Da Lampedusa al Brennero - page 23

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per le singole abitudini culturali e le scelte
personali di consumo. Viene garantito l’ac-
cesso e l’abbonamento al trasporto urbano
e la copertura delle spese per farmaci e pre-
stazioni non coperte dal Servizio sanitario
nazionale.
Nel corso dell’accoglienza, un’équipe di ope-
ratori affianca e orienta i beneficiari, con l’in-
tervento del mediatore linguistico culturale,
quando necessario o richiesto dalla persona,
predisponendo forme di sostegno condivise
che includono: l’orientamento e l’accompa-
gnamento ai servizi e alle opportunità del
territorio; l’orientamento e sostegno in ogni
fase della procedura connessa alla doman-
da di protezione internazionale; il sostengo
per le pratiche connesse al rilascio/rinnovo
dei titoli di soggiorno; l’apprendimento del-
la lingua italiana, il costante monitoraggio,
l’orientamento e la facilitazione all’accesso a
corsi di formazione e riqualificazione profes-
sionale; l’attivazione di tirocini formativi in
collaborazione con il Centro per l’Impiego e
il Servizio di Inserimento Lavorativo del Co-
mune, l’accesso ad attività sportive o ricre-
ative. Viene curata, attraverso la collabora-
zione con il Centro Servizi Volontariato, la
possibilità per le persone che lo desiderano
di attivare percorsi di volontariato o parteci-
pazione ad associazioni del territorio.
L’accesso ai servizi sanitari rientra a pie-
no titolo negli accordi di programma che il
Comune di Modena stipula con l’azienda
Ausl-Distretto 3 di Modena, nell’ambito del
piano per la salute e il benessere sociale e
dei relativi programmi attuativi annuali, in
cui rientrano esplicitamente anche i richie-
denti e titolari di protezione internazionale
presenti sul territorio.
è stato curato negli anni, anche organiz-
zando incontri informativi, il rapporto con
i medici di medicina generale, che hanno
maturato in alcuni casi esperienza e capa-
cità di riconoscere segni e sintomi di traumi
derivanti da violenza e percorsi migratori
difficili. è stata costruita una solida collabo-
razione con l’Ausl di Modena, Dipartimento
di Salute Mentale e Servizio di Psicologia
Clinica, iniziata dal 2009 tramite un pro-
getto di formazione specifico in materia di
tutela delle vittime di violenza e tortura. Da
allora un gruppo di psichiatri e psicologi del
servizio pubblico, che si allarga nel tempo,
ha acquisito competenze specifiche sul tema
del sostegno alle vittime di tortura e si in-
contra con cadenza regolare con l’équipe e
il supervisore per confrontarsi sulle persone
accolte che presentano queste fragilità.
Il progetto ha attivato uno sportello di orien-
tamento e informazione aperto al pubblico
un giorno a settimana, rivolto alla cittadi-
nanza, ai richiedenti e titolari di protezio-
ne internazionale o umanitaria presenti sul
territorio o a coloro che volessero presentare
domanda di protezione, tramite cui si for-
nisce ogni informazione utile in merito alla
protezione internazionale, orientamento ai
servizi del territorio, supporto per il disbri-
go delle pratiche burocratiche, ascolto, in-
formazioni e orientamento alle persone che
arrivano e chiedono l’accesso all’accoglienza
Sprar.
Nella gestione di queste attività, il progetto
mantiene uno stretto rapporto con i referen-
ti della Questura-Ufficio Immigrazione e
della Prefettura. Queste istituzioni, in base
alla normativa vigente, svolgono localmen-
te un ruolo primario rispetto alle procedure
che interessano queste persone, sia rispetto
alla domanda di protezione internazionale,
sia rispetto alle misure di accoglienza. Per
questo si è lavorato per strutturare in modo
formale questo rapporto, giungendo alla fir-
ma del “Protocollo d’intesa sulle procedure
di accesso alle misure di accoglienza per ri-
chiedenti protezione internazionale previste
dal D. Lgs. 140 del 30 maggio 2005”, siglato
dalla Prefettura, dalla Questura e dal Co-
mune attraverso cui viene fornito supporto a
chi, presente sul territorio, intenda presen-
tare domanda di protezione internazionale e
chiedere accesso alle misure di accoglienza.
Credo importante sottolineare ancora l’im-
portanza del ruolo che un ente locale può
giocare nel promuovere questi protocolli e
accordi operativi.
è un dato di fatto la profonda difformità con
cui, su questi temi, le norme e le procedure
vengono applicate nelle prassi locali di que-
ste istituzioni e come molto spesso il fun-
zionamento delle cose finisca col dipendere
dalla buona volontà di singoli funzionari. Il
protocollo operativo che ho richiamato non
stabilisce nulla di nuovo, ma esplicita, con
reciproco riconoscimento, i ruoli e le respon-
sabilità che spettano a ciascuna istituzione
in base alle norme esistenti, e individua
delle procedure operative condivise e chiare
per metterle in atto, nell’auspicio che pos-
sano funzionare a prescindere dalla buona
volontà dei singoli.
