituito un database europeo di impron-
te digitali per l’applicazione della conven-
zione di Dublino. Da un lato il regolamen-
to Dublino intende impedire che tutti gli
Stati si dichiarino incompetenti all’esame
della domanda di protezione internazio-
nale, privando così il rifugiato del diritto
di accedere alla procedura amministra-
tiva prevista per il riconoscimento dello
status. Dall’altro si pone come obiettivo
quello di impedire i movimenti interni
all’UE dei richiedenti protezione, dando
agli Stati e non alle persone la facoltà di
decidere in quale Stato la persona debba
veder esaminata la domanda. Il rego-
lamento Dublino III prevede una tutela
per minori non accompagnati e dell’unità
familiare, stabilendo che in caso di lega-
mi familiari con persone in un altro stato
membro, sia questo a essere competente.
In realtà il sistema Dublino, come pila-
stro del Sistema Europeo Comune di Asi-
lo, è stato fortemente criticato e le tutele
previste spesso non vengono attuate.
Questi sono i paesi che hanno registra-
to il maggior numero di “Dublinati” dal
2008 al 2013, cioè persone trasferite per
riammissione nel loro primo paese di ar-
rivo: Italia (3.460), Polonia (2.442), Ger-
mania (1.702).
Questi i paesi invece dai quali sono avve-
nuti più trasferimenti: Germania (4.316),
Svizzera (4.165) e Svezia (2.869).
Riferimenti.
- Dal 1° gennaio 2014 viene applicato il
nuovo Regolamento del Consiglio Europeo
nr. 604/2013 (luglio 2013), il ccdd “Dubli-
no - III”, che abroga il precedente regola-
mento nr. 343/2003 (c.d. “dublino II”).
-RegolamentoEurodac (CE) nr. 2725/2000,
dell’11 dicembre 2000.
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