Secondo i medesimi principi sperimentati
nella gestione del progetto Sprar, e più in
generale nella gestione del Centro Stranie-
ri, il Comune di Modena ha cercato di gesti-
re anche l’accoglienza delle persone nell’am-
bito dell’Emergenza Nord Africa, con alcune
specificità rispetto ad altre esperienze, che
penso abbiano dato esiti positivi.
Anche nel caso dell’Emergenza Nord Africa,
il Comune ha assunto un ruolo di diretta re-
sponsabilità nella gestione dell’accoglienza
delle persone arrivate in città. Ha quindi
stipulato direttamente la convenzione con
la Protezione Civile. Dato l’elevato numero
di persone da accogliere, il Comune ha in
seguito attivato, oltre a un’accoglienza di-
retta attraverso il Centro Stranieri, anche
delle convenzioni tra il Comune stesso con
più enti gestori sul territorio (associazioni e
cooperative sociali), stabilendo standard co-
muni simili allo Sprar. In ogni caso, il con-
tratto di accoglienza individuale era sempre
stipulato tra il Comune e la persona accolta,
a prescindere dal fatto che alloggiasse pres-
so un ente gestore.
Come detto, si è fatto uso fin da subito di
un contratto/patto di accoglienza siglato
tra Comune e singola persona, dove veni-
vano esplicitati impegni reciproci e termini
dell’accoglienza, nella convinzione che pur
nella totale incertezza delle regole in quel-
la fase, esplicitare un accordo con tempi e
impegni sarebbe stato fondamentale alla
relazione e alla responsabilizzazione di tut-
ti. In mancanza di date di scadenza defini-
te dalle norme, all’inizio il contratto veniva
impostato con scadenza trimestrale, chiara-
mente rinnovabili, scadenza che comporta-
va comunque il dover risedersi davanti a un
tavolo periodicamente per fare il punto sul
percorso individuale e condividere i passi
successivi. In questo modo molte persone,
francamente molto stanche dopo due anni
di attesa, al termine dell’iter della doman-
da d’asilo e del ricevimento del permesso,
sono uscite volontariamente dall’accoglien-
za senza attendere la chiusura nazionale
del programma. Al momento dell’ordinanza
di chiusura dell’Emergenza Nord Africa, a
dicembre 2013, delle 113 persone accolte ne
erano rimaste in accoglienza circa quaran-
ta, uscite poi con tranquillità nei successivi
tre mesi.
Come nel caso dello Sprar, anche nella ge-
stione dell’Emergenza Nord Africa si sono
evitati centri collettivi di accoglienza ma si è
fatto ricorso, anche con fatica dato l’elevato
numero di accolti, a sistemazione in appar-
tamenti a gestione autonoma da parte degli
ospiti.
Il medesimo modello è stato replicato su
scala provinciale, attraverso la creazione di
un tavolo, sia politico che tecnico, cui hanno
attivamente partecipato per tutta la dura-
ta dell’emergenza i comuni capodistretto, la
provincia, la questura.
Anche nel caso dell’attuale operazione Mare
Nostrum, che introduce nuovamente una
forma di accoglienza parallela e di emergen-
za, vorrei sottolineare come la circolare del
Ministero dell’Interno 2204 del 19/03/2014,
con cui si chiede alle Prefetture di indivi-
duare i posti di accoglienza e stipulare le
convenzioni a livello locale, pur prevedendo
uno schema di massima della convenzione
medesima basato sul modello del centro
collettivo, ammette esplicitamente la possi-
bilità che lo stesso possa essere “modificato
sulla base delle specifiche esigenze territo-
riali”. Pure in questo caso ravviso un margi-
ne per l’intervento locale che orienti e regoli
con buonsenso le modalità di accoglienza. E
certamente l’ente locale può essere per que-
sto interlocutore fondamentale.
(intervento a Euromediterranea 2014
“Borderlands”).
Sentenza Tarakhel contro Svizzera
La Corte europea dei diritti dell’uomo ri-
tiene l’Italia uno Stato non completamen-
te sicuro per i richiedenti asilo più vul-
nerabili, anche se non individua problemi
“sistematici” come per la Grecia.
Con la sentenza, pronunciata il 4 novem-
bre 2014, nel caso Tarakhel c. Svizzera,
la Grande Chambre della Corte europea
dei diritti dell’uomo ha dichiarato che,
allo stato attuale, il rinvio verso l’Italia
di richiedenti asilo (“Dublinati”) partico-
larmente vulnerabili, quali un nucleo fa-
miliare con minori, è suscettibile, in man-
canza di adeguate garanzie, di violare il
divieto di trattamenti inumani o degra-
danti, sancito dall’art. 3 della Convenzio-
ne europea dei diritti dell’uomo (Cedu).
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